Thursday 28 April 2011

Fiori nei nostri cannoni? Giammai! Signornò!

di Rinaldo Francesca

Solo una settimana fa mi ritrovavo a traversare una pianura da qualche parte in Essex; non è che ne vada fiero. Semplicemente è successo così.
Sicché tutt’a un tratto – si era verso le cinque del mattino – uno spettacolo prodigioso si è imposto al mio sguardo attraverso il finestrino del sonnolento treno che mi portava verso l’aeroporto: il sole, battendo su un campo di ranuncoli gialli, dava a quel lembo di terra un colore decisamente dorato, facendolo sembrare qualcosa dell’altro mondo, tanto che mi sembrava quasi di sentire il colonnello Kurtz, con la voce di Brando, assicurarmi che il paradiso era caduto sulla terra sotto forma di ranuncoli…
OK, OK, d’accordo: erano gardenie in Apocalypse Now, non ranuncoli, lo so benissimo! Non è questo il punto!
Come ho detto, stavo viaggiando verso l’aeroporto, dove un veivolo budget/low cost sarebbe decollato di lì a un paio d’ore, per portarmi in Italia: è dal Belpaese che sto infatti scrivendo queste sparpagliate righe, praticamente ammazzando il tempo nell’attesa di ritornare a casa. Cosa che farò fra tre giorni ripassando, ovviamente, per l’Essex.
E il punto è – vedete di starmi dietro cari amici perché, dopo qualche giorno passato in Italia, la mia capacità di generare pensieri logici e coerenti sta affievolendosi – il punto è che qui nel Belpaese, il provare emozione alla vista di un campo di ranuncoli, come è successo a me quella mattina, sarebbe universalmente interpretato in un modo, e in un modo solo.
Vediamo se riesco a evocare in voi un’immagine.
In Italia, alla vista del sottoscritto che sospira estasiato mentre contempla un campo dorato alle prime luci dell’alba, gli altri passeggeri non reagirebbero pensando – come indubbiamente hanno pensato coloro che condividevano con me lo scompartimento di treno in Inghilterra: “Ecco un uomo che, a dispetto del predominante cinismo che alberga in questa grigia epoca, riesce ancora a commuoversi di fronte a uno spettacolo della natura che poeti quali Edmund Burke e William Wordsworth non esitarono a definire sublime”.
Oh no-no-no: dei passeggeri italiani – figli, com’è noto, di una tradizione umanistico-rinascimentale che ha insegnato la grazia e l’eleganza a mezzo mondo – commenterebbero: “Minchia, quello lì è ricchione!”
E, non ho bisogno di dirvelo, ricevere una simile etichetta in Italia, in fatto di stigma, equivale un po’ a confessare in pubblico: “Ebbene sì: ho appena massacrato la mia famiglia. Sta lì, sepolta sotto quel campo di ranuncoli”. Chi avesse difficoltà a digerire quest’ultima affermazione (sai com’è, con tutto ‘sto buonismo che c’è in giro, e che non se ne può più, e bla-bla-bla ) è invitato/a a leggere questo articolo, che tratta di due succosi e recentissimi episodi di omofobia, appena pervenuti dalla Penisola.
Dunque sono qui che sto pensando: ma da quale autorità ci sono mai stati imposti questi cliché? Chi fu il primo, retrogrado arbitro dei costumi a decidere che una scelta drammatica andava imposta ai maschi italiani, riguardo a ciò che potevano o non potevano da allora in avanti apprezzare: o i fiori, o le donne?
Scegliete, maschietti: o l’uno o l’altro!
Com’è che non ero stato informato di tale legge? Avrei dovuto forse partecipare a quella riunione di condominio? Come si spiega che non ho mai visto quella circolare?
E poi, riflettendoci, mi sono reso conto che quella circolare l’ho vista eccome. Per ben due volte, a dire la verità.
Quella circolare si chiama Minnesota Multiphasic Personality Inventory. Vi suona familiare?
Beh, se non avete mai passato la famosa e ormai obsoleta visita di idoneità militare dei tre giorni (vai a sapere, magari perché siete nati dopo il 1987) o eventualmente, pur avendola fatta, non avete però avuto il privilegio – come il sottoscritto – di fare il bis l’anno successivo (la Marina Militare arricciò il naso la prima volta, e mi scartò, scaricandomi all’Esercito), allora non c’è ragione che vi ricordiate di quell’astruso test psicologico, che veniva inflitto ai futuri militari dell’Italica Repubblica, atto a determinare se i suddetti pulcini avessero i necessari nervi saldi per resistere a un intero anno solare vedendo mammà soltanto una volta a settimana senza farsi venire una crisi di depressione, o se erano dei potenziali serial killer, o chissà che altro.
Eh già perché, inutile che ve lo dica, uno tra gli obiettivi più cruciali del MMPI – vitale in un ambiente militare, oserei dire – era riuscire a determinare se i futuri, valorosi soldati dell’Esercito Italiano fossero (diononvoglia!) praticanti o potenziali omosessuali! Non sia mai!
Ebbene – ed è qui che arrivo finalmente al punto – il Minnesota Multiple Personality Inventory procedeva, tra altre cose, a fare esattamente questo, domandando ai malcapitati – non una, non due, ma TRE volte – se apprezzavano… esatto: i fiori!

Domanda 74: Mi piacerebbe essere un fioraio (vero / falso)
Domanda 119: Mi piace collezionare fiori e coltivare piante (vero / falso)
Domanda 236: Se fossi un artista, mi piacerebbe disegnare fiori (vero / falso)

Questo, a quanto pare, era il cliché: ti piacciono i fiori? Mmm, povera mamma tua, se solo sapesse…
E, dando per scontato che gli psicologi che concepirono il MMPI (cosa darei per vedere che facce da onanisti avevano!) dovevano palesemente avere un’immensa conoscenza di quali pensieri e inclinazioni un vero maschio dovesse albergare nel suo cervello (regola No. 1: NON amare i fiori), era con stupore e delusione che, più avanti nel test, le future reclute notavano l’assenza di domande che consentissero loro di provare la loro virilità, secondo quello stesso modello. Si sentiva dunque una dolorosa mancanza di domande come: “Quando guardo la partita, indossando nient’altro che canottiera, mutande e calzini, mi piace trincare birra direttamente dalla lattina, incitando poi i giocatori tra un rutto e l’altro (vero / falso)”.
D’accordo, intuisco qualche obiezione: è un po’ ingiusto, penserete, vedere questi tragici cliché come una prerogativa esclusivamente italiana. D’altronde, non fu il MMPI forse concepito negli USA, paese della don’t ask don’t tell fino all’anno scorso?
Vero, certo. Però vorrei far notare che il MMPI risale al 1949, anno in cui – per chi non ne fosse al corrente – l’omosessualità era considerata una malattia mentale e ben tre anni prima che, nella verde Inghilterra, l’eroe di guerra Alan Turing fosse arrestato per omosessualità – una condanna che, di fatto, portò al suo suicidio.
1949, signore e signori.
Mentre in Italia, a quanto ne so, il MMPI ha continuato a essere inflitto a future reclute per tutti gli anni ’90!
No no, inutile far finta di niente, furono psicologi e sociologi italianissimi a ritenere, fino all’altro ieri, che simili boiate di luoghi comuni fossero totalmente accettabili.
E a questo punto molte cose cominciano a diventare un po’ più chiare.
Non c’è più da stupirsi, per esempio, se Luciana Littizzetto
(Mmm, nu-da, nu-da! Oops, scusate: essendo stato allevato a comportarmi come dovrebbe un maschio latino-mediterraneo, trovo a volte un po’ difficile scrollarmi il personaggio che obbligatoriamente interpreto, rispettando alla lettera il copione)
ehm, dicevo, non c’è più da stupirsi se Luciana Littizzetto (vedi video)

può dunque lanciarsi in misandriche tirate di male bashing sulla tivvù di stato, nelle quali non manca di ripassare tutti i cardini di quegli stessi cliché, ricordando ai suoi spettatori maschi (quelli che pagano il canone da cui lei ricava il suo salario) come siano inutili, pelosi, schifosetti, maleodoranti, pigri, insensibili, ottusi e inaffidabili questi Neanderthal di uomini, ben sapendo che non ci saranno conseguenze a queste pubbliche umiliazioni settimanali degli ometti, solo ilarità generale perché – anche dovessero esserci delle flebili, timide obiezioni da parte di qualche maschietto - saranno comunque poche e trascurabili.
E perché saranno poche e trascurabili? La risposta è nel MMPI.
La maggior parte dei maschietti, bersagliati da simili tirate, sembra stringere i denti, abbozzare un sorriso e pensare che in fondo è tutto vero. E perché non dovrebbero?
Del resto, fin dagli anni della scuola sono stati cresciuti nel dogma che, se mai si fosse svegliata in loro una qualche parvenza di sensibilità, apprezzamento del bello offerto gratuitamente dalla natura, come un campo di fiori, un tramonto, o chissà che, avrebbero forse ricevuto qualche lode, magari dalla maestra d’arte (quella che comunque era un po’ strana, e non che contava poi molto), ma avrebbero perso di fronte ai loro compagni il badge di maschio al 100%.
Il vederlo nero su bianco, sul MMPI, non era altro che la conferma ufficiale di un dogma che in fondo li aveva seguiti in modo subliminale per tutta l’infanzia e l’adolescenza, in classe, in palestra nell’ora di ginnastica, ovunque.
Un dogma, fra parentesi, perpetuato da uomini.
Non solo ottusi e insensibili. Anche autolesionisti.
Chissà se l'origine di questo problema sarà la stessa anche in Francia, mi domando, dove per esempio la comédienne Florence Foresti
(Mmm, à poil, à poil! Oops, scusate)
può anche lei lanciarsi in lunghi monologhi dove ci ricorda tutte le ragioni per cui i maschi le risultano sgradevoli... sebbene, a onor del vero, Florence abbia poi equilibrato le cose, informandoci anche della sua poca stima per le ragazze, nel suo meno conosciuto segmento J'Aime Pas Les Filles.
Vabeh, fine delle riflessioni per oggi; qu'on n'en parle plus, come diceva il grande Céline.
Però maschietti, la prossima volta che vi ritrovate incapaci di apprezzare un campo fiorito, almeno sapete a chi dare la colpa.

Rinaldo Francesca

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