Tuesday 17 November 2009

Questo è un lavoro per Miliband

di Rinaldo Francesca

È confortante sapere che, persino in questa cinica e indifferente epoca storica, chiunque può sempre contare su una seconda chance; chiunque, s’intende, tra le persone che contano, non mi riferisco necessariamente a me o a voi.
Prendete l’abilissimo stratega del marketing Tony Blair, i cui infaticabili creatives coniarono tre anni fa l’eccellente – e ahimé, poco longevo - slogan commerciale “alleanza di moderazione” [1]. Certo, è vero che al giorno d’oggi, se doveste fermare un qualunque cittadino britannico per la strada, e aveste la sventura di incappare in qualcuno che masticasse un po’ di legge internazionale, alla domanda: “A che cosa si sente di associare gli ultimi quattro anni del mandato di Mr. B?”, la risposta che vi verrebbe data sarebbe il solito farfugliare a proposito di due guerre d’aggressione illegali, bla-bla-bla, centinaia di migliaia di morti, bla-bla-bla, il che fu la causa dei due attentati a Londra nel luglio 2005, bla-bla-bla.
Fortunatamente per Tony però l’opinione di questi guastafeste dei contribuenti britannici viene ascoltata solo quando si tratta di prendere decisioni importanti, come votare per i loro beniamini su X Factor o Big Brother (parliamo del reality TV show, non del futuro che attende la verde Inghilterra), ma non per quanto ne riguarda certe altre, ben più secondarie e marginali come – poniamo – chi dovrà essere il prossimo inviato per la pace in Medio Oriente.
E così voilà, dopo essersi elegantemente scrollate di dosso tutte quelle tediose critiche di cui sopra, l’ineffabile Tony Blair ha, poco più di due anni orsono, generosamente ceduto al suo successore – di cui ci sfugge il nome - il timone di quel rottame galleggiante chiamato Labour Party, per imbarcarsi in una nuova, emozionante avventura: inviato di pace nel Medio Oriente finalmente, arbitro in terra del bene e del male, per parafrasare il poeta.
La parte più esilarante del tutto, ci viene assicurato, è che la parola “pace” nel titolo non va interpretata come una perfida sfumatura sarcastica. Ci è dunque chiesto di prendere sul serio questa simbolica mossa che, secondo la succinta analisi dell’autore Ian R. Crane, “sarebbe come incaricare Re Erode di sorvegliare un asilo nido”.
Sì sì, d’accordo, “E che dire dell’Europa?” vi sentiamo domandare.
Vero, non tutte le ciambelle vengono con il buco, nemmeno per Tony, tant’è che ci sentiamo di provare un po’ di compassione per l’uomo che vede sfumare il sogno della presidenza all’Unione Europea, specialmente dopo tutti i diligenti preparativi che aveva fatto. Pensate, aveva persino di punto in bianco trovato la fede nella Chiesa di Roma - non tanto nelle Sacre Scritture, quanto piuttosto nelle proiezioni demografiche che svelano l’Europa come un continente a maggioranza cattolica – e aveva prontamente annunciato un’ufficiale e commuovente conversione al cattolicesimo.
Niente da fare, la sua candidatura è colata a picco, e v’è già qualche maligno a sospettare che a ciò abbia contribuito non poco il cieco appoggio fornitogli da Berlusconi Silvio, il comico e adorabile premier italiano; il che sembrerebbe provare il vecchio adagio secondo il quale sono proprio quelli a cui vuoi bene che finiscono con il ferirti di più.
Ma non è di questo particolare riciclaggio politico che vogliamo trattare – siamo già certi che Blair troverà ben presto altre posizioni chiave internazionali da cui continuare a farci sognare – bensì del giovane e dinamico David Miliband, attuale segretario degli esteri britannico e idolo delle mamme.
Sì perché vedete, nonostante il buon David continui a schermirsi in conferenze stampa, dicendo scherzosamente di “non essere disponibile” [2] per ricoprire il neonato ruolo di “ministro degli esteri europeo” che i leader dell’Unione sembrano a tutti i costi volergli gettare addosso, a noi sembra che questo esilarante tira-e-molla abbia molto in comune con quei corteggiamenti da opera buffa, dove è in questo caso affidato agli altri premier europei il ruolo del personaggio che dice cose come: “Dai forza, sai benissimo che lo vuoi, anche più di me!” (crediamo si tratti di una citazione dal Don Giovanni di Mozart, ma potremmo sbagliare).
Riassunto delle puntate precedenti: dopo aver votato no, nel giugno del 2008, all’incomprensibile trattato di Lisbona (non siamo autorizzati a chiamarlo costituzione, a quanto pare), i dispettosi cittadini irlandesi, ultimo scoglio da affrontare nella formazione di questo immenso conglomerato burocratico chiamato UE, sono stati puniti con il raddoppio della loro disoccupazione [3] e, giunti a più miti consigli 16 mesi dopo, hanno, con l’acqua alla gola, finalmente accettato l’implementazione dell’oscuro documento.
Questo significa, ci è stato assicurato, che adesso avremo un disperato bisogno di due figure chiave - preferibilmente non elette dai cittadini - nel suddetto apparato: un “presidente” e un “ministro degli esteri” (non siamo ancora autorizzati a rimuovere queste due descrizioni dalle virgolette).
Ora, tralasciando per un momento la figura del “presidente” (ma non è ancora detta l’ultima parola Tony: non disperare, il nostro cuore è con te!), sarebbe su Miliband che dovrebbe forse ricadere l’onere di rappresentare l’Europa all’estero.
A pensarci bene, la cosa avrebbe certamente senso: infatti, niente come gli imbarazzanti episodi di collusione con atti di tortura, violazioni della legge e dei diritti umani, nonché occulti e torbidi intrighi politici come quelli di cui è stato recentemente protagonista il buon Miliband potrebbe meglio catturare lo spirito dell’Europa che ci attende.
Ricordate infatti quando, nel febbraio di quest’anno, il Joint Committe on Human Rights (JCHR) aveva richiesto la presenza di David Miliband e dell’allora segretaria degli interni Jacqui Smith, in merito a certe domande che aveva voglia di porre ai due? Si trattava di sapere se gli individui in questione avessero effettivamente autorizzato l’estradizione illegale (extraordinary rendition, per usare il termine più trendy) di certi poveracci peraltro innocenti, fra i quali Binyam Mohamed, che si trovavano su suolo britannico, e che successivamente sarebbero stati per anni detenuti e torturati in vari “siti neri” (ovvero, di cui non siamo autorizzati a conoscere l’esistenza), con procedure disumane e illegali, a cui anche agenti segreti britannici avrebbero entusiasticamente partecipato.
Beh, ricordate che cosa successe? Perché è da questi dettagli che si vede la vera leadership, cari amici.
Ebbene, è stato in quel momento che Smith & Miliband hanno impuntato il piedino e si sono rifiutati di presentarsi. Niente male, eh [4]?
Non sapete – si sforzava pazientemente di farci capire Miliband – che c’è una ragione se continuiamo a fare del nostro meglio per tenere il mondo all’oscuro? È per il vostro bene!
O, per citare direttamente l’autore: “Noi condividiamo informazioni segrete con un gran numero di paesi. Ciò viene fatto per proteggere i cittadini britannici, e sulla base che suddetto materiale non sarà reso di dominio pubblico contro il nostro volere” [5].
Potremmo sbagliare, ma crediamo di sapere dove si voleva andare a parare con questo impeccabile ragionamento – il cui succo, come qualcuno ci ha fatto notare, è: “L’Occidente è già detestato abbastanza così, senza che si sappiano tutte le porcate che abbiamo fatto”.
Vedete, c’era questo misterioso documento che minacciava di venire alla luce, un memo della CIA di sette paragrafi o poco più che, come in ogni thriller che si rispetti, è la chiave per capire tutto.
Ci siamo lasciati trasportare dall’entusiasmo? Forse sì, non crediamo esista un documento che spieghi tutto; tuttavia, questi sette paragrafi potrebbero darci qualche risposta. Non penserete certo che il pubblico abbia diritto ad accedervi?
Detto fatto, Miliband ha a più riprese fatto del suo meglio per impedirne la pubblicazione e insabbiare il tutto [6], ed è un vero peccato per lui che certi antipatici giudici si ostinino a ribadire che “la soppressione di documenti che provano azioni sbagliate da parte di certi ufficiali, in circostanze che in nessun modo potrebbero danneggiare la sicurezza nazionale, è contraria al rispetto delle leggi” [7].
Verrà mai dunque pubblicato questo documento, o resterà per sempre For Your Eyes Only, Mr. Bond?
Vi preghiamo di tenerci informati se doveste venire a conoscenza di qualche sviluppo ma, nel frattempo, chiudete pure gli occhi per un attimo e sognate, se vi va, un’Europa più efficiente e dinamica, per nulla intimidita da bazzeccole come giustizia internazionale, diritti umani, etc etc, un’Europa, per capirci, con Miliband a capo delle relazioni estere.
Perché vedete, nel giugno 2006 fu proprio il Consiglio d’Europa di Strasburgo a denunciare i voli segreti che trasportavano detenuti fantasma verso le loro destinazioni di tortura [8]. Questa però è preistoria.
L’Europa di domani, ci sembra di capire, potrebbe invece essere più interessata a tenere i suoi cittadini al riparo da certe notizie che rischierebbero di rovinare loro l’appetito.
Thank you, Big Brother (non il reality show).

Rinaldo Francesca, 17/11/09

[1] http://news.bbc.co.uk/1/hi/6194789.stm
[2] Ian Traynor & Nicholas Watt: David Miliband shortlisted to be 'foreign minister' of Europe, The Guardian, 29/10/09, http://www.guardian.co.uk/politics/2009/oct/29/david-miliband-eu-foreign-minister
[3] Simon Tisdall: From celtic tiger to kicked cat: why irish voters are likely to say yes to lisbon treaty, The Guardian, 16/09/09
[4] Ian Cobain: Ministers refuse to answer torture questions, The Guardian, 28/02/09,
[5] David Miliband, House of Commons debates, 5 February 2009, 12:24 pm http://www.theyworkforyou.com/debates/?id=2009-02-05b.989.0
[6] Ian Drury: 'Britain DID know I was tortured': Pressure for inquiry grows as Guantànamo victim hits out, The Daily Mail, 09/03/09, http://www.dailymail.co.uk/news/article-1160514/Britain-DID-know-I-tortured-Pressure-inquiry-grows-explosive-claims-Guantanamo-inmate.html
[7] Richard Norton-Taylor: Judges' torture ruling harmed UK security, says Foreign Office, The Guardian, 12/11/09, http://www.guardian.co.uk/world/2009/nov/12/torture-foreign-office-miliband-judge
[8] Europe 'aided US in CIA flights', http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/5054426.stm

Tuesday 10 November 2009

Marina Hyde: Internet ha già sistemato Scientology. Potrebbe smascherare anche i cristiani?


Mentre il culto di Hubbard viene ridicolizzato sempre più, è un peccato che anche le altre religioni non siano costrette a giustificare le loro follie dottrinali.

Avvicinatevi, infedeli, poiché questi sono giorni oscuri per i cavalieri di Hubbard. Non disperate completamente – la Chiesa di Scientology continua a rimanere assurdamente ricca, ad avere eccellenti e rapaci avvocati e, stando a International Scientology News, "ogni minuto di ogni ora, qualcuno si rivolge alla tecnologia di L Ron Hubbard […] per il solo fatto che sanno che Tom Cruise è uno scientologo". Quindi, a meno che la scorta mondiale di stolti con problemi si stia sciogliendo più velocemente delle calotte polari artiche, Scientology potrà probabilmente resistere cercando di attrarre disillusi Kabalisti nella loro comunione cultuale, un po’ come ha fatto il Papa Benedetto con gli Anglicani. E ciononostante, tutto considerato, non è proprio stata una gran bella settimana per i nostri thetani in azione.
In Francia, Scientology è stata condannata per aver frodato i suoi seguaci dopo che un giudice ha in effetti smontato l’idea del fidato elettro-psicometro, un rozzo poligrafo i cui valori sono usati per incoraggiare gli scientologist ad acquistare di tutto, da libri a corsi di sauna estrema. A Los Angeles, il regista, e vincitore di un Oscar (anche se solo per l’orrendo Crash) Paul Haggis ha abbandonato Scientology in protesta a ciò che gli è sembrata un’eccessiva tolleranza verso l’omofobia, aggiungendo inoltre che le affermazioni della chiesa riguardo al fatto che Scientology non incoraggia la gente a "disconnettersi" da membri della famiglia che disapprovano non era vera – sua moglie aveva ricevuto l’ordine di lasciarlo. Frattanto, il capo portavoce di Scientology Tommy Davis ha rabbiosamente abbandonato un’intervista televisiva con Martin Bashir, dopo che quest’ultimo aveva insistito ad avere delucidazionio su ciò che potremmo delicatamente definire “certi dogmi della loro fede”. Quella roba sugli alieni, insomma.
Che cosa ha causato tutti questi eventi in sincronia? Naturalmente, l’iniziale conclusione può solo essere che l’eterna pila che crea il campo magnetico che tiene prigioniero, in una non meglio identificata montagna qui sulla Terra, il tiranno intergalattico Xenu non è poi così eterna come si pensava, o forse è stata rimossa per rimpiazzare un’altra pila che si era scaricata in un qualche intergalattico telecomando. Nelle case umanoidi, si sa, il telecomando della TV è l’elettrodomestico per il quale tutte le altre pile devono essere sacrificate - comprese quelle per l’allarme anti-incendio – e la stessa gerarchia è applicabile su scala galattica.
E tuttavia, nonostante questa sembri la spiegazione più convincente, la verità è un po’ più prosaica. Ci ha pensato internet. Vi ho confusi con quella roba sul tiranno intergalattico? Allora digitatelo immediatamente su Google, visto che siete abbastanza fortunati da poter fare una cosa del genere di questi tempi. In vita, l’inventore della religione L Ron Hubbard considerava come più temibili nemici di Scientology gli ispettori fiscali e gli psichiatri (il motivo non è poi così disperatamente difficile da capire). Nemmeno uno scrittore di fantascienza di sest’ordine come lui avrebbe potuto predire che la rete sarebbe diventata la più grande minaccia alla sua chiesa dalla sua fondazione, facilitando di tutto, dalla circolazione di racconti di chi ha abbandonato la chiesa, consigli di gruppi di consumatori, fino a video di Tom Cruise che sghignazza istericamente mentre ripete "KSW! Keep Scientology Working!" Stranamente, ci sono delle volte in cui "Lol!!" – solitamente la firma dei poveri di spirito meno informati di tutta internet – è veramente il commento più eloquente che ci sia.
Similmente, se non avete visto l’intervista di Bashir, potete guardarla su YouTube. Sfidato sul caro vecchio argomento Xenu, Davis sa benissimo quanto il tutto sia assolutamente demenziale, e abbandonare l’intervista evidentemente deve essergli sembrato meno dannoso che proseguire la discussione. E lo stesso per quanto riguarda il tribunale in Francia. Come avrebbe mai potuto Scientology sostenere che i valori letti da quel loro Play'n'Polygraph – così simile a un giocattolo della Fisher-Price – giustificassero una monetina nella loro cassetta delle offerte, tantomeno centinaia di euro in libri?
Eppure c’è un problema. In Francia, Scientology è considerata una setta, piuttosto che una religione, il che è la ragione per cui i suoi affiliati sono tenuti a mostrare le prove per ciò che affermano, mentre i leader di religioni ufficialmente riconosciute non lo sono. Per coloro tra noi che ritengono che tutte le religioni siano piene di favolette, questo potrebbe sembrare leggermente un’ingiustizia. D’accordo, dal punto di vista finanziario costa di più credere alle balle di Scientology rispetto a farsele raccontare – senza lo straccio di una prova – da altre fedi, e non dovremmo neanche per un momento soprassedere sulle crudeli e ripugnanti tattiche usate da questa chiesa per attaccare i suoi critici.
Ma quando penso a Mel Gibson che costruisce la sua chiesa di 42 milioni di dollari a Malibu, o a quando confidava spensieratamente agli intervistatori, nel periodo in cui usciva La Passione di Cristo, che sua moglie sarebbe purtroppo finita all’inferno, perché apparteneva alla Chiesa Anglicana… beh, non riesco a trovarlo meno pazzo da legare di Tom Cruise.
Certo, gli scientologi dovrebbero essere obbligati a giustificare le loro follie dottrinali – l’unico fatto triste è che le altre religioni sono a quanto pare esenti dal dover fare altrettanto. Immaginate per un momento un intervistatore in stile Bashir che intervista un qualche alto prelato. "Vediamo," potrebbe domandare, "Lei sta dicendo che, tramite una sorta di magia, l’ostia della comunione si trasforma veramente nella carne di un uomo che morì 2000 anni fa, un uomo che – e non voglio metterLe parole in bocca – potremmo definire come un amico immaginario che riesce a sentire tutte le cose che pensiamo nella nostra testa? E già che ci siamo, Le dispiacerebbe spiegarmi di nuovo le sue idee in materia di contraccettivi?"
Peccato se ne vedano troppo poche di interviste così, per quanto divertente e utile possa essere vedere Scientology bastonata.

Autore: Marina Hyde. Pubblicato sul Guardian il 30/10/09

Versione originale:
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2009/oct/30/scientology-religion-france-alien-fraud

Monday 9 November 2009

John Perkins intervistato da Nettie Hartsock


John Perkins ha vissuto quattro vite: una da hit man (killer) economico (EHM); una da dirigente di una lucrativa compagnia per energie alternative, finanziato in parte per non aver rivelato il suo passato di EHM; una da esperto di culture indigene e sciamanismo, insegnante e scrittore che ha usato la sua conoscenza per promuovere l’ecologia e la sostenibilità, continuando nel frattempo a onorare il suo voto del silenzio sulla sua vita da EHM; e una da scrittore che, raccontando la vera storia delle sue straordinarie macchinazioni come EHM, ha rivelato il mondo di intrighi e corruzioni internazionali che sta trasformando la repubblica americana in un impero globale detestato da una crescente quantità di persone sul pianeta. Il suo sito si chiama http://www.johnperkins.org/ e John è anche il co-fondatore di http://www.dreamchange.org/ . La sua TWITTER ID @economic_hitman .

Nettie: Potresti descrivere il termine “economic hitman”?

John: È una parola così, autoironica, come “spia” o “spione” per agente della CIA. Il mio titolo ufficiale era quello di Capo Economista alla MAIN, un’azienda di oltre 2000 “consulenti” professionali.

Nettie: Ci puoi parlare di come il lavoro degli EHM nei paesi del Terzo Mondo e di come il creare e perpetuare il debito di questi paesi sia una delle cose che contribuiscono a rafforzare il potere dell’impero?

John: L’approccio più comune per gli EHMs è quello di individuare paesi del Terzo Mondo con risorse a cui sono interessate le nostre corporazioni, come il petrolio. Poi si tratta di creare le condizioni perché venga effettuato un immenso prestito a quel paese, dalla Banca Mondiale o da un’organizzazione affiliata. Il denaro però non viene veramente consegnato a quel particolare paese . In realtà serve solo per assumere corporazioni americane perché costruiscano centrali elettriche, zone industriali, e altri progetti e infrastrutture nel paese. Questi progetti vanno solo a vantaggio di quelle poche, potenti famiglie locali e delle corporazioni americane, ma non aiutano la maggioranza della popolazione, troppo povera per usare l’elettricità o non abbastanza qualificata per lavorare in quelle zone industriali, e che in pratica vive al di fuori del sistema economico. Il paese finisce con un immenso debito che non è in grado di ripagare. Così noi EHM ritorniamo in quel paese e diciamo “Se non potete ripagare il debito, pagateci in natura: vendete il vostro petrolio alle nostre compagnie a prezzi stracciati, oppure votate come noi alle prossime elezioni alle Nazioni Unite, o mandate le vostre truppe ad aiutare le nostre in posti come l’Iraq.”
In quelle poche occasioni in cui la nostra missione fallisce, altri professionisti, chiamati “sciacalli”, vengono mandati per rovesciare il governo o assassinare quei governanti che noi EHM non eravamo stati capaci di corrompere. Questo mi accadde a Panama e in Ecuador, dove Omar Torrijos e Jaime Roldos furono di conseguenza assassinati. Se anche gli scacalli falliscono, allora interviene l’esercito americano — come in Iraq.
In questo modo noi EHM abbiamo creato un impero globale, il primo nella storia a essersi espanso quasi senza il bisogno dell’esercito.

Nettie: Quali sono le implicazioni politiche di questa recessione e le teorie economiche che la definiscono? Esistono altri eventi che stanno succedendo, di cui il grande pubblico è all’oscuro, per quanto riguarda i passaggi del potere globale?

John: La geopolitica del mondo è cambiata radicalmente. Non si tratta più tanto di una questione di paesi, quanto di corporazioni. Una volta consideravamo questo pianeta come un grande globo con circa 180 paesi; alcuni di questi — specialmente USA e URRS — ne influenzavano molti altri. abbiamo ancora quei 180 paes ma adesso vediamo la base del potere come qualcosa che rassomiglia piuttosto a un gruppo di grandi nubi che circondano il pianeta. Queste sono appunto le corporazioni. Non conoscono frontiere nazionali e non aderiscono a particolari leggi. Fanno affari tanto con la Cina quanto con Taiwan, con gli israeliani e con i paesi arabi. Siamo in un periodo storico che è simile a quando le città-stato coalizzarono in nazioni, senonché adesso le nazioni stanno diventando sempre meno importanti. Sta avvenendo un cambiamento radicale nella politica mondiale e nel mondo degli affari.
Siamo in un periodo storico in cui ognuno in questo pianeta si trova ad affrontare le stesse crisi — riscaldamento globale, scarsezza di risorse, inflazione. Siamo inoltre — per la prima volta nella storia — estremamente interdipendenti. Comunichiamo attraverso internet e telefoni cellulari con le zone più remote. Ci rendiamo conto di essere una specie fragile che vive su un piccolo pianeta . Adesso è arrivato per noi il momento di trovarci, metterci insieme e dedicarci alla soluzione di questi prblemi in modi che ci permettano di formare una vita migliore per tutti, in ogni continente.

Nettie: Puoi darci una definizione di “corporatocrazia”, in quali modi opera nel mondo oggi e perché è pericolosa?

John: È l’equivalente moderno dell’imperatore — un leader che non è eletto, non ha un mandato a tempo determinato, e fondamentalmente non rende conto a nessuno. Oggi, invece di una singola persona, ci ritroviamo con un gruppo, le persone che dirigono le più grandi e potenti corporazioni del mondo; questo si chiama “corporatocrazia”. Siccome sono questi i più grandi finanziatori della maggior parte delle campagne politiche (in modo diretto, o attraverso i singoli azionisti) e si servono anche di potenti gruppi di lobby, controllano i governi. Controllano anche i principali organi di stampa – Sia perché ne sono azionisti, sia attraverso le pubblicità, che formano gran parte del budget. E per via della famosa “porta girevole” in politica, fanno costantemente la spola tra i più grandi posti nell’industria privata e tra quelli nel governo. Controllano la maggior parte delle risorse e delle istituzioni del mondo.

Nettie: Quali cambiamenti positivi vedi nel mondo per quanto riguarda la consapevolezza nella gente in merito a questi problemi?

John: Da quando ho pubblicato Confessioni verso la fine del 2004, ho visto enormi trasformazioni negli atteggiamenti. Un esempio: gli studenti. Nel 2005 quando andavo a cena con studenti di Master in Business prima di fare un discorso nel loro istituto e chiedevo loro di descrivermi i loro obiettivi nella vita, quasi tutti parlavano di fare soldi e diventare potenti. Nell’autunno del 2008 e la prima metà del 2009, Non ho sentito neanche uno studente fare questi discorsi. Non uno studente di Master in Business, che fosse Stanford, Columbia, Wharton, University of Michigan, Ohio State, Boston University, Harvard, Antioch, o la China Europe International Business School. Né ho sentito discorsi del genere da studenti universitari all’Olivet College, Regis University, St. John’s University, William Patterson University, o Wilmington College. Gli atteggiamenti erano cambiati in soli tre anni. Nemmeno un singolo studente fra quelli che partecipavano a quelle cene e ad altri meeting con me elencò tra i suoi obiettivi principali l’accumulazione di ricchezza o potere. Ciò che invece dicevano era di voler aiutare a creare un mondo migliore.

Nettie: Puoi parlarci della tua missione personale, dei tuoi libri, e perché ritieni sia importante agire subito?

John: La mia missione è di creare un mondo giusto, sostenibile e in pace per mio nipote di 2 anni, Grant. So bene che, in questo mondo estremamente integrato, ciò sarà possible solo se ogni bambino in ogni paese avrà questa stessa opportunità. Questo è totalmente nuovo. Mai nel passato le persone su questo pianeta sono state così strettamente collegate fra loro. Siamo realmente interdipendenti. Tutti quanti subiamo l’impatto delle stesse crisi: cambiamento climatico, la diminuzione delle risorse, la sovrappopolazione, l’aumento del costo per le cose necessarie al sustentamento della vita, e la violenza causata dalla privazione e dalla disperazione.
E, per la prima volta, ne siamo perfettamente consapevoli. Stiamo tutti comunicando tra noi, attraverso internet e con telefoni cellulari. Noi, il popolo, siamo sempre stati i focolari per fomentare le trasformazioni. Che si trattasse di abolire la schiavitù, I diritti delle donne, ripulire I fiumi inquinati, o mettere fine alle guerre (come quella nel Vietnam), abbiamo sempre dovuto costringere i politici e i vertici dell’industria a farlo.

Nettie: Puoi parlarci delle tua trasformazione per quanto riguarda la tua missione e come ti sei liberato dall’essere un EHM?

John: È una storia molto lunga, che tratto nel mio libro, HOODWINKED (Random House/Broadway Books, 10 November, 2009). Versione abbreviata: mi sono reso conto che il mondo che abbiamo creato non è più sostenibile, e che è nel nostro interesse di alterare il nostro corso.

Nettie: Che cosa può fare l’industria per rendere migliore questo mondo?

John” Devono cambiare il loro credo fondamentale: da “massimizzare i profitti, indipendentemente dal costo ambientale e sociale” a “fare profitti solo nel contesto della creazione di un mondo sostenibile, giusto e in pace”. Noi — tu e io — dobbiamo impegnarci a comprare solo da compagnie che hanno preso un impegno di questo tipo – e dobbiamo farglielo sapere, tramite lettere o email.

Nettie: Tu lavori anche con DreamChange – Dream Change and Pachamama Alliance – puoi parlarci di quei gruppi e che cosa ti ispira di più per quanto riguarda il tuo lavoro in quei campi?

John: Ho aiutato a fondare sia Dream Change che The Pachamama Alliance all’inizio degli anni Novanta e siedo ancora al loro consiglio di amministrazione. Sono aziende non-profits che rispettano e onorarno la saggezza degli indigeni e la loro filosofia di considerare la terra come una risorsa per insegnare e imparare, e che aiutano le comunità indigene a proteggere le loro terre e culture da coloro che vogliono sfruttarle, comprese le industrie di petrolio, agricultura, allevamento bestiame e legna. Per saperne di più puoi visitare http://www.dreamchange.org/ e http://www.pachamama.org/ .

Nettie: Come dovrebbero ridefinirsi le corporazioni? Che cosa significa essere un buon cittadino per una corporazione?

John: Alla fine dei conti, dipende da questo la nostra sopravvivenza su questo pianeta. Lo stesso vale per la sopravvivenza delle corporazioni. Una volta che lo avremo capito, potremo portare avanti la trasformazione.


Pubblicata il 28 ottobre 2009 su CINCOM EXPERT ACCESS (expertaccess.cincom.com)
Intera intervista reperibile su:

Saturday 7 November 2009

È nato ÀP0TI


Benvenuti all’articolo di introduzione di Àpoti.
Come ogni bebè che si rispetti, anche il neonato Àpoti su cui vi state ora soffermando è ben lungi dall’essere giunto alla luce con tutte le risposte su questo bizzarro e variopinto mondo sul quale posa per la prima volta lo sguardo.
Curiosità, perplessità, dubbi, tutto questo caratterizza l’approcio di Àpoti alla vita, non gliene vogliate, è fatto così: non è arrivato al mondo per imporre le sue risposte.
Tutt’al più, questo è per noi conosciuto come il periodo delle domande, e noi di Àpoti ne porremo molte, su fatti veri e presunti, su religioni presunte o fasulle, su droghe legali e illegali, su politica, misteri, denaro, sesso, amore, salute e lavoro, a chiunque ci capiti davanti, con la timida umiltà di chi percepisce che tutti – ma proprio tutti – sembrano avere l’aria di saperne tanto e tanto di più.
Ringraziamo dunque già in anticipo quanti vorranno regalarci una dose della loro conoscenza sotto forma di risposte, riservando particolare affetto per quelle figure che sogliono popolare l’angolo commenti di innumerevoli siti made in Italy, i quali - con l’immancabile e sapiente arguzia che solo chi è giunto alla conclusione di sapere tutto sembra in grado di mostrare – avranno la bontà di squarciare la nostra ingenua curiosità con preziose informazioni, guarnite da amorevoli toni sullo stile di: “Questo lo sanno anche i bambini, imbecille!”.
Andranno altresì i nostri pensieri di gratitudine a coloro che, dall’alto della loro pluridecennale cultura, irrideranno la naïveté di una qualche nostra domanda su fatti dell’ultima ora, e ci ricorderanno stizziti che nulla di quanto accade in questo momento può essere realmente compreso, se non è inquadrato nella visione presentata da contributi quali quelli di Pericle, o dai polverosi scritti di Marco Aurelio, passando – perché no – per Voltaire, fresco-fresco di stampa com’è.
Il tutto guarnito da un’obbligatoria citazione ai fini di ammutolirci per un po’, che so io, qualcosa sulle righe di: “Timeo Danaos dona ferentes”, che fa una così bella figura...
A questi ultimi va dunque il nostro anticipato ringraziamento, nonché una calzante citazione, pubblicata dal Di Breme ne Il Conciliatore circa 180 anni orsono (come vedete, questo è un giochetto che riesce benino anche a noi): “L’Italia è ancora addormentata, come ognuno sa, nella filosofia di Aristotele, e intanto il pensiero europeo progredisce”.
Stiamo dimenticando qualcuno?
Ma certo, come tralasciare i preziosi contributi che ci verranno forniti da coloro che, esitando con sospetto prima di gettare le proverbiali perle a noialtri suini, esigeranno di sapere e con rabbiose bocche spumeggianti di bava ci domanderanno di quale colore sia la nostra “tessera”?
Mmm, difficile domanda; destra? Sinistra?
Una risposta vera non l’abbiamo, le nostre scuse, ma ci limitiamo timidamente a far notare che, pur animati da ben poche certezze, ne abbiamo alcune alle quali crediamo. Crediamo per esempio in documenti quali la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (può servire?), la quale dichiarazione, a ben guardare, scaturì dai Droits de l’Homme pubblicati in Francia nel 1789 da chi – in effetti - sedeva a destra nell’Assemblea Nazionale.
Chi poi venne ad aggiungersi in quella che successivamente si sarebbe chiamata Assemblea Legislativa (cacchio, ammettiamolo, questo giochino ci riesce davvero bene oggi!), sedendosi a sinistra – Girondini, Giacobini & Co. – sospese tale dichiarazione e introdusse la pena di morte (per gentile concessione del Dr. Guillotin). Ci limitiamo ad aggiungere che non crediamo nella pena di morte.
Significa tutto questo che siamo dunque di destra, secondo l’originale interpretazione storico-etimologica? Oy vey?
D’accordo, capiamo: vi sarà chi vorrà legittimamente sapere da che parte stiamo per ciò che riguarda i fatti realmente importanti della vita, non bazzeccole come la DUDU. Da dove veniamo? Dove andiamo? Esiste dio?
Questi e altri esempi di onanismo mentale sono – ce ne rendiamo conto – fondamentali per alcuni, quindi è forse opportuno fornire una risposta quanto prima, per evitare malintesi in futuro.
Scegliamone una facile: crediamo in dio?
O, per meglio dire, sposiamo un credo che per definizione non può essere analizzato razionalmente o dimostrato scientificamente e il cui unico modo per manifestarsi e rafforzarsi nelle menti delle persone consiste nel praticare e addestrare una tecnica chiamata Fede, la quale consiste essenzialmente nel sospendere le nostre facoltà razionali e consentire all’immaginazione di partorire fantasiose immagini di un essere soprannaturale che, non pago di creare l’universo e ogni singola creatura che sia mai esistita e che esisterà, non pago di essere onnisciente & onnipotente (due caratteristiche incompatibili, come ci è stato fatto notare da taluni filosofi), sarebbe anche l’essere che ci accoglierà nell’aldilà perché – non dimentichiamolo – uno dei dogmi della religione è che dopo la nostra morte qualcosa di noi sopravviverà, non certo il nostro corpo, che andrà in putrefazione, non certo i nostri pensieri e ricordi, che – essendo immagazzinati nelle nostre cellule cerebrali – seguiranno la stessa sorte del nostro corpo, ma qualche cosa (che nessuno sembra in grado di spiegare che cosa, da cui la necessità di “avere fede”) continuerà a esistere, un credo che, per farla breve, è molto più facile consolidare nella mente delle persone se queste ultime vengono indottrinate dall’età di quattro anni (quando la loro mente è particolarmente malleabile e impressionabile) e fondamentalmente traumatizzate nel credere che se la loro mente razionale dovesse un maledetto giorno prevalere sulla loro fede, ciò che li attende nell’aldilà è un’eternità di agonia, sofferenza e dolore somministrata da un dio caritatevole e d’infinita bontà?
No.
D’altronde, se dovesse risultare che stiamo sbagliando, e se dio risultasse essere un’entità reale, preferiremmo fosse dio a rivelarsi a noi vis-à-vis (perché siamo così riluttanti a applicare a dio i pronomi personali “lui” o “lei”?), né siamo interessati a dover sentire tali rivelazioni da terzi, le quali – come avrete capito – includono citazioni di scritture, seguite da obbligatori riferimenti a San Paolo sulla via di Damasco, all’incredulo San Tommaso, e tanti altri santini sempre a portata di mano nell’arsenale di ogni buon cattolico italiano che si rispetti.
Fino a quando tale epifania continuerà a ostinarsi a non avvenire, ci limitiamo a ritenere la religione uno strumento di controllo e (state pronti per la controversa eppur calzante metafora) oppio dei popoli.
Sì, d’accordo, siamo consapevoli che questa definizione è attribuita a Moses Hess, ateo comunista e collaboratore di Karl Marx. Vuol questo dire che siamo dunque di sinistra?
E se tralasciassimo le etichette per il momento?
Che dire, speriamo perlomeno che la nostra non-risposta abbia saziato in alcuni l’astinenza dalla pillola quotidiana di storia, senza peraltro fornire alcunché di utile (due prerogative che prevediamo caratterizzeranno certe altre non-risposte che riceveremo noi).
Un caloroso saluto,

Rinaldo Francesca, 05/11/09, Guy Fawkes Day