Sunday 6 December 2009

Malalai Joya intervistata da Annamaria Tremonti

Questa intervista è stata trasmessa sull’emittente radio canadese CBC il 19 novembre 2009.

Annamaria Tremonti: Questa mattina, mentre Ottawa viene a conoscenza di notizie che potrebbero influenzare la politica canadese e la sua posizione per quanto riguarda la legge internazionale, una solitaria donna afghana sta attraversando il Canada, sostenendo che le nostre truppe e tutti i contingenti stranieri dovrebbero andarsene. Malalai Joya aveva 27 anni quando divenne la persona più giovane a essere eletta nel nuovo parlamento afghano; attualmente è sospesa dal parlamento per aver criticato altri parlamentari e aver accusato molti di loro di essere signori della guerra e criminali. Chiama la democrazia in Afghanistan “una farsa” e dice che la liberazione del suo paese è una menzogna. Ha scritto un libro intitolato A Woman Among Warlords, e Malalai Joya è qui con me a Toronto. Buongiorno

Malalai Joya: Buongiorno

AT: Dopo tutto quel progresso, almeno in apparenza, adesso si trova tagliata fuori. Che cosa è successo?

MJ: Sì, oggi in Agfhanistan ci sono tre poteri, quello giuridico, esecutivo e legislativo, che sono infettati dal virus del fondamentalismo. Con il pretesto della tragedia dell’undici settembre le forze US e NATO hanno sostituito i Taliban con i fondamentalisti signori della guerra, che sono una fotocopia dei Taliban e soprattutto contrari ai diritti delle donne, ai diritti umani e alla democrazia. Il nostro parlamento è piuttosto anti-democratico: anche Human Rights Watch stilò un rapporto all’inizio – quando venne inaugurato il nuovo parlamento – dove dissero che più dell’80% dei seggi in parlamento appartenevano a signori della guerra, narcotrafficanti e criminali. Così, fin dai primi giorni del parlamento, ogni volta che volevo parlare mi spegnevano il microfono, mi minacciavano di morte e di stupro.

AT: All’interno del parlamento facevano queste cose?

MJ: All’interno del parlamento. Ma siccome la maggioranza appartiene a questo tipo di persone, signori della guerra [...] oggi in Afghanistan abbiamo la “legge della jungla”: spesso si rivoltano contro la costituzione; inoltre due anni fa, siccome non riuscivano a farmi tacere, rimossero la censura a una mia intervista e, in un complotto politico, la usarono contro di me per espellermi dal parlamento, che è un atto illegale e contrario al diritto di espressione, una parte elementare della democrazia.
Ma giorno dopo giorno questi signori della guerra ottengono sempre più potere; si credono le più grandi persone del mondo. Recentemente questi parlamentari hanno approvato una legge misogina contro le donne sciite. Ma questa legge, nonostante sia stata disapprovata a livello nazionale e internazionale, è stata firmata dal presidente Hamid Karzai. Hanno proibito alle donne di uscire o di andare dal medico, o di lavorare senza il permesso del marito. E molto spesso approvano leggi per rendere legali i loro crimini. All’inizio del parlamento fecero passare un’amnistia: i criminali si perdonavano da soli, il che è ridicolo. Io e pochi altri rappresentanti democratici, eravamo gli unici (siamo in pochi, ci potete contare) che alzarono la voce in protesta. Ma chi ci ascolta?

AT: Lei sta parlando della tipologia di persone che si trovano in parlamento: narcotrafficanti, signori della guerra: a noi arrivano notizie di progresso, ci viene detto che perlomeno esiste un parlamento, ci sono elezioni rappresentative. Secondo lei questo non è sufficiente?

MJ: Vede, non c’è dubbio che le elezioni siano un segno di democrazia; ma sfortunatamente coloro che si trovano al potere sono nemici giurati della democrazia, e giorno dopo giorno la tradiscono. Tutte le urne sono nelle mani della mafia. Come nel famoso detto: non è tanto importante chi vota, ma chi conta i voti. Così abbiamo in pratica lo stesso asino con una sella nuova, il che significa che [il risultato] è deciso dalla Casa Bianca, ma c’è una differenza per quanto riguarda le elezioni parlamentari e provinciali: a un pugno di rappresentativi democratici viene comunque consentito di avere un seggio in parlamento, per fare bella mostra di un governo democratico, e per ingannare le persone nel mondo, mentre in realtà siamo una minoranza e tutte le urne sono nelle mani della mafia. Ingannano, usano le armi, sono loro che controllano l’Afghanistan, ci investono milioni di dollari e, siccome le urne appartengono alla mafia, possono contare come vogliono, e far uscire il risultato che vogliono. Questo è il nostro problema.

AT: Queste sono accuse molto serie. Le è possible farle anche al suo paese?

MJ: No. In Afghanistan devo trasferirmi di casa in casa. Ricevo sempre più minacce di morte. E anche ora, nonostante [...] le guardie del corpo, non sono al sicuro. Quando confrontiamo la mia vita adesso con il periodo buio del talibanismo – a quei tempi ero un’attivista in clandestinità – mi battevo per l’istruzione per conto di un’organizzazione che promuoveva le potenzialità delle donne, un’organizzazione chiamata OPAWC, era una vita pericolosa, che presentava molti rischi, e fortunatamente oggi non devo preoccuparmi dei Taliban. Ma anche oggi, che siamo in democrazia, all’insegna dei diritti delle donne, dei diritti umani, e nonostante le guardia del corpo, non sono al sicuro. Come lei ha detto [ci sono stati] molti attentati alla mia vita. E non sono stata bandita solo dal parlamento, mi hanno anche bandita dei mezzi di comunicazione per via di quello che ho detto. Tutto si è avverato, ma la gente mi sostiene.

AT: Dunque, questo libro che lei ha scritto: è disponibile in Afghanistan?

MJ: No. Certo che no, non sono stata solamente bandita dai media, mi è stato anche impedito di pubblicare.

AT: Lei scrive di dover essere talmente cauta da non poter nemmeno rivelare il nome di suo marito.

MJ: Sì, mio marito – fortunatamente non si conosce il suo nome – e anche la mia famiglia.

AT: E come, tra tutta quella violenza e minacce, è diventata così coraggiosa?

MJ: Io credo che, anche se esiste la crudeltà, esiste anche il modo di resistervi. Qualcuno doveva pur farlo. E io sono fortunata, non mi pento di ciò che ho fatto, perché prima o poi muoriamo tutti, e io sono pronta a versare il mio sangue per il mio paese per la libertà, per i diritti delle donne, per i diritti umani. I miei nemici lo hanno capito molto bene – nemici dei diritti delle donne, specialmente, e dei diritti umani – e io so che i diritti delle donne non sono come un bel mazzo di fiori, che ci debba essere regalato dagli Stati Uniti, o dal Canada […] così continuiamo a lottare, e facciamo del nostro meglio per stabilire questi valori; giorno dopo giorno, vedo un crescente supporto da parte del mio popolo, che ci sostiene in tutto il mondo, giorno dopo giorno capisco sempre di più il valore di questa lotta; ecco perché dico sempre ai miei sostenitori: “Non temo la morte: temo il silenzio politico contro l’ingiustizia”.

AT: Ci dica cose che a noi non vengono dette, e che si verificano in Afghanistan. Lei ha parlato di diritti delle donne. Noi non disponiamo di un quadro molto chiaro di ciò che sta avvenendo, ci parli dei diritti delle donne in Afghanistan.

MJ: Vede, sotto l’insegna dei diritti delle donne, le forze statunitensi e della Nato ci hanni spinti dalla padella alla brace, come si dice, mettendo al potere questi signori della guerra, questi criminali mujahiddin – o jihadi – che hanno perpetrato numerosi crimini contro la mia gente, specialmente le donne, proprio come i Taliban, mescolando l’Islam con la politica, e usandolo come arma contro la mia gente, specialmente le donne. Ma oggi si parla di diritti delle donne, anche se molte donne dalla mia – e da tante altre province - non hanno nemmeno una vita umana. Oggi, nella maggior parte delle province, la situazione delle donne è catastrofica così come la era sotto la dominazione dei Taliban. Per esempio, c’è chi taglia il naso, le orecchie alle donne, chi getta loro dell’acqua bollente addosso. C’erano due donne di Mazari Sharif, che [???] un uomo misogino tagliò a pezzi.

AT: Perché?

MJ: Perché non esiste giustizia. Uccidere una donna è tanto facile quanto uccidere un cinghiale. Alcuni pesci piccoli vanno in carcere per questi crimini, ma i veri squali restano a piede libero. Oppure capita che questi squali debbano pagare una cauzione e – ancora una volta – vengono messi in libertà. Pee esempio una ragazza di 14 anni, Bashira, è stata violentata da tre uomini, uno dei quail figlio di un parlamentare, Haji Painda, che adesso è a piede libero: suo padre ha contraffatto la sua età – trasformandolo in minorenne – così non poteva essere punito, e adesso è in libertà. Il mese scorso una bambina di 5 anni nella provincia di Sar-e Pol è stata rapita da un uomo di 40 anni che voleva violentarla e siccoma ha opposto resistenza, è stata uccisa.

AT: 5 anni!

MJ: Una bambina di 5 anni! Ogni tanto i media in Afghanistan riportano che nel nord del paese ci sono stati 12 casi di stupro, ma sono molti di più. E questo è particolarmente vergognoso per i media: ogni volta che un crimine del genere viene commesso, se e quando i media lo riportano, dicono sempre che si tratta di Taliban, mentre in realtà non sono sempre loro: quando questi signori della guerra che sono al potere commettono crimini del genere e vanno in carcere, beh, in generale non ci vanno, ma se e quando ci vanno, vengono subito liberati. Persino il presidente Hamid Karzai, pochi mesi fa, ha fatto rilasciare tre uomini che avevano violentato una giovane donna, Sara, nella provincia di Samangan. Perfino i media del ministero hanno parlato della storia scioccante di Sara, ma questi tre uomini hanno chiesto perdono in tribunale, e sono stati perdonati in nome della clemenza dell’Islam, con la firma di Hamid Karzai.

AT: Lei ha anche scritto nel suo libro a proposito di donne che vengono portate via alle loro famiglie e costrette a sposarsi. Scrive in particolare di una donna, Rahella, ma dice che ci sono molte “Rahellas”. Che cosa succede per quanto riguarda i matrimoni forzati?

MJ: Vede, questa violenza domestica oggi, attacchi con l’acido, donne che vengono uccise, casi di stupro avvengono con crescente rapidità. Nella provincial del Kandahar delle truppe, 14-15 guardie, sono entrate nelle scuole, hanno gettato dell’acido sul volto delle ragazza, questi terroristi [...]
Come possono le ragazze andare a scuola? Anche con la presenza di migliaia di truppe a Kabul, non esiste sicurezza e non esiste giustizia: ogni mese decine di donne commettono suicidio. Oggi [c’è ancora] questo disgustoso burka: molte donne indossano il burka solo per rimanere in vita. Anch’io indosso il burka, che è il simbolo dell’oppressione; dico sempre che è come un sudario per corpi ancora in vita. Ma il vostro governo e il governo degli Stati Uniti vi raccontano delle grandi menzogne attraverso i principali mezzi di comunicazione: raramente riportano la verità, e le donne del mio paese non sono nemmeno riuscite a recuperare quei limitati diritti che avevano negli anni ’60, ’80…

AT: Vorrei esplorare un po’ di più questo che Lei sta dicendo. Abbiamo parlato di Kandahar: le nostre truppe, le truppe canadesi, sono nel Kandahar. Che cosa ne pensa del fatto che le nostre truppe sono stanziate lì?

MJ: Vede, queste truppe sfortunatamente sono loro stesse le vittime della politica del loro governo, che le manda in Guerra per una causa sbagliata, visto che il governo del Canada fa parte della NATO, seguono le politiche sbagliate del governo degli Stati Uniti: questa non è solo una presa in giro alla democrazia, è anche una presa in giro alla “Guerra al terrorismo”. Questi sono crimini di guerra, perché civili innocenti vengono uccisi nei bombardamenti, in nome [della Guerra ai] Taliban. Ora la mia gente, uomini e donne, si trovano schiacciati in mezzo a due potenti nemici: dal cielo le forze di occupazione, che bombardano e uccidono civili, la maggior parte dei quali donne e bambini, mentre sul territorio ci sono i Taliban che, insieme ai signori della guerra, continuano il loro fascismo.

AT: Sta dicendo che ciò avviene deliberatamente? Quello che viene detto a noi, naturalmente, è che quando vengono uccisi bambini e donne nei combattimenti, ciò non è intenzionale, è un errore, e come errore viene riconosciuto. Lei invece sembra dire che …

MJ: Vede, esiste una grande differenza tra un errore e un crimine. La democrazia non viene mai sotto forma di armi da fuoco, bombe a grappolo, o fosforo bianco; nel mio paese sì però.

AT: Continuano a usare fosforo bianco e bombe a grappolo?

MJ: Certo, sì! Nella provincia del Farah c’è stato un bombardamento a maggio, più di 150 civili sono stati uccisi, la maggior parte donne e bambini. Sono scoppiate gravi polemiche, persino nei mezzi di comunicazione del ministero; il governo di Hamid Karzai, ha domandato chi fosse che aveva usato il fosforo bianco, perché era evidente che il fosforo bianco era stato usato. La Casa Bianca ha affermato che erano stati i Taliban, mentre in realtà queste mentalità medievali, Taliban ignoranti non sanno niente del fosforo bianco: che cosa vuole che ne sappiano? Non hanno nemmeno un’istruzione.
Ma dopo tutti questi crimini di guerra, la Casa Bianca chiede scusa e questo regime fantoccio di Karzai, questo corrotto sistema mafioso, ringrazia.
No, la mia gente non vuole più sentire scuse e ringraziamenti.

AT: Allora Lei vorrebbe vedere le truppe della NATO comprese quelle canadesi, le truppe americane, vuole vederle abbandonare il paese? È questo ciò che sta dicendo?

MJ: Oh, se se ne vanno oggi, sarà sicuramente meglio che domani. Il vostro governo ha annunciato che ritireranno [le truppe] nel 2011, ma il mio messaggio, da parte del mio popolo, è di lasciare immediatamente l’Afghanistan perché state servendo una politica sbagliata, quella degli Stati Uniti, che hanno occupato il mio paese per la loro strategia […] altrimenti il governo del Canada potrebbe agire indipendentemente.

AT: OK, voglio farLe questa domanda perché sentiamo un sacco di esperti sull’Afghanista, non nati in Afghanistan naturalmente, che dicono che l’Occidente, il Canada, i paesi della NATO, compresi gli Stati Uniti, non possono abbandonare l’Afghanistan nel momento del bisogno anche questa volta: è ciò che abbiamo fatto in passato, e dobbiamo quindi tenere il nostro personale laggiù, tenervi le agenzie non governative, le truppe. Lei mi sta dicendo l’esatto contrario.

MJ: Vede, per me l’Afghan è importante, io mi sono addentrata in tutto l’Afghanistan per vedere, non solamente a Kabul […], ma le notizie dei mezzi di comunicazione del ministero provengono sempre e solo da Kabul […] e questi cosiddetti politici si incontrano con membri del parlamento, anche questi ministri, si rallegrano gli uni con gli altri, producono questi rapporti su cui mettono i loro nomi: così formano la vostra opinione pubblica. Per me è importante che vengano persone da province lontane, persone che sono esasperate, che fanno manifestazioni. Nessuno ascolta le loro voci. […] Ciò che vedono sono civili, uccisi ogni giorno, in nome [della Guerra ai] Taliban.
[…]

AT: Anche questo, che Lei sta dicendo ora, è ben diverso da ciò che ci raccontano le nostre forze armate e il nostro governo, e perfino i nostri soldati, che ci assicurano di credere che stanno aiutando la democrazia, le donne, mandando le ragazzine a scuola, questo è quanto ci raccontano.

MJ: Come sarebbe, che mandano le ragazzine a scuola, quando viene gettato loro dell’acido, come è capitato nel Kandahar?

AT: Beh, non sono state le truppe.

MJ: Non le truppe, ma [è successo] in presenza delle truppe. Queste stesse truppe sono vittime della politica del loro governo.

AT: Allora, mi sembra che Lei stia dicendo che esiste un gran numero di persone normali in Afghanistan che vogliono un sistema diverso, che non vogliono dover rendere conto a questi signori della guerra, e che non vogliono dover rendere conto a queste persone in parlamento perché rappresentano – e sono – ancora i signori della guerra…

MJ: Lo sono.

AT: Bene: come faranno allora queste persone, che Lei dice di rappresentare, che esigono qualcosa di diverso… come faranno a ottenere ciò che vogliono?

MJ: In questa guerra, che è durata 30 anni, abbiamo perso tutto, ma abbiamo anche guadagnato qualcosa di molto positive: la consapevolezza politica e la coscienza della mia gente è migliorata molto, e questo è un segno di speranza. […] il mio messaggio per voi è questo: da persone che amano la giustizia, da organizzazioni per i diritti umani, da intellettuali e movimenti per la pace, il messaggio è questo: vi prego, unitevi a noi, per come potete. Se Mr. Obama è veramente onesto nei confronti del popolo afghano – e anche il vostro governo, che ha seguito la politica sbagliata del governo USA – per prima cosa dovrebbe domandare scusa alla mia gente, e terminare l’occupazione. La nostra storia mostra che noi non abbiamo mai accettato l’occupazione; in secondo luogo, bisogna smettere di fornire armi a questi signori della guerra, e di negoziare con i Taliban: questi ultimi 8 anni dovrebbero essere sufficienti per per farsi un’idea di queste persone. Voi dite: “Perché negare l’opportunità di sedersi insieme e negoziare”… ma in questi 8 anni in cui erano al potere, i democratici si sono eccome seduti con loro e nemmeno lì hanno saputo accettarmi […] mi hanno espulsa. La terza possibilità [è questa]: devono sostenere persone dalla mentalità democractica, che rispettino la giustizia – e ne esistono, sono loro il futuro dell’Agfhanistan – e lasciarci in pace. Se ci lasciassero respirare, in pace, allora sì che sapremmo che cosa fare con il nostro destino. La mia gente non sostiene né i Taliban, né questi signori della guerra.

AT: Quasi tutti i genitori dei soldati canadesi che sono morti in Afghanistan dicono che i loro figli e le loro figlie credevano nella missione militare in Afghanistan. Lei sta però dicendo che non dovrebbero crederci?

MJ: Oh no, non sarò ma d’accordo con questo, perché alcuni di loro forse sostengono e credono nella missione perché hanno subito il lavaggio del cervello dalla propaganda dei media, senza che si mostrassero loro le notizie scioccanti.

AT: Quanto tempo ci vorrà secondo Lei prima che possa esistere quell’Afghanistan di cui Lei sogna?

MJ: Vede, io non sono qui a dirLe che fra cinque anni esatti un magico angioletto ci porterà la pace, come quelli della Nato e delle forze armate americane, che senza vergogna fanno finta di essere loro, gli angeli della pace.

AT: Crede che vivrà abbastanza a lungo da vedere [la pace] con i suoi occhi?

MJ: Beh, come dico sempre, potranno pure distruggere tutti i fiori, ma non saranno mai in grado di fermare la primavera. Per me tutti quegli eroi e quelle eroine nel mio paese, [...] che hanno perso la vita per la libertà, per i diritti delle donne, per la democrazia: noi non siamo migliori di loro - che erano i più bei fiori del giardino nel mondo, non solo al mio paese – quindi noi seguiamo il loro cammino. Certo, un giorno saranno in grado di eliminarmi, visto che ci hanno già provato molte volte.

AT: Ha mai pensato di vivere al di fuori dell’Afghanistan, visto il pericolo che corre?

MJ: No, mai. Non sono migliore della mia gente, sono onorata di restare a fianco della mia gente. Se un giorno qualcosa mi succederà, avrò avuto l’onore di servire il mio paese.

AT: Malalay Joya, grazie per essere venuta qui.


La versione originale di questa intervista può essere ascoltata su:

Tuesday 17 November 2009

Questo è un lavoro per Miliband

di Rinaldo Francesca

È confortante sapere che, persino in questa cinica e indifferente epoca storica, chiunque può sempre contare su una seconda chance; chiunque, s’intende, tra le persone che contano, non mi riferisco necessariamente a me o a voi.
Prendete l’abilissimo stratega del marketing Tony Blair, i cui infaticabili creatives coniarono tre anni fa l’eccellente – e ahimé, poco longevo - slogan commerciale “alleanza di moderazione” [1]. Certo, è vero che al giorno d’oggi, se doveste fermare un qualunque cittadino britannico per la strada, e aveste la sventura di incappare in qualcuno che masticasse un po’ di legge internazionale, alla domanda: “A che cosa si sente di associare gli ultimi quattro anni del mandato di Mr. B?”, la risposta che vi verrebbe data sarebbe il solito farfugliare a proposito di due guerre d’aggressione illegali, bla-bla-bla, centinaia di migliaia di morti, bla-bla-bla, il che fu la causa dei due attentati a Londra nel luglio 2005, bla-bla-bla.
Fortunatamente per Tony però l’opinione di questi guastafeste dei contribuenti britannici viene ascoltata solo quando si tratta di prendere decisioni importanti, come votare per i loro beniamini su X Factor o Big Brother (parliamo del reality TV show, non del futuro che attende la verde Inghilterra), ma non per quanto ne riguarda certe altre, ben più secondarie e marginali come – poniamo – chi dovrà essere il prossimo inviato per la pace in Medio Oriente.
E così voilà, dopo essersi elegantemente scrollate di dosso tutte quelle tediose critiche di cui sopra, l’ineffabile Tony Blair ha, poco più di due anni orsono, generosamente ceduto al suo successore – di cui ci sfugge il nome - il timone di quel rottame galleggiante chiamato Labour Party, per imbarcarsi in una nuova, emozionante avventura: inviato di pace nel Medio Oriente finalmente, arbitro in terra del bene e del male, per parafrasare il poeta.
La parte più esilarante del tutto, ci viene assicurato, è che la parola “pace” nel titolo non va interpretata come una perfida sfumatura sarcastica. Ci è dunque chiesto di prendere sul serio questa simbolica mossa che, secondo la succinta analisi dell’autore Ian R. Crane, “sarebbe come incaricare Re Erode di sorvegliare un asilo nido”.
Sì sì, d’accordo, “E che dire dell’Europa?” vi sentiamo domandare.
Vero, non tutte le ciambelle vengono con il buco, nemmeno per Tony, tant’è che ci sentiamo di provare un po’ di compassione per l’uomo che vede sfumare il sogno della presidenza all’Unione Europea, specialmente dopo tutti i diligenti preparativi che aveva fatto. Pensate, aveva persino di punto in bianco trovato la fede nella Chiesa di Roma - non tanto nelle Sacre Scritture, quanto piuttosto nelle proiezioni demografiche che svelano l’Europa come un continente a maggioranza cattolica – e aveva prontamente annunciato un’ufficiale e commuovente conversione al cattolicesimo.
Niente da fare, la sua candidatura è colata a picco, e v’è già qualche maligno a sospettare che a ciò abbia contribuito non poco il cieco appoggio fornitogli da Berlusconi Silvio, il comico e adorabile premier italiano; il che sembrerebbe provare il vecchio adagio secondo il quale sono proprio quelli a cui vuoi bene che finiscono con il ferirti di più.
Ma non è di questo particolare riciclaggio politico che vogliamo trattare – siamo già certi che Blair troverà ben presto altre posizioni chiave internazionali da cui continuare a farci sognare – bensì del giovane e dinamico David Miliband, attuale segretario degli esteri britannico e idolo delle mamme.
Sì perché vedete, nonostante il buon David continui a schermirsi in conferenze stampa, dicendo scherzosamente di “non essere disponibile” [2] per ricoprire il neonato ruolo di “ministro degli esteri europeo” che i leader dell’Unione sembrano a tutti i costi volergli gettare addosso, a noi sembra che questo esilarante tira-e-molla abbia molto in comune con quei corteggiamenti da opera buffa, dove è in questo caso affidato agli altri premier europei il ruolo del personaggio che dice cose come: “Dai forza, sai benissimo che lo vuoi, anche più di me!” (crediamo si tratti di una citazione dal Don Giovanni di Mozart, ma potremmo sbagliare).
Riassunto delle puntate precedenti: dopo aver votato no, nel giugno del 2008, all’incomprensibile trattato di Lisbona (non siamo autorizzati a chiamarlo costituzione, a quanto pare), i dispettosi cittadini irlandesi, ultimo scoglio da affrontare nella formazione di questo immenso conglomerato burocratico chiamato UE, sono stati puniti con il raddoppio della loro disoccupazione [3] e, giunti a più miti consigli 16 mesi dopo, hanno, con l’acqua alla gola, finalmente accettato l’implementazione dell’oscuro documento.
Questo significa, ci è stato assicurato, che adesso avremo un disperato bisogno di due figure chiave - preferibilmente non elette dai cittadini - nel suddetto apparato: un “presidente” e un “ministro degli esteri” (non siamo ancora autorizzati a rimuovere queste due descrizioni dalle virgolette).
Ora, tralasciando per un momento la figura del “presidente” (ma non è ancora detta l’ultima parola Tony: non disperare, il nostro cuore è con te!), sarebbe su Miliband che dovrebbe forse ricadere l’onere di rappresentare l’Europa all’estero.
A pensarci bene, la cosa avrebbe certamente senso: infatti, niente come gli imbarazzanti episodi di collusione con atti di tortura, violazioni della legge e dei diritti umani, nonché occulti e torbidi intrighi politici come quelli di cui è stato recentemente protagonista il buon Miliband potrebbe meglio catturare lo spirito dell’Europa che ci attende.
Ricordate infatti quando, nel febbraio di quest’anno, il Joint Committe on Human Rights (JCHR) aveva richiesto la presenza di David Miliband e dell’allora segretaria degli interni Jacqui Smith, in merito a certe domande che aveva voglia di porre ai due? Si trattava di sapere se gli individui in questione avessero effettivamente autorizzato l’estradizione illegale (extraordinary rendition, per usare il termine più trendy) di certi poveracci peraltro innocenti, fra i quali Binyam Mohamed, che si trovavano su suolo britannico, e che successivamente sarebbero stati per anni detenuti e torturati in vari “siti neri” (ovvero, di cui non siamo autorizzati a conoscere l’esistenza), con procedure disumane e illegali, a cui anche agenti segreti britannici avrebbero entusiasticamente partecipato.
Beh, ricordate che cosa successe? Perché è da questi dettagli che si vede la vera leadership, cari amici.
Ebbene, è stato in quel momento che Smith & Miliband hanno impuntato il piedino e si sono rifiutati di presentarsi. Niente male, eh [4]?
Non sapete – si sforzava pazientemente di farci capire Miliband – che c’è una ragione se continuiamo a fare del nostro meglio per tenere il mondo all’oscuro? È per il vostro bene!
O, per citare direttamente l’autore: “Noi condividiamo informazioni segrete con un gran numero di paesi. Ciò viene fatto per proteggere i cittadini britannici, e sulla base che suddetto materiale non sarà reso di dominio pubblico contro il nostro volere” [5].
Potremmo sbagliare, ma crediamo di sapere dove si voleva andare a parare con questo impeccabile ragionamento – il cui succo, come qualcuno ci ha fatto notare, è: “L’Occidente è già detestato abbastanza così, senza che si sappiano tutte le porcate che abbiamo fatto”.
Vedete, c’era questo misterioso documento che minacciava di venire alla luce, un memo della CIA di sette paragrafi o poco più che, come in ogni thriller che si rispetti, è la chiave per capire tutto.
Ci siamo lasciati trasportare dall’entusiasmo? Forse sì, non crediamo esista un documento che spieghi tutto; tuttavia, questi sette paragrafi potrebbero darci qualche risposta. Non penserete certo che il pubblico abbia diritto ad accedervi?
Detto fatto, Miliband ha a più riprese fatto del suo meglio per impedirne la pubblicazione e insabbiare il tutto [6], ed è un vero peccato per lui che certi antipatici giudici si ostinino a ribadire che “la soppressione di documenti che provano azioni sbagliate da parte di certi ufficiali, in circostanze che in nessun modo potrebbero danneggiare la sicurezza nazionale, è contraria al rispetto delle leggi” [7].
Verrà mai dunque pubblicato questo documento, o resterà per sempre For Your Eyes Only, Mr. Bond?
Vi preghiamo di tenerci informati se doveste venire a conoscenza di qualche sviluppo ma, nel frattempo, chiudete pure gli occhi per un attimo e sognate, se vi va, un’Europa più efficiente e dinamica, per nulla intimidita da bazzeccole come giustizia internazionale, diritti umani, etc etc, un’Europa, per capirci, con Miliband a capo delle relazioni estere.
Perché vedete, nel giugno 2006 fu proprio il Consiglio d’Europa di Strasburgo a denunciare i voli segreti che trasportavano detenuti fantasma verso le loro destinazioni di tortura [8]. Questa però è preistoria.
L’Europa di domani, ci sembra di capire, potrebbe invece essere più interessata a tenere i suoi cittadini al riparo da certe notizie che rischierebbero di rovinare loro l’appetito.
Thank you, Big Brother (non il reality show).

Rinaldo Francesca, 17/11/09

[1] http://news.bbc.co.uk/1/hi/6194789.stm
[2] Ian Traynor & Nicholas Watt: David Miliband shortlisted to be 'foreign minister' of Europe, The Guardian, 29/10/09, http://www.guardian.co.uk/politics/2009/oct/29/david-miliband-eu-foreign-minister
[3] Simon Tisdall: From celtic tiger to kicked cat: why irish voters are likely to say yes to lisbon treaty, The Guardian, 16/09/09
[4] Ian Cobain: Ministers refuse to answer torture questions, The Guardian, 28/02/09,
[5] David Miliband, House of Commons debates, 5 February 2009, 12:24 pm http://www.theyworkforyou.com/debates/?id=2009-02-05b.989.0
[6] Ian Drury: 'Britain DID know I was tortured': Pressure for inquiry grows as Guantànamo victim hits out, The Daily Mail, 09/03/09, http://www.dailymail.co.uk/news/article-1160514/Britain-DID-know-I-tortured-Pressure-inquiry-grows-explosive-claims-Guantanamo-inmate.html
[7] Richard Norton-Taylor: Judges' torture ruling harmed UK security, says Foreign Office, The Guardian, 12/11/09, http://www.guardian.co.uk/world/2009/nov/12/torture-foreign-office-miliband-judge
[8] Europe 'aided US in CIA flights', http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/5054426.stm

Tuesday 10 November 2009

Marina Hyde: Internet ha già sistemato Scientology. Potrebbe smascherare anche i cristiani?


Mentre il culto di Hubbard viene ridicolizzato sempre più, è un peccato che anche le altre religioni non siano costrette a giustificare le loro follie dottrinali.

Avvicinatevi, infedeli, poiché questi sono giorni oscuri per i cavalieri di Hubbard. Non disperate completamente – la Chiesa di Scientology continua a rimanere assurdamente ricca, ad avere eccellenti e rapaci avvocati e, stando a International Scientology News, "ogni minuto di ogni ora, qualcuno si rivolge alla tecnologia di L Ron Hubbard […] per il solo fatto che sanno che Tom Cruise è uno scientologo". Quindi, a meno che la scorta mondiale di stolti con problemi si stia sciogliendo più velocemente delle calotte polari artiche, Scientology potrà probabilmente resistere cercando di attrarre disillusi Kabalisti nella loro comunione cultuale, un po’ come ha fatto il Papa Benedetto con gli Anglicani. E ciononostante, tutto considerato, non è proprio stata una gran bella settimana per i nostri thetani in azione.
In Francia, Scientology è stata condannata per aver frodato i suoi seguaci dopo che un giudice ha in effetti smontato l’idea del fidato elettro-psicometro, un rozzo poligrafo i cui valori sono usati per incoraggiare gli scientologist ad acquistare di tutto, da libri a corsi di sauna estrema. A Los Angeles, il regista, e vincitore di un Oscar (anche se solo per l’orrendo Crash) Paul Haggis ha abbandonato Scientology in protesta a ciò che gli è sembrata un’eccessiva tolleranza verso l’omofobia, aggiungendo inoltre che le affermazioni della chiesa riguardo al fatto che Scientology non incoraggia la gente a "disconnettersi" da membri della famiglia che disapprovano non era vera – sua moglie aveva ricevuto l’ordine di lasciarlo. Frattanto, il capo portavoce di Scientology Tommy Davis ha rabbiosamente abbandonato un’intervista televisiva con Martin Bashir, dopo che quest’ultimo aveva insistito ad avere delucidazionio su ciò che potremmo delicatamente definire “certi dogmi della loro fede”. Quella roba sugli alieni, insomma.
Che cosa ha causato tutti questi eventi in sincronia? Naturalmente, l’iniziale conclusione può solo essere che l’eterna pila che crea il campo magnetico che tiene prigioniero, in una non meglio identificata montagna qui sulla Terra, il tiranno intergalattico Xenu non è poi così eterna come si pensava, o forse è stata rimossa per rimpiazzare un’altra pila che si era scaricata in un qualche intergalattico telecomando. Nelle case umanoidi, si sa, il telecomando della TV è l’elettrodomestico per il quale tutte le altre pile devono essere sacrificate - comprese quelle per l’allarme anti-incendio – e la stessa gerarchia è applicabile su scala galattica.
E tuttavia, nonostante questa sembri la spiegazione più convincente, la verità è un po’ più prosaica. Ci ha pensato internet. Vi ho confusi con quella roba sul tiranno intergalattico? Allora digitatelo immediatamente su Google, visto che siete abbastanza fortunati da poter fare una cosa del genere di questi tempi. In vita, l’inventore della religione L Ron Hubbard considerava come più temibili nemici di Scientology gli ispettori fiscali e gli psichiatri (il motivo non è poi così disperatamente difficile da capire). Nemmeno uno scrittore di fantascienza di sest’ordine come lui avrebbe potuto predire che la rete sarebbe diventata la più grande minaccia alla sua chiesa dalla sua fondazione, facilitando di tutto, dalla circolazione di racconti di chi ha abbandonato la chiesa, consigli di gruppi di consumatori, fino a video di Tom Cruise che sghignazza istericamente mentre ripete "KSW! Keep Scientology Working!" Stranamente, ci sono delle volte in cui "Lol!!" – solitamente la firma dei poveri di spirito meno informati di tutta internet – è veramente il commento più eloquente che ci sia.
Similmente, se non avete visto l’intervista di Bashir, potete guardarla su YouTube. Sfidato sul caro vecchio argomento Xenu, Davis sa benissimo quanto il tutto sia assolutamente demenziale, e abbandonare l’intervista evidentemente deve essergli sembrato meno dannoso che proseguire la discussione. E lo stesso per quanto riguarda il tribunale in Francia. Come avrebbe mai potuto Scientology sostenere che i valori letti da quel loro Play'n'Polygraph – così simile a un giocattolo della Fisher-Price – giustificassero una monetina nella loro cassetta delle offerte, tantomeno centinaia di euro in libri?
Eppure c’è un problema. In Francia, Scientology è considerata una setta, piuttosto che una religione, il che è la ragione per cui i suoi affiliati sono tenuti a mostrare le prove per ciò che affermano, mentre i leader di religioni ufficialmente riconosciute non lo sono. Per coloro tra noi che ritengono che tutte le religioni siano piene di favolette, questo potrebbe sembrare leggermente un’ingiustizia. D’accordo, dal punto di vista finanziario costa di più credere alle balle di Scientology rispetto a farsele raccontare – senza lo straccio di una prova – da altre fedi, e non dovremmo neanche per un momento soprassedere sulle crudeli e ripugnanti tattiche usate da questa chiesa per attaccare i suoi critici.
Ma quando penso a Mel Gibson che costruisce la sua chiesa di 42 milioni di dollari a Malibu, o a quando confidava spensieratamente agli intervistatori, nel periodo in cui usciva La Passione di Cristo, che sua moglie sarebbe purtroppo finita all’inferno, perché apparteneva alla Chiesa Anglicana… beh, non riesco a trovarlo meno pazzo da legare di Tom Cruise.
Certo, gli scientologi dovrebbero essere obbligati a giustificare le loro follie dottrinali – l’unico fatto triste è che le altre religioni sono a quanto pare esenti dal dover fare altrettanto. Immaginate per un momento un intervistatore in stile Bashir che intervista un qualche alto prelato. "Vediamo," potrebbe domandare, "Lei sta dicendo che, tramite una sorta di magia, l’ostia della comunione si trasforma veramente nella carne di un uomo che morì 2000 anni fa, un uomo che – e non voglio metterLe parole in bocca – potremmo definire come un amico immaginario che riesce a sentire tutte le cose che pensiamo nella nostra testa? E già che ci siamo, Le dispiacerebbe spiegarmi di nuovo le sue idee in materia di contraccettivi?"
Peccato se ne vedano troppo poche di interviste così, per quanto divertente e utile possa essere vedere Scientology bastonata.

Autore: Marina Hyde. Pubblicato sul Guardian il 30/10/09

Versione originale:
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/oct/30/scientology-religion-france-alien-fraud

Monday 9 November 2009

John Perkins intervistato da Nettie Hartsock


John Perkins ha vissuto quattro vite: una da hit man (killer) economico (EHM); una da dirigente di una lucrativa compagnia per energie alternative, finanziato in parte per non aver rivelato il suo passato di EHM; una da esperto di culture indigene e sciamanismo, insegnante e scrittore che ha usato la sua conoscenza per promuovere l’ecologia e la sostenibilità, continuando nel frattempo a onorare il suo voto del silenzio sulla sua vita da EHM; e una da scrittore che, raccontando la vera storia delle sue straordinarie macchinazioni come EHM, ha rivelato il mondo di intrighi e corruzioni internazionali che sta trasformando la repubblica americana in un impero globale detestato da una crescente quantità di persone sul pianeta. Il suo sito si chiama http://www.johnperkins.org/ e John è anche il co-fondatore di http://www.dreamchange.org/ . La sua TWITTER ID @economic_hitman .

Nettie: Potresti descrivere il termine “economic hitman”?

John: È una parola così, autoironica, come “spia” o “spione” per agente della CIA. Il mio titolo ufficiale era quello di Capo Economista alla MAIN, un’azienda di oltre 2000 “consulenti” professionali.

Nettie: Ci puoi parlare di come il lavoro degli EHM nei paesi del Terzo Mondo e di come il creare e perpetuare il debito di questi paesi sia una delle cose che contribuiscono a rafforzare il potere dell’impero?

John: L’approccio più comune per gli EHMs è quello di individuare paesi del Terzo Mondo con risorse a cui sono interessate le nostre corporazioni, come il petrolio. Poi si tratta di creare le condizioni perché venga effettuato un immenso prestito a quel paese, dalla Banca Mondiale o da un’organizzazione affiliata. Il denaro però non viene veramente consegnato a quel particolare paese . In realtà serve solo per assumere corporazioni americane perché costruiscano centrali elettriche, zone industriali, e altri progetti e infrastrutture nel paese. Questi progetti vanno solo a vantaggio di quelle poche, potenti famiglie locali e delle corporazioni americane, ma non aiutano la maggioranza della popolazione, troppo povera per usare l’elettricità o non abbastanza qualificata per lavorare in quelle zone industriali, e che in pratica vive al di fuori del sistema economico. Il paese finisce con un immenso debito che non è in grado di ripagare. Così noi EHM ritorniamo in quel paese e diciamo “Se non potete ripagare il debito, pagateci in natura: vendete il vostro petrolio alle nostre compagnie a prezzi stracciati, oppure votate come noi alle prossime elezioni alle Nazioni Unite, o mandate le vostre truppe ad aiutare le nostre in posti come l’Iraq.”
In quelle poche occasioni in cui la nostra missione fallisce, altri professionisti, chiamati “sciacalli”, vengono mandati per rovesciare il governo o assassinare quei governanti che noi EHM non eravamo stati capaci di corrompere. Questo mi accadde a Panama e in Ecuador, dove Omar Torrijos e Jaime Roldos furono di conseguenza assassinati. Se anche gli scacalli falliscono, allora interviene l’esercito americano — come in Iraq.
In questo modo noi EHM abbiamo creato un impero globale, il primo nella storia a essersi espanso quasi senza il bisogno dell’esercito.

Nettie: Quali sono le implicazioni politiche di questa recessione e le teorie economiche che la definiscono? Esistono altri eventi che stanno succedendo, di cui il grande pubblico è all’oscuro, per quanto riguarda i passaggi del potere globale?

John: La geopolitica del mondo è cambiata radicalmente. Non si tratta più tanto di una questione di paesi, quanto di corporazioni. Una volta consideravamo questo pianeta come un grande globo con circa 180 paesi; alcuni di questi — specialmente USA e URRS — ne influenzavano molti altri. abbiamo ancora quei 180 paes ma adesso vediamo la base del potere come qualcosa che rassomiglia piuttosto a un gruppo di grandi nubi che circondano il pianeta. Queste sono appunto le corporazioni. Non conoscono frontiere nazionali e non aderiscono a particolari leggi. Fanno affari tanto con la Cina quanto con Taiwan, con gli israeliani e con i paesi arabi. Siamo in un periodo storico che è simile a quando le città-stato coalizzarono in nazioni, senonché adesso le nazioni stanno diventando sempre meno importanti. Sta avvenendo un cambiamento radicale nella politica mondiale e nel mondo degli affari.
Siamo in un periodo storico in cui ognuno in questo pianeta si trova ad affrontare le stesse crisi — riscaldamento globale, scarsezza di risorse, inflazione. Siamo inoltre — per la prima volta nella storia — estremamente interdipendenti. Comunichiamo attraverso internet e telefoni cellulari con le zone più remote. Ci rendiamo conto di essere una specie fragile che vive su un piccolo pianeta . Adesso è arrivato per noi il momento di trovarci, metterci insieme e dedicarci alla soluzione di questi prblemi in modi che ci permettano di formare una vita migliore per tutti, in ogni continente.

Nettie: Puoi darci una definizione di “corporatocrazia”, in quali modi opera nel mondo oggi e perché è pericolosa?

John: È l’equivalente moderno dell’imperatore — un leader che non è eletto, non ha un mandato a tempo determinato, e fondamentalmente non rende conto a nessuno. Oggi, invece di una singola persona, ci ritroviamo con un gruppo, le persone che dirigono le più grandi e potenti corporazioni del mondo; questo si chiama “corporatocrazia”. Siccome sono questi i più grandi finanziatori della maggior parte delle campagne politiche (in modo diretto, o attraverso i singoli azionisti) e si servono anche di potenti gruppi di lobby, controllano i governi. Controllano anche i principali organi di stampa – Sia perché ne sono azionisti, sia attraverso le pubblicità, che formano gran parte del budget. E per via della famosa “porta girevole” in politica, fanno costantemente la spola tra i più grandi posti nell’industria privata e tra quelli nel governo. Controllano la maggior parte delle risorse e delle istituzioni del mondo.

Nettie: Quali cambiamenti positivi vedi nel mondo per quanto riguarda la consapevolezza nella gente in merito a questi problemi?

John: Da quando ho pubblicato Confessioni verso la fine del 2004, ho visto enormi trasformazioni negli atteggiamenti. Un esempio: gli studenti. Nel 2005 quando andavo a cena con studenti di Master in Business prima di fare un discorso nel loro istituto e chiedevo loro di descrivermi i loro obiettivi nella vita, quasi tutti parlavano di fare soldi e diventare potenti. Nell’autunno del 2008 e la prima metà del 2009, Non ho sentito neanche uno studente fare questi discorsi. Non uno studente di Master in Business, che fosse Stanford, Columbia, Wharton, University of Michigan, Ohio State, Boston University, Harvard, Antioch, o la China Europe International Business School. Né ho sentito discorsi del genere da studenti universitari all’Olivet College, Regis University, St. John’s University, William Patterson University, o Wilmington College. Gli atteggiamenti erano cambiati in soli tre anni. Nemmeno un singolo studente fra quelli che partecipavano a quelle cene e ad altri meeting con me elencò tra i suoi obiettivi principali l’accumulazione di ricchezza o potere. Ciò che invece dicevano era di voler aiutare a creare un mondo migliore.

Nettie: Puoi parlarci della tua missione personale, dei tuoi libri, e perché ritieni sia importante agire subito?

John: La mia missione è di creare un mondo giusto, sostenibile e in pace per mio nipote di 2 anni, Grant. So bene che, in questo mondo estremamente integrato, ciò sarà possible solo se ogni bambino in ogni paese avrà questa stessa opportunità. Questo è totalmente nuovo. Mai nel passato le persone su questo pianeta sono state così strettamente collegate fra loro. Siamo realmente interdipendenti. Tutti quanti subiamo l’impatto delle stesse crisi: cambiamento climatico, la diminuzione delle risorse, la sovrappopolazione, l’aumento del costo per le cose necessarie al sustentamento della vita, e la violenza causata dalla privazione e dalla disperazione.
E, per la prima volta, ne siamo perfettamente consapevoli. Stiamo tutti comunicando tra noi, attraverso internet e con telefoni cellulari. Noi, il popolo, siamo sempre stati i focolari per fomentare le trasformazioni. Che si trattasse di abolire la schiavitù, I diritti delle donne, ripulire I fiumi inquinati, o mettere fine alle guerre (come quella nel Vietnam), abbiamo sempre dovuto costringere i politici e i vertici dell’industria a farlo.

Nettie: Puoi parlarci delle tua trasformazione per quanto riguarda la tua missione e come ti sei liberato dall’essere un EHM?

John: È una storia molto lunga, che tratto nel mio libro, HOODWINKED (Random House/Broadway Books, 10 November, 2009). Versione abbreviata: mi sono reso conto che il mondo che abbiamo creato non è più sostenibile, e che è nel nostro interesse di alterare il nostro corso.

Nettie: Che cosa può fare l’industria per rendere migliore questo mondo?

John” Devono cambiare il loro credo fondamentale: da “massimizzare i profitti, indipendentemente dal costo ambientale e sociale” a “fare profitti solo nel contesto della creazione di un mondo sostenibile, giusto e in pace”. Noi — tu e io — dobbiamo impegnarci a comprare solo da compagnie che hanno preso un impegno di questo tipo – e dobbiamo farglielo sapere, tramite lettere o email.

Nettie: Tu lavori anche con DreamChange – Dream Change and Pachamama Alliance – puoi parlarci di quei gruppi e che cosa ti ispira di più per quanto riguarda il tuo lavoro in quei campi?

John: Ho aiutato a fondare sia Dream Change che The Pachamama Alliance all’inizio degli anni Novanta e siedo ancora al loro consiglio di amministrazione. Sono aziende non-profits che rispettano e onorarno la saggezza degli indigeni e la loro filosofia di considerare la terra come una risorsa per insegnare e imparare, e che aiutano le comunità indigene a proteggere le loro terre e culture da coloro che vogliono sfruttarle, comprese le industrie di petrolio, agricultura, allevamento bestiame e legna. Per saperne di più puoi visitare http://www.dreamchange.org/ e http://www.pachamama.org/ .

Nettie: Come dovrebbero ridefinirsi le corporazioni? Che cosa significa essere un buon cittadino per una corporazione?

John: Alla fine dei conti, dipende da questo la nostra sopravvivenza su questo pianeta. Lo stesso vale per la sopravvivenza delle corporazioni. Una volta che lo avremo capito, potremo portare avanti la trasformazione.


Pubblicata il 28 ottobre 2009 su CINCOM EXPERT ACCESS (expertaccess.cincom.com)
Intera intervista reperibile su:

Saturday 7 November 2009

È nato ÀP0TI


Benvenuti all’articolo di introduzione di Àpoti.
Come ogni bebè che si rispetti, anche il neonato Àpoti su cui vi state ora soffermando è ben lungi dall’essere giunto alla luce con tutte le risposte su questo bizzarro e variopinto mondo sul quale posa per la prima volta lo sguardo.
Curiosità, perplessità, dubbi, tutto questo caratterizza l’approcio di Àpoti alla vita, non gliene vogliate, è fatto così: non è arrivato al mondo per imporre le sue risposte.
Tutt’al più, questo è per noi conosciuto come il periodo delle domande, e noi di Àpoti ne porremo molte, su fatti veri e presunti, su religioni presunte o fasulle, su droghe legali e illegali, su politica, misteri, denaro, sesso, amore, salute e lavoro, a chiunque ci capiti davanti, con la timida umiltà di chi percepisce che tutti – ma proprio tutti – sembrano avere l’aria di saperne tanto e tanto di più.
Ringraziamo dunque già in anticipo quanti vorranno regalarci una dose della loro conoscenza sotto forma di risposte, riservando particolare affetto per quelle figure che sogliono popolare l’angolo commenti di innumerevoli siti made in Italy, i quali - con l’immancabile e sapiente arguzia che solo chi è giunto alla conclusione di sapere tutto sembra in grado di mostrare – avranno la bontà di squarciare la nostra ingenua curiosità con preziose informazioni, guarnite da amorevoli toni sullo stile di: “Questo lo sanno anche i bambini, imbecille!”.
Andranno altresì i nostri pensieri di gratitudine a coloro che, dall’alto della loro pluridecennale cultura, irrideranno la naïveté di una qualche nostra domanda su fatti dell’ultima ora, e ci ricorderanno stizziti che nulla di quanto accade in questo momento può essere realmente compreso, se non è inquadrato nella visione presentata da contributi quali quelli di Pericle, o dai polverosi scritti di Marco Aurelio, passando – perché no – per Voltaire, fresco-fresco di stampa com’è.
Il tutto guarnito da un’obbligatoria citazione ai fini di ammutolirci per un po’, che so io, qualcosa sulle righe di: “Timeo Danaos dona ferentes”, che fa una così bella figura...
A questi ultimi va dunque il nostro anticipato ringraziamento, nonché una calzante citazione, pubblicata dal Di Breme ne Il Conciliatore circa 180 anni orsono (come vedete, questo è un giochetto che riesce benino anche a noi): “L’Italia è ancora addormentata, come ognuno sa, nella filosofia di Aristotele, e intanto il pensiero europeo progredisce”.
Stiamo dimenticando qualcuno?
Ma certo, come tralasciare i preziosi contributi che ci verranno forniti da coloro che, esitando con sospetto prima di gettare le proverbiali perle a noialtri suini, esigeranno di sapere e con rabbiose bocche spumeggianti di bava ci domanderanno di quale colore sia la nostra “tessera”?
Mmm, difficile domanda; destra? Sinistra?
Una risposta vera non l’abbiamo, le nostre scuse, ma ci limitiamo timidamente a far notare che, pur animati da ben poche certezze, ne abbiamo alcune alle quali crediamo. Crediamo per esempio in documenti quali la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (può servire?), la quale dichiarazione, a ben guardare, scaturì dai Droits de l’Homme pubblicati in Francia nel 1789 da chi – in effetti - sedeva a destra nell’Assemblea Nazionale.
Chi poi venne ad aggiungersi in quella che successivamente si sarebbe chiamata Assemblea Legislativa (cacchio, ammettiamolo, questo giochino ci riesce davvero bene oggi!), sedendosi a sinistra – Girondini, Giacobini & Co. – sospese tale dichiarazione e introdusse la pena di morte (per gentile concessione del Dr. Guillotin). Ci limitiamo ad aggiungere che non crediamo nella pena di morte.
Significa tutto questo che siamo dunque di destra, secondo l’originale interpretazione storico-etimologica? Oy vey?
D’accordo, capiamo: vi sarà chi vorrà legittimamente sapere da che parte stiamo per ciò che riguarda i fatti realmente importanti della vita, non bazzeccole come la DUDU. Da dove veniamo? Dove andiamo? Esiste dio?
Questi e altri esempi di onanismo mentale sono – ce ne rendiamo conto – fondamentali per alcuni, quindi è forse opportuno fornire una risposta quanto prima, per evitare malintesi in futuro.
Scegliamone una facile: crediamo in dio?
O, per meglio dire, sposiamo un credo che per definizione non può essere analizzato razionalmente o dimostrato scientificamente e il cui unico modo per manifestarsi e rafforzarsi nelle menti delle persone consiste nel praticare e addestrare una tecnica chiamata Fede, la quale consiste essenzialmente nel sospendere le nostre facoltà razionali e consentire all’immaginazione di partorire fantasiose immagini di un essere soprannaturale che, non pago di creare l’universo e ogni singola creatura che sia mai esistita e che esisterà, non pago di essere onnisciente & onnipotente (due caratteristiche incompatibili, come ci è stato fatto notare da taluni filosofi), sarebbe anche l’essere che ci accoglierà nell’aldilà perché – non dimentichiamolo – uno dei dogmi della religione è che dopo la nostra morte qualcosa di noi sopravviverà, non certo il nostro corpo, che andrà in putrefazione, non certo i nostri pensieri e ricordi, che – essendo immagazzinati nelle nostre cellule cerebrali – seguiranno la stessa sorte del nostro corpo, ma qualche cosa (che nessuno sembra in grado di spiegare che cosa, da cui la necessità di “avere fede”) continuerà a esistere, un credo che, per farla breve, è molto più facile consolidare nella mente delle persone se queste ultime vengono indottrinate dall’età di quattro anni (quando la loro mente è particolarmente malleabile e impressionabile) e fondamentalmente traumatizzate nel credere che se la loro mente razionale dovesse un maledetto giorno prevalere sulla loro fede, ciò che li attende nell’aldilà è un’eternità di agonia, sofferenza e dolore somministrata da un dio caritatevole e d’infinita bontà?
No.
D’altronde, se dovesse risultare che stiamo sbagliando, e se dio risultasse essere un’entità reale, preferiremmo fosse dio a rivelarsi a noi vis-à-vis (perché siamo così riluttanti a applicare a dio i pronomi personali “lui” o “lei”?), né siamo interessati a dover sentire tali rivelazioni da terzi, le quali – come avrete capito – includono citazioni di scritture, seguite da obbligatori riferimenti a San Paolo sulla via di Damasco, all’incredulo San Tommaso, e tanti altri santini sempre a portata di mano nell’arsenale di ogni buon cattolico italiano che si rispetti.
Fino a quando tale epifania continuerà a ostinarsi a non avvenire, ci limitiamo a ritenere la religione uno strumento di controllo e (state pronti per la controversa eppur calzante metafora) oppio dei popoli.
Sì, d’accordo, siamo consapevoli che questa definizione è attribuita a Moses Hess, ateo comunista e collaboratore di Karl Marx. Vuol questo dire che siamo dunque di sinistra?
E se tralasciassimo le etichette per il momento?
Che dire, speriamo perlomeno che la nostra non-risposta abbia saziato in alcuni l’astinenza dalla pillola quotidiana di storia, senza peraltro fornire alcunché di utile (due prerogative che prevediamo caratterizzeranno certe altre non-risposte che riceveremo noi).
Un caloroso saluto,

Rinaldo Francesca, 05/11/09, Guy Fawkes Day