Saturday 17 December 2011

Il 'Chi?' Errante - parte 1

Eccovi la prima parte di un'intervista che ho fatto all'amico, musicista, pensatore e attivista Gilad Atzmon a settembre (peraltro già apparsa sul suo sito).
A breve – tempo permettendo – una versione sottotitolata.

Friday 2 December 2011

Thursday 10 November 2011

Con quella faccia un po' così

Reperiamo e pubblichiamo.

da http://www.blogghete.altervista.org

Nel dramma dell’Italia e del suo lento colare a picco nel mare del debito, mentre tutt’intorno emergono dalle acque le pinne dorsali a triangolo degli squali del FMI, la cosa più angosciante è la sensazione di totale abbandono che ogni passeggero della nave sperimenta quotidianamente.

E’ una sensazione che riguarda ogni ambito della vita politica e sociale. Il comandante si è rinserrato nella sua cabina, scruta fisso l’oceano che si avvicina metro dopo metro e non sa cosa diavolo fare. Così trascorre il tempo a cazzeggiare con i primi e secondi ufficiali, a lucidare le lampade argentate, a spolverare la poltrona di comando. Spesso si affaccia all’oblò e saluta sorridendo i branchi di squali che gli mostrano i denti dall’acqua sottostante, convinto che anche quello sia un sorriso. Tutt’intorno i passeggeri si accalcano alle scialuppe, si gettano in acqua tra le fauci dei pescecani, corrono come impazziti su e giù per i ponti, annegano nelle stive e nelle cuccette già invase dall’acqua. I timonieri superstiti suonano il violino. Il capitano prepara quietamente il discorso, ricolmo di pathos e di toccanti richiami alla democrazia e alla fratellanza, che dovrà tenere dinanzi al consesso dei pesci nei minuti che seguiranno. Sembra sicuro di riuscire a convincerli, con la sua abile retorica e la sua sopraffina strategia dialettica, a non divorarlo o perfino ad affidargli un battello con cui raggiungere la terraferma.

La settimana scorsa le Cinque Terre e la Val di Vara sono finite sott’acqua. E’ una zona splendida, forse la più bella d’Italia, che conosco e frequento da molte estati. Questo agosto avevo affittato una casa per le vacanze a Brugnato, in val di Vara, uno dei paesi finiti in bocca ai pesci con le piogge autunnali. Il paesino, originariamente insediamento montano dei monaci colombiani di Bobbio, era un piccolo miracolo di amministrazione virtuosa: con gli scarsi fondi che lo stato fornisce in tempi di naufragio, era riuscito a ristrutturarsi completamente e a diventare un polo d’attrazione turistica per l’intera regione. Casette ridipinte di giallo e di rosso, con un look vagamente svizzero; valorizzazione dei luoghi d’interesse storico e turistico; eventi artistico-religiosi sommamente suggestivi, come la festa del Corpus Domini, nel corso della quale il paese viene letteralmente moquettato da un tappeto di petali di fiori; eventi musicali e di animazione organizzati ogni sera nella piazza centrale. La casa che avevo affittato si affacciava proprio sul palco canoro, cosa che consideravo una gran rottura di zebedei, visto che fino a mezzanotte le cover band di De Andrè e Gino Paoli non mi lasciavano dormire. Ma era un miracolo, invece! Come aveva fatto un paese così piccolo, in epoca di vacche magre, ad amministrarsi con tanto criterio?

Ora osservo sconsolatamente sul web le foto dei luoghi in cui passeggiavo con le bambine quest’estate: sono sommersi dal fango, ricoperti di sterpi ritorti, costellati di carcasse di autoveicoli affastellati l’uno sull’altro dalla furia del fiume. Un tempo ci sarebbe stata una mobilitazione nazionale dei soccorsi, la stampa sarebbe inorridita, ministri avrebbero rischiato la poltrona. Oggi i ministri, tra una serata al night e un invito a Ballarò, discutono dei sogghigni di Sarkozy e della Merkel, mentre la gente di Brugnato scava tra i detriti delle proprie vite.

Ieri è toccato a Genova mutarsi in una riproduzione in scala urbana del suo celeberrimo acquario. Non è una novità, i genovesi mi dicono che da quelle parti le alluvioni sono un appuntamento fisso, come il Carnevale dell’Acquasanta. Quest’anno il carnevale, a giudicare dalle immagini che vedo sul web, sembra essere stato più vivace che negli anni passati, ma non è questo il punto. Il punto è che in cabina di comando si discute di terzi poli, di pomicini e di stracquadàni, mentre i pesci sguazzano per le strade. I capitani non si preoccupano minimamente del destino della città, ma al contrario elaborano imperterriti nuove strette sui finanziamenti, nuovi tagli, nuovi sacrifici con cui colpire i naufraghi che tentano disperatamente di restare a galla. Il capo dello stato, tuonando severo dall’alto della coffa, fa sapere che occorre un atto di responsabilità: non è più possibile deludere le aspettative degli squali, perbacco! Che figura ci faremmo con l’Unione Ittica Continentale?

A Roma, i treni dei pendolari vengono soppressi e quei pochi che restano sono presi d’assalto da torme di travet che si accalcano l’uno sull’altro per conquistare una speranza di salvezza, come l’equipaggio del Titanic. Ma le porte automatiche sono guaste, non si aprono, e i passeggeri più olimpionici devono entrare dai finestrini.

In tutta Italia si moltiplicano le manifestazioni e le piccole sommosse, a suon di striscioni, lanci di uova, imbrattamento graffitico di portoni, scasso di vetrine e abbrustolimento rituale di cassonetti. Lo si fa per protestare contro la voracità degli squali, che però stranamente non sembrano affatto allarmati da cotanto fracasso. Lo osservano immobili a pelo d’acqua, con gli occhietti vitrei che pregustano i lanci di derrate dalla cambusa, i bocconi di tumultuante scaraventato fuoribordo nella calca da assaggiare come antipasto. I caporioni del parapiglia osservano soddisfatti lo sfascio di vele e paratìe con cui hanno democraticamente espresso il proprio dissenso. Sulle loro schiene, sotto le magliette del Che, si notano strane escrescenze triangolari, che si direbbero pinne se non si trattasse di un pensiero assurdo e sicuramente fascista. Il capitano, a braccetto col cappellano di bordo, improvvisa una danza sul ponte, cantilenando la canzoncina che fa: “La violensa! Che brutta la violensa! Non cedete alla violensa!”. E tutti battono le mani.

Anche nel mio quartiere piove e siamo tutti in attesa dello straripamento del local ruscelletto, grazie al quale potremo finalmente dichiararci membri a pieno titolo della fratellanza di tritoni che popola oggi questa nazione pluviale. Nel frattempo, la posta ha smesso di arrivare. L’ufficio postale, visti i rincari sulla benzina, ha deciso di far viaggiare i suoi portalettere su biciclette e motorini, che però quando piove sono forieri di incidenti, polmoniti e assenze per malattia, assai fastidiose da gestire. Meglio dunque bloccare ogni consegna in attesa del bel tempo. In compenso continuano ad arrivare, in grande abbondanza, le cartacce pubblicitarie, i cui latori, in cambio di una scodella di minestra, lavorano con qualunque situazione meteorologica. La fame è madre dell’efficienza, proclamano i pescecani, con piglio austero. I capi ufficiali si guardano l’un l’altro con la bocca inarcuata a ferro di cavallo, annuendo vigorosamente col capo. Quanta saggezza in queste splendide bestie!

Nella scuola in cui ancora miracolosamente lavoro, diverse riunioni di classe sono già state tributate a problemi di fondamentale importanza didattica. Mancano i fogli per le fotocopie, che ogni insegnante propone di sostituire e/o razionare con i criteri più immaginifici. Mancano i soldi per fornire le ore di sostegno ai disabili gravi, ore già in parte coperte con personale delle cooperative di servizi, che costa molto meno di un insegnante specializzato. I genitori non hanno i soldi per acquistare i libri ai ragazzi e circa il 40% degli alunni del polo scolastico, a inizio novembre, è ancora privo dei testi didattici.

Siamo una scuola fortunata. Ho letto di istituti in cui anche gli insegnanti di italiano, matematica, inglese, iniziano ad essere sostituiti con il meno esoso personale delle cooperative. Nel mio futuro scorgo con chiarezza il caporalato didattico. Docenti di latino e di chimica si ritroveranno, alle prime luci dell’alba, nella piazza centrale del paese, in attesa del furgoncino della cooperativa che arriverà smarmittando per caricarli sul cassone a quindici per volta e poi trasportarli sui luoghi di lavoro. Forse il furgone sarà un vecchio 238 Fiat di colore beige, come quello che utilizzavo da ragazzo per sgomberare le cantine e guadagnarmi i primi soldini per l’affitto. Sarà come tornare giovani.

Mentre il transatlantico s’inabissa, l’orchestra continua a suonare, come da contratto. Ma è una musica aliena, attutita, distorta. Sembra uscire dai recessi dell’oceano e seguire uno spartito redatto da un Beethoven con le branchie. Qualche passeggero protesta per il repertorio, mentre gli squali, nel mare che si avvicina inesorabile, improvvisano in girotondo un’allegra danza andalusa. Gli ufficiali non comprendono le proteste, non le ascoltano nemmeno. Scrutano il contestatore con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, di chi ripone nelle mascelle degli elasmobranchii l’aspettativa di un futuro radioso. Cosa va blaterando questo folle? Non vede che i ristoranti sono pieni? E additano distrattamente, con deittica argomentazione, la superficie scura e gelida dell’oceano, dove un branco di pescecani dai denti scintillanti, satollo e imperturbabile, è già in procinto di ordinare il dessert.

Qui l'articolo originale

Sunday 25 September 2011

Alto tradimento, barbarie e l'importanza della Convenzione di Ginevra in Libia

da Human Rights Investigations

Sabato 17 settembre, come riporta Al Jazeera, Ahmed Bani, il portavoce militare del governo di transizione, ha dato un ultimatum alle truppe dell'esercito ancora leali a Gheddafi, dando loro un'ultima chance di unirsi alle fila dei combattenti ribelli:

I soldati e ufficiali che ignoreranno questa esortazione saranno accusati di alto tradimento”.

L'invocazione di alto tradimento in un teatro di guerra civile (“in un conflitto armato non-internazionale”) è una manovra altamente discutibile studiata per negare gli obblighi legali nei confronti degli avversari, che sarebbero obbligatori sotto il diritto umanitario internazionale, le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i Protocolli Addizionali del 1977.

Vale la pena cogliere l'ironia, visto che:

1. L'Oran, dizionario legale, (1983) definisce alto tradimento come “[…] l'azione di un cittadino per aiutare un governo straniero a rovesciare, muovere guerra contro, o seriamente danneggiare la propria nazione”.

2. È stato dichiarato che fu proprio la prospettiva che il vecchio governo facesse un uso eccessivo della forza nel reprimere la rebellione a motivarla.

I pericoli del percorso intrapreso da Ahmed Bani (e i suoi consiglieri NATO, presumibilmente) consistono nel fatto che questo tipo di azione (e ciò è ampiamente dimostrato dagli annali della storia), tende a condurre a situazioni in cui entrambi i lati

cadono nella barbarie e cercano di superarsi a vicenda in efferatezze e rappresaglie” (Bluntschli, Das moderne Völkerrecht der civilisirten Staaten als Rechtsbuch dargestellt, 1868,288, para.512)

Le Convenzioni di Ginevra

L'articolo 3 della Convenzione di Ginevra del 1949 delinea uno standard minimo per fazioni opposte in un conflitto civile:

Nel caso in cui un conflitto armato privo di carattere internazionale scoppiasse sul territorio di una delle Alte Parti contraenti, ciascuna delle Parti belligeranti è tenuta ad applicare almeno le disposizioni seguenti:
Le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri delle forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità, senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole che si riferisca alla razza, al colore, alla religione o alla credenza, al sesso, alla nascita o al censo, o fondata su qualsiasi altro criterio analogo.A questo scopo, sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate:

a. le violenze contro la vita e l'integrità corporale, specialmente l'assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;

b. la cattura di ostaggi;

c. gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti;

d. le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili.

I feriti e i malati saranno raccolti o curati.

Date le situazioni sul campo in Libia, la certezza di ulteriori atrocità se non si converranno un cessate-il-fuoco e una soluzione negoziata, e e i rischi reali di genocidio contro alcune tribù, Human Rights Investigations ancora una volta domanda a gran voce un'immediata cessazione dei bombardamenti NATO (che purtroppo sono stati estesi recentemente), un cessate-il-fuoco e una fine negoziata a questo conflitto.

Link:
http://humanrightsinvestigations.org/2011/09/22/high-treason-barbarity-geneva-convention-in-libya

Tuesday 20 September 2011

LA CIA rassicura i banchieri: con un po' di PR tutto è possibile

di Rinaldo Francesca

Fate attenzione bambini, questi sono momenti solenni: e ricordatevi che domani ricorre la Giornata Mondiale del Vogliamoci Bene o Roba del Genere, noi di Àp0ti siamo lieti di annunciarvi – non senza un obbligatorio, emotivo magone alla gola.
E, alla luce di questo commuovente aggiornamento, drizziamo un po' le orecchie e ascoltiamo quanto hanno da dirci coloro che – a rischio di rovinarci la festa – ci ricordano che c'è poco da star tranquilli, sapete, con tutto quel fermento che bolle e preoccupa da quelle parti là, in Jihadi-land.
Infatti, non più tardi di una settimana fa, un David Petraeus dalle ciglia aggrottate ci ricordava che “Al Qaeda nella Penisola Araba, o AQAP [per gli amici], è emersa come il nodo regionale più pericoloso nella jihad globale”. [1]
Ma certo David, tu sì che sai dire certe cose come vanno dette, e cioè nel modo più saggio e sicuro per far carriera: ci sembra solo ieri quando quattro anni fa, nella trepida attesa di un tuo giudizio sull'andamento dell'aggressione in Iraq – giudizio che ci veniva fatto credere avrebbe finalmente rivelato se la decisione di mandare ulteriori 30 mila truppe USA in Iraq fosse o non fosse stato efficace per “rappacificare il paese” (???) – tu ci sorprendesti con un assessment che miracolosamente riusciva ad accontentare tutti! Sì, come dire, ehm, c'erano stati dei progressi... ma non abbastanza per precipitare un rimpatrio... No, l'invio delle truppe era stato perlopiù un fallimento... ma non abbastanza da poter dire che non fosse stata una decisione necessaria... [2]
Un capolavoro di risposta, David!
Queste, vedi, sono le cose che permettono una rapida promozione: tu sì che hai imparato la lezione – mica come quel cialtrone del tuo collega, generale Stanley McChrystal, che commise il fatale errore di dire ciò che pensava... e adesso di lui non si sa più niente. [3]
E, a voler delineare una sorta di causa-effettto che colleghi quei giorni con oggi, si potrebbe dire che furono proprio quelle tue oculate parole a tracciare il futuro della tua carriera (da comandante delle forze US a direttore della CIA) e dell'ormai sempiterna occupazione dell'Iraq (46000 unità a tutt'oggi ancora in Iraq, anche se si biascica di ridurle a 5000, più naturalmente decine di migliaia di mercenari privati, un'ambasciata delle dimensioni del Vaticano e 47 basi militari USA). [4]
Niente male, hey?
Ordunque, adesso Petraeus torna alla carica, cantandoci nuovamente la sua hit di successo (cavallo che vince non si cambia), che suona pressapoco così: abbiamo-fatto-progressi-eppure-in-qualche-modo-il-pericolo-è-adesso-maggiore.
Capito? O devo spiegarvelo più lentamente?
Senonché oggi il bersaglio è lo Yemen, dove AQAP ha potuto “cooptare le tribù locali ed estendere la sua influenza, [ragion per cui] dobbiamo chiaramente intensificare la nostra collaborazione e negare ad AQAP il covo che sta cercando di stabilire”.
Chiaramente.
Nulla a che vedere, per carità, con il fatto che lo Yemen sia ancora una delle poche – e sempre più poche – nazioni a non essere ancora consegnata mani e piedi al cartello bancario internazionale: nazioni di cui faceva parte anche la Libia (con Banca Centrale Libica saldamente nelle mani dello stato) fino a che i “ribelli” non hanno messo a posto le cose a marzo, fondando (ancora in piena guerra civile) la loro banca centrale [5], che il governo USA ha immediatamente riconosciuto come l'unica intermediaria “legittima” per il futuro dell'economia libica.
Oh certo, diamo tempo al tempo: sappiamo che l'anno scorso Masood Ahmed, direttore del dipartimento del Fondo Monetario Internazionale per Medio Oriente e Asia Centrale era in visita in Yemen per sbolognare un programmino di vari aggiustamenti strutturali, modifiche di politiche fiscali e di tariffe [6] e che, di ovvia conseguenza, i cittadini yemeniti possono dormire tra due guanciali. Tuttavia, dettaglio fastidioso, lo Yemen continua a non essere membro della Banca dei Regolamenti Internazionali (così come non lo era la Libia sino a pochi mesi fa)... No, macché, tutta una coincidenza! Cosa andiamo a pensare...
Così come è naturalmente una coincidenza che, ad una settimana dal discorso di Petraeus apprendiamo che, puntuali come eccellenti attori che abbiano appena ricevuto il segnale dal regista, si stanno sempre più intensificando le proteste per le strade (fomentate adesso da elementi dell'esercito che sono passati dall'altra parte - ma tu guarda!), così come la repressione da parte del governo. [7]
E può essere solo una coincidenza che tutto questo stia avvenendo sullo sfondo di un sempre maggior numero di attacchi USA in Yemen mediante aeromobili a pilotaggio remoto. [8]
Raccontaci Petraeus, è già arrivato il momento di “distruggere il paese per poterlo salvare”, nelle parole del poeta? A quando l'escalation? Sì, lo sappiamo: i banchieri sono impazienti, e a te è toccato il duro compito di tranquillizzarli, dire loro che non si può procedere senza aver prima condizionato e indottrinato la mente di noi – pubblico ignorante – sulla necessità sacrosanta di passare alle maniere forti anche in Yemen. Ci vorrà del tempo, ce ne rendiamo conto. E allora fa' del tuo meglio, e mi raccomando Petraeus: le public relations di questa nuova “guerra di percezioni”, per usare le tue parole, sono nelle tue mani: non ci deludere!

[1] Al-Qaeda in Arabian Peninsula 'most dangerous', The Telegraph, 13 settembre 2011, disponibile su:
http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/al-qaeda/8760342/Al-Qaeda-in-Arabian-Peninsula-most-dangerous.html
[2] Suzanne Goldenberg:
Petraeus tells troops: surge has not worked out as we had hoped, The Guardian, 8 settembre 2007, pubblicato qui:
http://www.guardian.co.uk/world/2007/sep/08/usa.iraq
[3] Michael Hastings:
The runaway general, Rolling Stone Magazine, 22 giugno 2010, reperibile su:
http://www.rollingstone.com/politics/news/the-runaway-general-20100622
[4] Greg Jaffe:
Obama wants to keep 3,000-5,000 U.S. troops in Iraq into 2012, The Washington Post, 8 settembre 2011, disponibile qui:
http://www.washingtonpost.com/world/national-security/obama-wants-to-keep-3000-5000-us-troops-in-iraq-into-2012/2011/09/07/gIQAcnkhAK_story.html
[5] Bill Varner:
Libyan Rebel Council Forms Oil Company to Replace Qaddafi’s, Bloomberg News, 22 marzo 2011, pubblicato su:
http://www.bloomberg.com/news/2011-03-21/libyan-rebel-council-sets-up-oil-company-to-replace-qaddafi-s.html
[6] Vedere:
http://www.imf.org/external/np/country/notes/yemen.htm
[7]
Yemen unrest: Saleh forces 'shell Sanaa protest camp', BBC News, 20 settembre 2011, reperibile qui:
http://www.bbc.co.uk/news/world-middle-east-14982712
[8] Karen DeYoung:
U.S. increases Yemen drone strikes, The Washington Post, 17 settembre 2011, disponibile su:
http://www.washingtonpost.com/world/national-security/us-increases-yemen-drone-strikes/2011/09/16/gIQAB2SXYK_story.html

Friday 16 September 2011

Gilad Atzmon: messaggio di pace e uguaglianza

Quando ero un giovane israeliano credevo nell'ethos sionista, mi consideravo una parte integrante del moderno progetto del revival ebraico. Vedevo me come parte della storia ebraica, e la storia ebraica come un'estensione di me. Da giovane israeliano, cresciuto all'indomani della Guerra dei Sei Giorni del 1967, vedevo me stesso e la gente attorno a me come una coscienza collettiva in evoluzione, impegnata a combattere una battaglia rivoluzionaria all'insegna della giustizia storica.
Mi ci volle un po' per rendermi conto che il mio progetto di revival storico era in realtà una catena di punti oscuri. Mi ci vollero diversi anni per capire di essere io stesso un punto oscuro. Ricordo, alle scuole superiori, la mia visita al Yad Vashem, il museo israeliano dedicato all'Olocausto che si trova vicino a Deir Yassin, un villaggio palestinese i cui abitanti furono sterminati nel 1948. Avevo quattordici anni all'epoca. Domandai all'emotiva guida turistica se fosse in grado di spiegarmi il fatto che così numerosi europei odiassero gli ebrei così tanto, e in così tanti posti diversi contemporaneamente. Fui sospeso da scuola per una settimana. Eppure, a quanto pare, non imparai la giusta lezione perché, quando ci ntrovammo a studiare le accuse del sangue medievali, ancora una volta mi domandai ad alta voce come l'insegnante potesse mai essere certo che queste accuse, secondo le quali gli ebrei trasformavano il sangue di giovani goyim in matza, fossero effettivamente vuote e senza fondamento. Nuovamente fui mandato a casa per una settimana. Durante la mia adolescenza passai la maggior parte delle mie mattinate a casa piuttosto che in classe.
Per quanto fossi un giovane scettico, ero anche orripilato dall'Olocausto. Negli anni '70, i sopravvissuti dell'Olocausto facevano parte del mio panorama sociale. C'erano i nostri vicini – li incontravamo in serate tra famiglie, in classe, in politica, nei negozi dietro l'angolo. Erano parte della nostra vita. I numeri scuri, tatuati sulle loro braccia non sbiadivano mai. Ciò ha sempre avuto un effetto agghiacciante. Tuttavia devo far presente che non ricordo un solo sopravvissuto dell'Olocausto che abbia mai tentato di manipolare le mie emozioni. Recentemente ho parlato con un amico scozzese che era partito volontario per andare a lavorare in un kibbutz negli anni '70. Quel kibbutz era noto per la sua alta concentrazione di sopravvissuti dell'Olocausto. Il mio amico scozzese mi ha reso noto di quanto gli fosse piaciuta quell'esperienza, passata a lavorare e confrontarsi con quei sopravvissuti. Erano per la maggior parte molto silenziosi ed educati, non usavano mai il loro passato per farsi belli. Quelli che non riusciva proprio a sopportare erano i giovani israeliani. La mia esperienza era molto simile: per ciò che posso testimoniare io, sono sempre stati i sedicenti figli, figlie e nipoti i sopravvissuti a strumentalizzare l'Olocausto come argomento politico, o per esigere qualche forma di favoritismo.
Ha ragione lo storico americano Norman Finkelstein a dichiarare che Israele ha trasformato l'Olocausto in uno strumento politico nel 1967, quando aveva bisogno di un pretesto 'etico' in quanto occupante non etico. Devo ammettere che, persino quando ero un giovane nazionalista, mi sono sempre sentito a disagio con l'Olocausto. All'epoca pensavo che gli ebrei non dovessero vantarsi così tanto di essere detestati.
Fu proprio l'interiorizzazione del significato dell'Olocausto a trasformamri in un forte oppositore di Israele e dell'ebraicità. Fu l'Olocausto che alla fine mi rese un devoto sostenitore dei diritti dei palestinesi, della loro resistenza e del loro diritto al ritorno. Nel 1984, da soldato, durante una breve visita al campo di concentramente di Anzar, in Libano, mi resi conto di essere dal lato sbagliato.
Mi è stato anche fatto notare che il mio atteggiamento critico nei confronti del sionismo può persino essere visto come un grande successo del sionismo stesso, che prometteva di creare un dibattito 'libero', aperto, razionale e liberale. Anzi, da buon israeliano, non mi trattengo, né ho peli sulla lingua. Come se ciò non bastasse, non è certo un segreto che ho tutta l'aria – e l'accento – di un israeliano. Può anche darsi che queste siano qualità necessarie per poter capire la mentalità, la politica, l'identità e la cultura israeliane. Fra le più prolifiche voci critiche di Israele e dell'ebraicità troverete israeliani ed ex-israeliani come Israel Shahak, Israel Shamir, Gideon Levi, Shimon Tzabar, Shlomo Sand, Avrum Burg, Amira Hess, Uri Avneri, Tali Fachima, Mordechai Vanunu, Nurit Peled e altri ancora. Immagino che ci debba pur essere qualche cosa di positivo nel patrimonio sionista, se è riuscito a produrre tali e tante voci critiche. I media israeliani cercano costantemente di trascinarmi in un dibattito. Sembrerebbe dunque che esista un elemento di apertura all'interno della realtà sionista.
Da giovane ebreo israeliano laico, credevo entusiasticamente nella possibilità di trasformare il carattere ebraico in un 'collettivo civilizzato e autenticamente umanista'. Credevo di farne parte io stesso. E poi capii, attraverso un lungo e doloroso processo, che Israele non avrebbe mai prodotto 'l'ebreo umanista'. Era troppo impelagato in un colossale peccato ed era troppo arrogante per salvarsi dalle proprie circostanze, irrimediabilmente condannate. Mi resi conto che, se ero realmente entusiasta nei confronti dello stile di vita dei goyim, mi sarebbe semplicemente convenuto lasciarmi Israele alle spalle, vivere in mezzo ai goyim e cercare persino di diventarlo io stesso. E così feci. Finora non mi sono mai voltato indietro con rimpianto. Sono perfino fiero di quelle contraddizioni che sono riuscito a conservare.
Suppongo che terminare questo libro senza un tentativo di riappacificazione o riconciliazione sarebbe un'opportunità mancata: inutile dire che non mi aspetto da un momento all'altro una soluzione da queste 'negoziazioni di pace'.
Immaginate che un membro del parlamento israeliano si svegli una mattina con un'insolita determinazione a realizzare la pace autentica. Nelle ore piccole del mattino, la saggezza si deposa su questa persona. Si rende conto che Israele è in realtà la Palestina: si è esteso sopra alla Palestina storica ai danni dei palestinesi, le loro fonti di sustentamento e la loro storia. Capisce che i palestinesi sono i nativi di quella terra e che i razzi che sparano ogni tanto non sono altro che lettere d'amore indirizzate ai villaggi, agli aranceti, alle vigne e alle terre che gli sono state rubate. Il nostro immaginario parlamentare israeliano si rende conto che il cosiddetto conflitto israelo-palestinese può risolversi in 25 minuti, una volta che entrambi i popoli abbiano deciso di vivere insieme. In linea con la tradizione israeliana dell'unilateralità, viene immediatamente convocata una conferenza stampa lo stesso giorno alle 14:00. Sotto l'influenza di questo nuovo senso di giustizia, il/la parlamentare annuncia al mondo e alla sua gente che 'Israele comprende le sue uniche circostanze e la sua responsabilità per la pace nel mondo. Israele richiama i palestinesi, affinché possano ritornare nelle loro case. Lo stato ebraico diventerà lo stato dei suoi cittadini, dove tutte le persone godranno degli stessi diritti'.
Sebbene scioccati dall'improvvisa mossa di Israele, gli analisti politici attorno capiscono ben presto che, considerando che Israele rappresenta le comunità ebraiche nel mondo, una semplice iniziativa pacifica di tale portata non si limiterà a risolvere il conflitto in Medio Oriente, ma metterà anche fine e due millenni di reciproco sospetto e risentimento fra cristiani ed ebrei. Alcuni accademici, ideologi e politici israeliani di destra si uniscono alla rivoluzionaria iniziativa e dichiarano che un simile, eroico atto unilaterale da parte di Israele potrebbe diventare la sola e unica realizzazione del sogno sionista, poiché non solo gli ebrei sono ritornati a quella che che affermano essere la loro terra storica, ma sono anche riusciti, finalmente, ad amare i loro vicini ed esserne in cambio amati.
Per quanto emozionante sia quest'idea, non dovremmo apsettarci che una cosa del genere succeda di qui a poco, perché Israele è lo stato ebraico, e l'ebraicità è un'ideologia etno-centrica, motivata da esclusivismo, eccezionalismo, supremazia razziale e un'insita e profonda tendenza alla segregazione.
Perché Israele e gli israeliani diventino come tutti gli altri, devono prima essere eliminate tutte le tracce d'ideologia sulla superiorità razziale ebraica. Perché lo stato ebraico si metta a guidare l'iniziativa di pace, deve prima essere de-sionizzato – dovrebbe per prima cosa cessare di essere lo stato ebraico. Similmente, anche il nostro immaginario parlamentare israeliano deve essere de-sionizzato perché possa muovere i passi verso la pace.
Come stanno adesso le cose, lo stato ebraico è categoricamente incapace di guidare la regione verso la riconciliazione. Gli mancano gli ingredienti necessari per pensare in termini di armonia e riconciliazione. Le uniche persone in frado di portare la pace sono i palestinesi, perché la Palestina, contro ogni aspettativa, e nonostante interminabile sofferenza, umiliazioni e oppressione, è ancora una società etica ed ecumenica.
Per quanto riguarda gli ebrei, alcune domande rimangono. Può il discorso sull'identità ebraica liberarsi di questa auto-imposta tirannide ideologica e spirituale? Può la politica ebraica allontanarsi dalle logiche di supremazia? Possono ancora salvarsi gli ebrei? La mia risposta è semplice: perché l'ideologia ebraica si universalizzi, e perché gli ebrei si evolvano e si emancipino, deve avvenire un viogoroso e onesto processo di auto-riflessione. Che gli ebrei possano o meno buttarsi in una simile impresa critica resta ancora una domanda aperta. Non conosco la risposta, immagino che alcuni possano, altri no. Vorrei sperare, però, che questo libro fornisca un buon primo passo.

Tratto dal libro Il 'Chi?' Errante, settembre 2011, Zero Books, Londra.

Sunday 11 September 2011

Roberto Quaglia: Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sull’11 settembre 2001, ma che non avete mai osato chiedervi

Quale occasione migliore per rispolverare questo saggio, scritto da Roberto Quaglia otto anni orsono? Qui sotto ne ritrovate un estratto, che speriamo invogli quei quattro gatti che ancora non l'hanno letto a leggere l'intero saggio, reperibile qui. Raccomandiamo inoltre l'acquisto del libro Il Mito dell'11 Settembre, dove il tema viene trattato in 500 pagine mozzafiato.

La popolazione mondiale raddoppia ogni trent'anni circa. E' un aumento esponenziale che inevitabilmente condurrà prima o poi (più prima che poi) ad una catastrofe globale con centinaia di milioni — o miliardi — di morti, a meno che non si riesca ad arrestare subito l'aumento della popolazione nei paesi del terzo mondo. E' un problema assai noto soprattutto nella comunità degli appassionati di fantascienza, poiché molti scrittori SF lo hanno ampiamente trattato da mezzo secolo a questa parte. Il problema è che l'unico sistema realistico per arrestare l'aumento della popolazione in un paese povero è quello di elevare sensibilmente il livello di benessere delle persone così che i figli vengano a rappresentare, come da noi, un costo anziché una risorsa. Questa, che sarebbe l'unica soluzione realistica, è tuttavia irrealizzabile per tre motivi fondamentali: 1. Mancanza di risorse a livello globale 2. Mancanza di paesi residui da depredare (il nostro benessere attuale è fondato sullo sfruttamento delle risorse e del basso costo del lavoro dei paesi poveri — se tutti al mondo diventano benestanti, chi si sfrutta per generare tanto benessere?) 3. Se anche fosse possibile, contro ogni legge fisica, elevare il livello di vita di tutti i paesi poveri ai nostri standard (o anche solo a metà o un terzo dei nostri standard), la società umana soccomberebbe immediatamente sotto il peso di inquinamento, scomparsa di tutte le foreste, effetto serra ed altre eclatanti catastrofi. E comunque, se per ipotesi anche resistesse qualche anno, poi finirebbe di colpo il petrolio e allora finalmente tanti saluti a tutti. Un recente articolo titolato Earth Will Expire by 2050(36) riporta uno studio del WWF secondo il quale nel 2050 comunque non ci sarà più pesce negli oceani, non ci saranno più boschi e foreste, l'acqua potabile sarà poca e imbevibile ovunque e ci vorranno altri due pianeta Terra per fornire le risorse necessarie alla società umana per sopravvivere nel modo attuale. Figuriamoci se ci si mettesse anche il Terzo Mondo a consumare come noi! La bomba è innescata e la miccia si sta rapidamente consumando. Tra poco scoppia.
In pratica, nel mondo reale, non c'è soluzione ai noti problemi e la strada verso la catastrofe naturale è in discesa e senza bivi.
Bene. Cioè, pazienza. Insomma, cosa possiamo farci io o te? Spassarcela finché dura.
Cambiamo però punto di vista. Tu non sei più chi sei. Tu sei un altissimo funzionario del Pentagono o della CIA. Tu sai queste cose e come te le sanno i tuoi colleghi. I migliori analisti e scienziati te le hanno ripetute alla nausea — è mezzo secolo che lo vanno ripetendo a te e ai tuoi predecessori, anche se (forse) non ti suggeriscono le soluzioni. Perché soluzioni accettabili non ce ne sono. Sai che già nel 1974 Kissinger aveva raccomandato alla direzione della CIA di perseguire la riduzione della natalità nei paesi del terzo mondo,(37) cosa che non è stata fatta. Sai che la bomba demografica è innescata e prima o poi scoppierà devastando — come è inevitabile — la floridità ed eventualmente anche la sopravvivenza del tuo paese, forse addirittura della stessa civiltà umana. Sai che il petrolio non è illimitato, che si sta rapidamente consumando, che con l'aumento demografico e l'industrializzazione di nuove nazioni (esempio Cina) esso si consumerà sempre più rapidamente e che quando inizierà ad essercene troppo poco per i bisogni di tutti una guerra globale per il controllo delle ultime riserve sarà inevitabile, dato che nessuno vorrà spontaneamente rinunciare al proprio benessere. Sai che solo pochi decenni ci separano da questo scenario da fine del mondo — non migliaia o milioni di anni, solo poche decine. Sai che la catastrofe naturale, quando avverrà, completamente incontrollata, non potrà che uccidere miliardi di persone in tutto il mondo. Ti sei chiesto per anni se piuttosto non fosse preferibile una catastrofe progettata e controllata. Sai di non avere scrupoli facili. Per la devozione verso l'idea che hai del tuo paese (non disgiunta da una corretta porzione di interesse personale) hai già accettato l'idea di uccidere più di tremila tuoi compatrioti a Manhattan e al Pentagono allo scopo di ottenere carta bianca dal tuo popolo per il perseguimento nel mondo degli interessi americani. Un sacrificio doloroso, ma necessario. E dire che per ridurre al massimo le perdite di vite umane hai pianificato l'attentato di primo mattino, quando il grosso dei 50.000 individui che quotidianamente affollano le Torri Gemelle non è ancora sul lavoro; un terrorista come si deve avrebbe agito a metà giornata, ma tu non sei un terrorista. Sei un patriota che si rende conto che un grande potere implica una grande responsabilità (lo dice anche l'Uomo Ragno), e che la vita dei singoli è irrilevante paragonata al benessere e alla sicurezza del gruppo e delle generazioni future. Hai accettato di invadere paesi lontani uccidendo decine di migliaia dei suoi abitanti. Come ad un becchino o ad un chirurgo, la morte altrui non ti fa più effetto. Il problema dell'esplosione demografica ti ossessiona, soprattutto in relazione alle disponibilità di petrolio, perché sei un individuo razionale e sei allenato a vedere le conseguenze a lungo termine degli eventi, delle decisioni e delle strategie. Sai anche cose che la gente normale non sa. Conosci i risultati delle ricerche sulla guerra biologica effettuate da altri reparti della tua organizzazione. Sai che già nel 1970 le tue Forze Armate hanno creato virus influenzali mutanti incrociandoli con virus che generano la leucemia acuta, così da ottenere una forma di cancro ad azione letale rapida in grado di propagarsi come l'influenza ad ogni starnuto. Ma questo lo sanno in molti. Tu sai molto di più. Tu conosci anche i risultati dei trent'anni di ricerche successive. Sai di avere in mano lo strumento per rinviare di almeno 100 anni il problema della sovrappopolazione. Decidere per la morte di individui lontani non ti fa effetto. Sei un soldato, è il tuo mestiere. Lo hai già fatto. Lo fai quotidianamente. Un milione o un miliardo, che differenza c'è? Sono solo numeri. Sarebbero morti comunque, dopo essersi riprodotti ed aver aggravato il problema. Le malattie sono una morte pulita, il mandante rimane invisibile.
A parte gli scherzi, ci si può sempre consolare con i seguenti argomenti:
1. Può darsi che la comparsa di una nuova malattia esattamente assieme la comparsa delle truppe americane in Iraq sia effettivamente solo una coincidenza; dopotutto ogni tanto le cose improbabili accadono davvero, c'è davvero qualcuno che vince alle lotterie (anche se non sei mai tu)
2. Se non è una coincidenza, può sempre darsi che si tratti solo dell'operazione tattica di paracadute mediatico menzionata sopra, e che non sia una prova generale per The Big One.
3. Se è una prova generale in vista dell'Operazione Sfoltimento Umanità, puoi sempre sperare che le armi biologiche utilizzate siano almeno abbastanza intelligenti (proprio come le bombe) da essere progettate per risparmiare te. E' infatti noto che ci sono ricerche per la creazione di gene specific bioweapons, in pratica virus in grado di colpire solo determinati gruppi etnici. In questo caso, tu non corri rischi. A meno che, per colmo di sfiga, il tuo DNA risulti non essere in linea con le nuove normative segrete in tema di DNA consentito, nel qual caso pazienza. E qualcosa mi dice che se non sei biondiccio, occhi azzurri, con la pelle chiara ed alcune lentiggini in faccia, qualche motivo per preoccuparti lo hai.
4. Puoi sperare che si tratti di una banale operazione di guerra bioeconomica. (sulla guerra bioeconomica parlo più avanti)
5. Chi scrive ciò che stai leggendo ha scritto anche parecchi libri di fantascienza. Questo può essere un argomento tranquillizzante. Oppure inquietante. A te la scelta.
Visto che il quadro della realtà che stiamo dipingendo assomiglia sempre di più ad uno scenario fantascientifico, tanto vale lasciarsi andare di seguito anche ad un paio di speculazioni prettamente fantascientifiche, più che altro per tirarci su il morale.
L'Operazione Sfoltimento Umanità vera e propria probabilmente non inizierà sino a quando la ricerca sui gene specific bioweapons non avrà raggiunto livelli di alto perfezionamento. Si potrà allora parlare di epidemie chirurgiche, ovvero epidemie mirate a distruggere discretamente solo specifiche razze o portatori di specifiche caratteristiche somatiche. Di fatto si parlerà di epidemie chirurgiche solo tra gli addetti al lavoro di sterminio, dato che al grande pubblico, per ragioni di correttezza politica (qualcuno potrebbe giudicare le epidemie chirurgiche come una procedura leggermente nazista), verrà presentata una realtà differente; la Realtà di un mondo da sempre difficile e crudele, nel quale però in epoca moderna la scienza eroicamente si erge a difesa delle nostre vite in una drammatica lotta contro il tempo tesa a scoprire nuove cure in grado di fronteggiare i nuovi mali della natura. Vaccini e medicine verranno di volta in volta realizzati giusto in tempo per permettere ai ceti più abbienti di investire in salute un po' dei loro denari. Al nobile scopo di finanziare la ricerca farmaceutica verranno create anche malattie croniche finalizzate a costituire un serbatoio di clienti-pazienti destinati a pagare a caro prezzo per il resto della loro vita le prodigiose medicine in grado di tenerli in vita (esattamente come già oggi avviene con l'AIDS — toh! un'altra coincidenza, ma come siamo fortunati oggi!). L'industria farmaceutica ha come propria missione quella di cronicizzare le malattie dei pazienti anziché curarle (per l'industria farmaceutica sarebbe un disastro se tutti guarissero davvero dai loro mali, come giustamente professa anche Beppe Grillo nei suoi sermoni underground, divenuti in Italia ormai uno dei culti della rete(39) e quando in futuro l'industria per la cura delle malattie potrà lavorare a braccetto con l'industria per la generazione delle stesse, ne vedremo delle belle! Ma... siamo certi che non le stiamo già vedendo?
Coincidenza o non coincidenza, la SARS ha curiosamente centrato il bersaglio di uno dei più pressanti e controversi problemi che l'America si ritrova a fronteggiare oggi: l'emergere della Cina come nuova superpotenza. Da un lato lo sviluppo della Cina rappresenta a lungo termine la più grande minaccia in assoluto all'egemonia americana, dall'altro, a breve termine esso rappresenta un utilissimo (se non indispensabile) mercato sul quale piazzare i propri prodotti, a tal modo riuscendo (forse) a rinviare una drammatica recessione. La SARS ha provvidenzialmente inferto un colpo duro, ma non mortale, all'economia cinese, rallentandone un po' lo sviluppo senza però che l'importante mercato costituito dalla Cina andasse perduto. A pensar male si fa peccato, ma...

Per l'articolo completo:
http://www.pasti.org/rquaglia.html

Monday 5 September 2011

Le radici dei disordini in Siria: politica o religione?

La Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Francia stanno insistendo per sanzioni più severe contro il presidente siriano al-Assad, che si crede abbia ordinato la tortura e l'uccisione di dimostranti. Ma per le strade non sembra esserci alcun segno reale di dissenso anti-governo.
Persino le aree più povere della città siriana di Homs che, ion quanto centro di raccolta per dimostranti che si dirigono verso la città, ha visto grandi disordini, ora sembra tranquilla e sicura.
La gente per le strade ha detto a RT che la maggior parte dei disordini nella città è causata da differenze religiose, non politiche. La gente dice che non si tratta di [dimostranti] contro il governo, e che non vi è alcun perseguimento di obiettivi politici.
La maggior parte delle controversie a Homs sorge da differenze tra musulmani Alawi e Sunniti.
L'esercito mantiene una presenza per tenere sotto controllo la zona e impedire scontri tra gruppi religiosi ma, come riferisce Irina Galushko di RT, non vi sono né carri armati né equipaggiamento d'artiglieria pesante da nessuna parte.
In Siria, il periodo delle preghiere di mezzogiorno è divenuto, quasi per tradizione, un momento di violenza, essendo l'ora in cui la gente si riversa nelle strade dalle moschee.
Ma la vita a Homs sembra scorrere in modo tranquillo, e le uniche inconvenienze sono quelle create dalle troupes dei cameramen televisivi che filmano durante la giornata.

Trovato qui:

http://www.informationclearinghouse.info/article29019.htm

Tuesday 23 August 2011

Stefan Molyneux: condannare manifestanti e saccheggiatori in UK

Penso che si possa assodare che, se uno è ricco, gli sarà più facile essere una persona migliore.
Non credo che questa sia una cosa particolarmente controversa da dire: non dico che non esista il libero arbitrio, ma ci sono fattori che influenzano queste cose.
Prendiamo allora per esempio un tizio: un tizio qualunque, preso a caso – ma non troppo – magari in Inghilterra. Supponiamo che questa persona abbia passato i primi due anni della sua vita in una casa di famiglia, in Paisley Terrace, in un'area di Edimburgo chiamata Willowbrae; suo padre lavorava come esattore delle imposte mentre studiava legge all'università di Edimburgo. Supponiamo che questo tizio abbia poi passato un paio d'anni in Australia, dove suo padre era un docente di legge all'università di Adelaide, e che abbia passato il resto della sua infanzia a Durham, Inghilterra, mentre suo padre insegnava all'università.
Poi magari potrebbe essere andato alla Chorister School a Durham, per poi frequentare il Fettes College, una prestigiosa scuola indipendente ad Edimburgo, e diventare un avvocato.
Ora, questo è il background di una persona bianca, ricca e privilegiata.
Che cosa ne pensate, dite che una persona come quella appena descritta abbia più responsabilità morali per la piega che ha preso la sua vita – e per gli eventuali danni che possa aver causato – oppure più o meno la stessa, o addirittura meno responsabilità morale rispetto a un ragazzino dei ghetti?
Ebbene, penso che si possa dire che, con maggiori opportunità e privilegi, arrivano anche maggiori responsabilità morali. Non è come dire che si tratti di 0% contro 100%, ma è comunque una differenza apprezzabile.
Questo ricco, bianco e privilegiato “giovanotto” crebbe e divenne Tony Blair.
E Tony Blair, nei primi sei anni del suo mandato come primo ministro ha inviato le truppe britanniche in battaglia cinque volte, più di qualsiasi altro primo ministro nella storia del paese: Iraq (1998 e 2003), Kosovo (1999), Sierra Leone (2000) e Afghanistan (2001). Nessuno di questi paesi rappresentava una minaccia per il Regno Unito, questa non era Operazione Seelöwe, con Hitler a incombere sulla costa francese; no, queste operazioni erano chiaramente crimini di guerra internazionali, e della peggior categoria: un paese che ne aggredisce e invade un altro senza provocazione. I memoranda di Downing Street sembrano indicare piuttosto chiaramente che le informazioni d'intelligence erano state manipolate, e che si era mentito ai cittadini britannici per poter trascinare il paese in guerra, nella guerra in Iraq, in particolare. E ciò ha provocato la morte – secondo cifre arrotondate molto, molto per difetto, di centinaia di migliaia di iracheni, la rimozione forzata e la fuga di milione e passa di persone, nonché la distruzione delle infrastrutture, abitazioni, ospedali etc, di un intero paese.
Per cui mi sta anche bene se vi va di piazzare il pesante manto della responsabilità morale sui giovani dei ghetti, i cui cervelli sono stati ridotti a brandelli da scadenti scuole statali studiate apposta per schiacciarli e tenerli in una perpetua sottoclasse; mi sta pure bene se volete dire che persone che non sono mai state esposte alla benché minima etica lavorativa, mai esposte all'esempio di modelli da imitare, gente che è cresciuta nella miseria, allevata da genitori single, in una cultura che evita il lavoro e che trascina in una trappola del welfare... beh, mi sta anche bene se volete dire che queste persone sono responsabili al 100% per ciò che fanno; ma allora che livello di responsabilità morale dovrebbe ricadere su Tony Blair, che dichiara guerre in barba al diritto internazionale, e che è un criminale di guerra, secondo ogni standard oggettivo?
Qual è il suo livello di responsabilità morale?
Tony Blair adesso guadagna circa sette milioni di sterline l'anno, si fà dare circa duecentocinquanta sterline per varie presenze e discorsi in pubblico e fà ancora pagare le sue guardie del corpo private ai contribuenti (centinaia di migliaia di sterline l'anno). Lavora inoltre per svariate compagnie finanziarie, tiene lezioni nelle università e incassa diritti d'autore per i suoi libri.
Qual è il suo livello di responsabilità morale?
Beh, pensate che nessuno veda questa incongruenza nella nostra società? Pensate che i ragazzini non ne siano al corrente? Credete che i giovani non si rendano conto dell'ipocrisia morale che è dietro a tutto ciò?
Il costo del bail-out delle banche britanniche: parliamo un po' di quello per un momento, visto che qui si parla di attribuire la giusta responsabilità, e di esigere giustizia per i furti e la distruzioone della proprietà altrui, no?
Bene: 850 miliardi di sterline. Ripeto: 850 milirdi di sterline. Si tratta di una cifra incredibile!
Questa è la cifra che si sono intascate le banche. Diamo un'occhiatina, ci state?

76 miliardi per acquistare azioni della Royal Bank of Scotland e Lloyds Banking Group
200 miliardi per l'indennizzo della Bank of England contro possibili perdite nel garantire liquidità per 200 miliardi
250 miliardi per garantire continuità nei prestiti nel sistema bancario
40 miliadi per fornire prestiti e altri fondi alla Bradford & Bingley e al Financial Services Compensation Scheme
280 miliardi (agreement in principle) per fornire assicurazione a una selezione di assetti bancari
671 miliardi spesa totale del governo nell'anno finanziario 2009-2010
32,9 milioni a Slaughter & May – consulenze legali
15,4 milioni per Credit Suisse: consulenze legali su svariate misure, comprese ricapitalizzazioni bancarie e schemi di protezione degli assetti
11,3 milioni Pricewaterhouse Coopers – consultazioni su APS e Northern Rock
7,7 milioni per KPMG: diligenza dovuta su APS
7,4 milioni per Blackrock: consulenza valutazione su APS
5,3 milioni per Deutsche Bank: consulenza finanziaria su varie misure
5 milioni per Citi Financial: consulenza su APS
4,9 milioni per BDO Stoy Hayward: valutazione della Northern Rock
4,5 milioni per Goldman Sachs: consulenza finanziaria per Northern Rock
1,5 milioni per Morgan Stanley: consulenza finanziaria per Bradford & Bingley
2,5 milirdi per ulteriori consulenze finanziarie su un range di misure per risanare l'economia dell Gran Bretagna

Ora, l'aumento delle rette per l'istruzione universitaria dei giovani britannici costerà circa diciotto miliardi al governo britannico.
850 miliardi di sterline per salvare dal fallimento le banche, i cui executives hanno continuato a intascarsi bonus e incentivi dopo aver estensivamente truffato altra gente, commettendo anche errori grossolani – e costosi – di cui loro, e solo loro, dovrebbero essere ritenuti responsabili. Però diciotto miliardi sono stati sottratti ai giovani. E questi erano soltanto prestiti, che i giovani erano comunque obbligati a ripagare! Sarà pur vero che alcune di queste banche saranno un giorno costrette a ripagare alcuni prestiti, ma si tratta delle banche più infime. Gli executives [delle maggiori banche] nel frattempo si sono intascati i loro bonus e le loro pensioni d'oro, e quei soldi non li rivedremo più.
Ci vorranno decenni – se non generazioni – per ripagare questi 850 miliardi di sterline, eppure i bonifici sono stati completati in tempo record, senza alcuna consultazione con i giovani che dovranno sobbarcarselo. E il governo avrà bisogno di persone con dei salari piuttosto alti per poter recuperare questa cifra (un onere che ha addossato sui giovani); e ciononostante non ha intenzione di prestare loro il denaro per andare a scuola, istruirsi e specializzarsi o, se lo farà, sarà a condizioni e interessi oltraggiosi. E le rette universitarie si sono innalzate enormemente.
D'altronde lo stesso sistema – statismo in generale - consiste nell'iniziazione della forza e dell'imposizione per raggiungere i propri obiettivi: se si vuole che la povera gente abbia più soldi, è sufficiente alzare le imposte al settore produttivo della polazione: ne si toglie un po' dai cittadini abbienti per darlo a quelli impoveriti. Non è forse così che funziona?
Allora perché condannare i ragazzini per aver eliminato gli intermediari, servendosi da soli da negozi, ristoranti, esercizi locali?
È un po' difficile capire perché vada bene quando è un esattore delle imposte a farlo, ma non quando è uno di questi giovani – peraltro in maniera più efficiente.
Volevo solo puntare il dito su questi fattori: io non condono la violenza, non condono l'iniziazione della forza, quello che stanno facendo questi dimostranti/saccheggiatori è sbagliato: stanno facendo esattamente il gioco del potere costituito, perché adesso la maggior parte degli inglesi implorerà per un'espansione del potere dello stato; quindi questi ragazzini si stanno ulteriormente dando la zappa sui piedi.
Tuttavia, la realtà delle cose è questa: i giovani ascoltano eccome. I giovani ascoltano.
Non ascoltano quello che gli viene raccontato, ma ascoltano quello che accade realmente nel mondo, ascoltano quello che succede alla gente ricca e bianca che bara, truffa, mente e fà errori grossolani, per poi essere lautamente compensata; guardano ciò che succede a persone cha cominciano guerre in paesi stranieri per ragioni che non hanno nulla a che vedere con l'autodifesa, e che mentono alla popolazione: sono le persone che ottengono premi, incentivi, cattedre all'università, posti nei consigli d'amministrazione in istitituzioni finanziarie e bancarie e tutti i vantaggi che la società è in grado di fornire. Guardano l'importanza che arrivano ad assumere questi signori nei confronti di coloro che sono al potere, quando vedono il loro governo consegnare il futuro dei giovani, confezionato in una bella gabbia da schiavi, nelle mani delle istituzioni bancarie, aumentando anche vertiginosamente le rette per l'istruzione. Capite?
Il pericolo più grave per ogni società non è che i giovani non ascoltino le istruzioni morali che vengono loro impartite.
Ma che le ascoltino.




Video reperibile su:

http://www.youtube.com/watch?v=FjW-lfTlr0g&feature=channel_video_title

Tuesday 16 August 2011

Ian R. Crane: Insediamenti in Cisgiordania, una votazione all'ONU e tragiche ramificazioni

Nel giugno del 2011, Henrik Palmgren, presentatore del programma svedese Red Ice Radio, ha intervistato l'autore inglese Ian R. Crane a proposito del disastro della centrale nucleare di Fukushima e altri, apparentemente scollegati recenti eventi. Quello che segue è un lungo estratto dell'intervista, approssimativamente al minuto 34' del podcast.

Ian R. Crane: L'evento Escherichia Coli in Germania non è stato un fatto casuale: nemmeno con la più vivida immaginazione! Ritorniamo indietro, almeno fino a Fukushima.
Come si sa, l'evento terremoto-tsunami-meltdown-nuclere è avvenuto tutto l'11 di marzo 2011, ma c'è un'altra cosa di cui mi sono accorto, e non credo che si tratti di una coincidenza: esattamente un anno prima, l'11 marzo 2010, il Ministro degli Affari Esteri giapponese aveva rilasciato una dichiarazione [1] – e si trattava di un comunicato dell'ufficio stampa delle relazioni pubbliche del Ministero Affari Esteri – “sulla decisione del governo d'Israele concernente la costruzione di unità abitative negli insediamenti in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est”. Fammi giusto leggere questi due brevi paragrafi di cui era costituita la dichiarazione:
“1 - Il governo del giappone deplora la decisione del governo d'Israele di dare il permesso per la costruzione di 1600 unità abitative a Gerusalemme Est, in aggiunta a 212 unità in Cisgiordania, subito dopo che le leadership d'Israele e Palestina avevano accettato l'avvio di negoziazioni indirette. Il governo del Giappone non riconosce alcun atto che pregiudichi lo stato finale di Gerusalemme e i territori nei confini territoriali prima del 1967. Il Giappone esige che i piani non vengano implementati.
2 – Il governo del Giappone continua a richiedere con insistenza che entrambi i lati agiscano in modi che migliorino la fiducia reciproca. Il Giappone spera sinceramente che le negoziazioni indirette e il processo di pace risulteranno presto nella ripresa di negoziazioni dirette tra i due lati”.
Ora, vedendo [questo fatto] isolatamente, potresti dire: “E allora?”... ma qualcos'altro è successo a febbraio di quest'anno alle Nazioni Unite: fondamentalmente si trattava di una votazione, all'ONU, esattamente su questa questione; la mozione, presentata all'ONU, era se Israele dovesse immediatamente cessare e desistere da qualsiasi ulteriore sviluppo di insediamenti in Cisgiordania. [2]
Due dei principali paesi che hanno votato contro Israele in quella mozione sono stati Giappone e Germania. Ora, questo è molto significativo perché, per quanto ne sappia io, questa è stata la prima volta che la Germania abbia mai votato contro Israele in una votazione all'ONU. Precedentemente aveva sempre votato a favore d'Israele – che era ovviamente ciò che ci si aspettava facesse – o si era astenuta. Ma questa volta sia la Germania che il Giappone hanno votato contro Israele. Ora, questo è successo il 18 di febbraio; meno di un mese dopo – meno di quattro settimane dopo, a dire la verità – c'è stato il terremoto-tsunami-meltdown-nuclere. Immediatamete dopo questo evento ci sono state certe informazioni, provenienti dal Giappone, che suggerivano che il meltdown nucleare e le esplosioni che erano seguite si fossero verificate in alcuni casi, addirittura prima che la centrale fosse colpita dallo tsunami. Qui c'è qualcosa che non quadra nella cronologia: e allora che cosa può aver causato il processo di meltdown della centrale nucleare prima dello tsunami? C'è solo una cosa che potrebbe fare un lavoro del genere: il virus Stuxnet.
Il virus noto come Stuxnet fu sviluppato - ufficialmente - da CIA e Mossad. Personalmente credo sia stato più probabilmente creato prima dal Mossad e poi ripreso dalla CIA, piuttosto che il percorso inverso. La ragione per cui credo questo è che il virus Stuxnet è stato sviluppato per colpire i controllori Siemens nelle centrali nucleari e, primariamente, è stato sviluppato perché questi erano i controllori che si pensava fossero installati nelle infrastrutture nucleari in Iran.
Quindi il virus Stuxnet era stato creato specificatamente per neutralizzare qualsiasi centrale nucleare iraniana che desse l'aria di attivarsi online nel prossimo futuro.
Ora, c'è anche un altro fattore da considerare qui: e cioè che il Giappone si era addirittura impegnato a condurre riprocessamento nucleare per l'Iran; e, naturalmente, neanche questo fatto era stato digerito molto bene da Israele. Considera quindi la possibilità che il virus Stuxnet sia stato lanciato contro le facility nucleari giapponesi o quando era chiaro che, con il terremoto, lo tsunami stava per raggiungere le coste del Giappone, oppure – se si vuole pensare il peggio – perché qualcuno sapeva addirittura in anticipo che ci sarebbe stato un terremoto, e aveva programmato il virus Stuxnet per attaccare la centrale nucleare in Giappone [proprio in quel momento].
Un altro fattore ancora è che la security di Fukushima era nelle mani di una compagnia israeliana. E quindi qui abbiamo ancora un'altra situazione come l'Undici Settembre, in cui gli aerei che decollarono erano nelle mani di una compagnia di sicurezza israeliana, il World Trade Center era nelle mani di una compagnia di sicurezza israeliana e la metropolitana di Londra durante l'attentato del 7 luglio 2005 era nelle mani di una compagnia di sicurezza israeliana, etc etc.
E ho già sentito il ragionamento: uno dei principali prodotti d'esportazione d'Israele è quello dei servizi di sicurezza: non dovrebbe questo cominciare a farci suonare qualche campanello d'allarme?

Henrik Palmgren: Assolutamente. Inoltre, Ian, non so se hai sentito che in una stringa del programma Stuxnet è contenuta una parola interessante, “myrtus”, che sarebbe, a quanto pare, un'allusione al libro di Esther all'interno di Stuxnet, che poi è la storia, contenuta nell'Antico Testamento, in cui il popolo d'Israele perpetra un attacco preventivo nei confronti dei Persiani per prevenire i loro piani di distruggerli; non ho proprio letto l'intera spiegazione di come questo sia stato incorporato nella scrittura di programma di Stuxnet, ma a quanto pare è là: ne avevano parlato i giornali principali. Un particolare interessante da aggiungere, ho pensato. [4]

IRC: Incredibile!
E così, come dicevo, c'è stato il meltdown nucleare totale e, letteralmente due giorni dopo, Angela Merkel annuncia che il governo tedesco decommissionerà tutte quelle centrali nucleari in Germania [la cui costruzione] risalga a prima del 1980.
Beh, perché mai dovrebbero fare una cosa del genere? Perché, insomma, non è che la Germania sia proprio suscettibile agli tsunami, giusto? Non è che ci si aspetti molti tsunami dal Mar Baltico, o dal Reno. No? E allora perché mai la Germania dovrebbe annunciare di voler chiudere le sue centrali nucleari pre-1980? Beh, potrebbe forse essere che la Germania, tra i suoi servizi di sicurezza, abbia delle persone che sono particolarmente lungimiranti, che stanno tenendo un occhio su quanto accade nell'arena geopolitica? La ragione per cui sto facendo quest'osservazione è che, immediatamente dopo l'Undici Settembre, il ministro tedesco dell'intelligence Andreas von Bülow aveva bloccato i decolli di tutti i voli Lufthansa, ordinando che fossero rimossi tutti i computer di bordo da questi Boeing; e questo von Bülow è probabilmente ciò che si avvicina di più a un 9/11 truther all'interno delle strutture governative europee (assieme a un tizio chiamato Michael Meacher nel Regno Unito, un politico che è stato però neutralizzato anni fa). Von Bülow era quindi molto sveglio, come dimostra la sua supposizione che questi aerei fossero stati lanciati contro il WTC, il Pentagono e Shanksville dopo essere stati dirottati grazie a un controllo remoto, o telecomando, un tipo di tecnologia a cui era peeraltro intimamente asssociato un certo rabbino Dov S. Zakheim (uno dei redattori del documento PNAC Ricostruire le Difese Americane - Rebuilding America's Defenses, pubblicato a settembre del 2000, dove si legge a pagina 51: “La trasformazione potrebbe richiedere molto tempo [per quanto riguarda l'accettazione dei cittadini americani di questa agenda di riarmo e controllo globale] nell'assenza di un qualche evento catastrofico e cataclismico, come una nuova Pearl Harbour” [citato a memoria, e non letteralmente, N.d.T]; dei 27 co-autori di quel documento, 10 di essi andarono immediatamente a far parte del gabinetto di George W. Bush a gennaio del 2001, tra i quali Dov S. Zakheim).
Questo Zakheim era anche l'auditor del budget, alle dipendenze di Donald Rumsfeld al Pentagono, e fu proprio Zakheim che, il 10 settembre 2001, annunciò alla stampa mondiale che il Pentagono non era in grado di spiegare un buco di 2,3 miliardi di dollari nel suo budget.
Quindi la connessione tra Zakheim, i Boeing e la possibilità che questi aerei fossero stati dirottati da qualche prototipo di telecomando evidentemente doveva aver terrorizzato i tedeschi, ragion per cui essi decisero di bloccare tutti i decolli Lufthansa e di rimuovere la tecnologia informatica a bordo; e la situazione che abbiamo adesso è essenzialmente molto simile: solo due giorni dopo il meltdown di Fukushima, il governo tedesco annuncia di voler decommissionare tutte le centrali nucleari pre-1980 e smorzare gradualmente il loro intero programma nucleare, così da non avere più alcuna facility nucleare entro l'anno 2022.

HP: Vedi, questo è interessante perché io, personalmente, non l'avevo vista questa storia prima che tu me la facessi notare, ma la cosa interessante in Germania è che c'è stato un numero incredibile di persone, dal disastro di Fukushima, che sono uscite nelle strade e piazze, a esigere che il loro governo studiasse seriamente altre opzioni che consentissero di evitare il nucleare, pur potendo permettere alla Germania di generare la propria energia, essenzialmente; quindi, se la decisione era già stata presa, perché questa reazione di tutta questa gente che vediamo per le strade? Si tratta solo dell'implementazione di una campagna di PR, atta a popolarizzare l'idea di decommissionare le centrali nucleari?

IRC: Forse si è trattato di questo, non lo so. Forse è stata una copertura. Per mostrare che in realtà il governo tedesco sta semplicemente facendo il volere del suo popolo.

HP: Esatto, proprio a questo stavo pensando.

IRC: Quando in realtà appare in nero su bianco che Angela Merkel aveva annunciato questa sua intenzione ben prima che ci fosse una qualsiasi reazione pubblica.
Considera dunque la possibilità che, nel fare questa dichiarazione, Angela Merkel stesse in realtà cercando di neutralzzare l'opzione di un attacco a una delle sue centrali nucleari tramite Stuxnet. La ragione di questa scelta, naturalmente, potrebbe essere stata che il Giappone – forse – era la vittima di una rappresaglia per (1) le sue affermazioni dell'11 marzo 2010, (2) aver votato contro Israele alle Nazioni Unite il 18 febbraio e (3) la sua intenzione di condurre riprocessamento nucleare per l'Iran. Riflettiamo: qual è la nazione sovrana che avrebbe più da guadagnare da un attacco del genere contro il Giappone? E se fosse stata questa nazione ad attaccare il Giappone perché aveva osato schierarsi contro Israele, è possibile che la Germania avesse pensato che Stuxnet potesse essere utilizzato contro [le sue centrali]?
Beh, eliminando la questione nucleare dall'equazione, tutto sembra calmarsi; finché, all'improvviso, abbiamo quest'epidemia di Eschirichia Coli proprio in Germania. Inizialmente, come sappiamo, viene annunciato che la provenienza è identificata nei cetrioli spagnoli, il che – naturalmente – nel giro di pochi giorni distrugge completamente il mercato di cetrioli spagnoli (tanto che adesso ci sono coltivatori spagnoli disperati per qualche sorta di compensazione, visto che ovviamente i guadagni dal loro raccolto si sono completamente volatilizzati). Poi si stabilisce che no, non si tratta dei cetrioli spagnoli (a proposito, naturalmente erano cetrioli biologici, bisognava concentrarsi sul fatto che fossero biologici), e adesso la colpa è stata data ai germogli dei fagioli biologici – con l'enfasi, ancora una volta, sulla parola “biologici”. E naturalmente adesso abbiamo la stessa situazione con i raccolti di germogli dei fagioli biologici rispetto a quella che avevamo prima con i cetrioli. E poi, fortunatamente, visto che la Germania possiede ancora rispettabili strutture per la ricerca scientifica, il Robert Koch Institut ha fatto una sua analisi di questo E. Coli e quello che ha scoperto è assolutamente fantastico: questo particolare ceppo di E. Coli è praticamente resistente a qualsiasi forma di penicillina disponibile sul mercato. Queste cose non succedono per caso! Questa è una coltura da laboratorio. Per sviluppare un ceppo di E. Coli che sia resistente ad ogni forma di penicillina disponibile, ci vuole uno sviluppo di mesi, forse anni, perché si possa raggiungere il punto in cui sia possibile scatenarlo sulla Germania.
Sappiamo inoltre che questo è un ceppo estremamente virulento di E. Coli; anzi, sono venuto a sapere, letteralmente negli ultimi due giorni, che alcune persone che ne sono state colpite hanno un disperato bisogno di un trapianto di fegato: ha cominciato ad attaccare gli organi interni entro uno spazio di tempo veramente ristretto.

HP: Assolutamente – vediamo se riesco a trovare gli appunti – ecco, fino a oggi, 13 giugno, ci sono state 35 morti causate e circa 3200 casi. In Germania, principalmente, ma anche in Svizzera, Polonia, Olanda, Svezia, Danimarca, Regno Unito, Canada e gli Stati Uniti, quindi sta cominciando a diffondersi. Ora, la domanda è: da dove è arrivato? Come è stato immesso nei cetrioli, o in qualunque altro veicolo? Ci sono teorie? Hai sentito niente a riguardo?

IRC: No, questa è ancora un'area di sole congetture per il momento: sono ancora i primissimi giorni per ora. Consideriamo però la possibilità che la Germania ci abbia azzeccato al 100% per quanto riguarda la sua osservazione che fosse stato lo Stuxnet ad attaccare la centrale nucleare in Giappone e che, volendo mettersi al riparo da simili attacchi in futuro, abbia in tal senso annunciato la sua intenzione di chiudere il suo programma nucleare, pensando che ciò sarebbe bastato; beh, adesso naturalmente si è visto che non vale la pena darsi il disturbo, dato che ci sono ben altri mezzi per arrecare danno. E in realtà questo ha anche un doppio “beneficio” per chiunque sia stato che ha scatenato [l'E. Coli] perché, ovviamente, oltre a mandare il messaggio: “Non fateci incazzare: guardate che cosa siamo in grado di fare”, un altro risultato che ciò ha prodotto è stato di rovinare la reputazione del cibo biologico; e naturalmente noi sappiamo che un'enorme parte dell'agenda di Codex Alimentarius è sradicare completamente ogni tipo di agricoltura naturale. La Germania è sempre stata all'avanguardia della resistenza – nella UE – contro l'importazione e coltivazione di organismi geneticamente modificati; anzi, la Germania ha la più grande proporzione di fattorie biodinamiche in Europa, che non è poi comunque una grande percentuale. Fino a ottobre 2010, la Germania aveva qualcosa come il 5,2% di tutti i suoi terreni arabili etichettato come biologico al 100%; e questa è una cosa naturalmente molto importante per la Germania: si tratta di un paese con un'economia molto bene equilibrata, che è riuscita a ritenere una forte base manufatturiera, oltre a una forte base agricola, e non è stata presa di mira dall'industria biotecnica nello stesso modo in cui lo sono stati gli Stati Uniti, o il Regno Unito. Quindi questo è stato come cogliere due piccioni con una fava perché, mentre prima si pensava che le facility nucleari sarebbero state attaccate per prime, imprevedibilmente questi si sono accaniti contro le loro colture biologiche.

L'intervista completa è disponibile in podcast su:
http://www.redicecreations.com/radio/2011/06/RIR-110616.php

[1] Dilettatevi pure a cercare la notizia sui media italiani: sono pronto a scommettermi tutti i miei risparmi (debiti, perloppiù) che non la troverete MAI!
[2] Non ho bisogno di dirvi che la risoluzione è stata bloccata dagli Stati Uniti, con il tradizionale veto:
http://www.nytimes.com/2011/02/19/world/middleeast/19nations.html
[3] Vedere:
http://www.haaretz.com/print-edition/news/israeli-firm-which-secured-japan-nuclear-plant-says-workers-there-putting-their-lives-on-the-line-1.349897
[4] Vedere:
http://www.itageek.com/comunicazioni/stuxnet-il-worm-che-spia-e-riprogramma-i-pc-industriali

Saturday 6 August 2011

Il problema demografico in Europa secondo Goldman & Sacks... ah, e anche Merkel

di Rinaldo Francesca

Avvicinatevi miei cari àp0ti, e prestate orecchio questa volta, poiché ormai non possiamo più permetterci di ignorare i metaforici cerchi nell'acqua prodotti dagli accorati richiami del numero sempre piú crescente di santoni e pensatori che, solo fino all'altro ieri, ci inducevano a intonare nella nostra mente l'usuale e ben noto mantra “e-un-bel-chissenefrega”...
Ebbene no, bontà loro, i suddetti mentori insistono a volerci indicare le tragiche, possibili conseguenze del nostro superficiale ed egoistico comportamento, aggiungendo i loro rimproveri a quelli del Santo Padre: doppiamente generose tutte codeste persone – in verità – visto che nessuno di noi, personalmente, ricorda di avergli mai chiesto un parere. Né a loro, né all'Omino Bianco del Vaticano. Ma che volete farci...
Ordunque, procediamo con ordine, giacché le trombe suonate da questi Angeli dell'Apocalisse sui generis – pagati un tot a parola – rimbombano in sordina ormai con una regolarità quasi matematica di quasi dieci-undici mesi.
Correva l'anno 2009 – ricorderete – quando Jonathan Sacks, Rabbino Capo di Impero Britannico e Commonwealth, deplorava lo stato “morente” dell’Europa, “unico continente del mondo in decrescita demografica”. In quel frangente Lord Sacks ci rendeva noto che, a causa di valori superficiali ed egoisti, del consumismo, e dell’assortimento dei vari, obbligatori satana come darwinismo, relativismo morale, per non parlare dei soliti, maligni 'atei arrabbiati', etc, etc, gli europei avevano smesso di fare figli e, come conseguenza, l’Europa “stava morendo”. Giunga il nostro bonario “suvvìa!” a tutti coloro che a questo punto si stessero chiedendo come mai il grande afflusso annuale in Europa di immigrati provenienti da altri continenti non fosse bastato a rassicurare Lord Sacks che la popolazione del nostro continente non correva alcun rischio di azzerarsi. Il discorso di Rabbi Sacks era infatti ispirato dal declino dei “valori” - capite - del nostro glorioso continente, non certo dai numeri... insomma – ehm – non era tanto il calo di quantità, ma di qualità a preoccupare il nostro eroe.
In soldoni: qualcuno potrebbe azzardare che fosse la prospettiva di un’Europa non abbastanza bianca a terrorizzare veramente Lord Sacks; non noi però, che francamente preferiamo esprimere la cosa con il termine “problema demografico”, una splendida espressione politicamente corretta che era tanto cara a Ben Gurion, primo ministro di Israele negli Anni Cinquanta, ogni qualvolta sentiva il bisogno di lamentarsi dell'eccessiva presenza di arabi in un lembo di terra che lui - assieme ai suoi colleghi - voleva esclusivamente destinato alla Stirpe Eletta. [2] Un'espressione che, ammettiamolo, come tutte le espressioni PC, ha il vantaggio di consentirci di non dover chiamare le cose con il loro nome e di non dover ammettere che, insomma, è la nostra sensibilità razzista a essere ferita quando vediamo la nostra bella Europa popolata da tutti 'sti selvaggi inferiori.
Vuoi mettere com'è più elegante dire “problema demografico”? Fa molto più “Parlamento Europeo”, n'est-ce pas?
Poco più di dieci mesi dopo, era il turno della cancelliera tedesca Angela Merkel a condividere le sue preoccupazioni con il popolo germanico, scegliendo come piattaforma una riunione dei “giovani” della Cdu, l’unione dei cristiano democratici tedeschi; per chi avesse dimenticato il celebre discorso, familiarmente noto come “Il multiculturalismo ha fallito” (ma degno di un migliore Umberto Bossi in stile: “I Have A Dream: Föra da i Ball tutti 'sti Bingo-bongo”), permetteteci qui di riprodurne qualche stralcio.
“All’inizio degli anni Sessanta”, raccontava allora la cancelliera, “abbiamo invitato i lavoratori stranieri a venire in Germania, e adesso vivono nel nostro paese. Ci siamo in parte presi in giro quando abbiamo detto ‘Non rimarranno, prima o poi se ne andranno’, ma non è questa la realtà. L’approccio multiculturale e l’idea di vivere fianco a fianco in serenità ha fallito, fallito completamente” [3], ma attenzione - si affrettava ad aggiungere Angela Merkel a quel punto - non è stata certo colpa nostra: “spettava agli immigrati fare di più per integrarsi nella società tedesca” [4] e “non abbiamo bisogno di un’immigrazione che pesi sul nostro sistema sociale”. [5]
Sagge parole davvero, neh?
Ora vi prego: immaginate – se vi va – di fare un viaggio nel tempo di più di un secolo, fino ad arrivare a un periodo nella storia tedesca noto come “depredazione dell'Africa” (o, se preferite, il più elegante tedesco Wettlauf um Afrika), un glorioso capitolo dell'avventura coloniale germanica in Africa, quando interi battaglioni si imbarcavano per andare a saccheggiare il continente di rame, stagno, cotone, gomma, e tante altre favolose merci, soggiogando le popolazioni locali e ammassando ricchezze che avrebbero fatto la fortuna della Germania per decenni a venire.
Che ne dite, è plausibile immaginare che forse anche in quel frangente le schiavizzate popolazioni locali abbiano albergato simili pensieri – magari tra un viaggio e l'altro a raccogliere gomma per i loro aguzzini tedeschi mentre i loro figli erano da essi tenuti in ostaggio, e obbligati a raggiungere la maggior quota possibile di raccolto, pena l'amputazione di una mano – che ne dite, è possibile immaginare che abbiano pensato anche loro: “Che ingenui siamo stati a pensare che questi nostri 'ospiti' se ne sarebbero andati; spettava a loro fare di più per integrarsi nella nostra società”? O magari – che so io – potrebbe essere che anche gli Herero e i Namaqua, mentre venivano sterminati a decine di migliaia per aver osato ribellarsi al dominio straniero, abbiano pensato negli ultimi istanti della loro vita, sbudellati e moribondi nel deserto: “Ahimé, era un'illusione che si potesse convivere in armonia con lo straniero: sotto-sotto, qualcosa mi dice che questi 'ospiti' sono arrivati qui nel nostro paese solo per sfruttarlo e non per integrarvisi! E noi non abbiamo bisogno di un’immigrazione che pesi sul nostro sistema sociale”?
Ahimé, non lo sapremo mai, cari amici, perché non mi risulta che queste persone abbiano avuto modo di salire sul palco a fare discorsi che venissero tramandati ai posteri: solo all'odierna cancelliera tedesca è consentito fare il visino indignato e intonare il noto refrain “ci stanno colonizzando”, perché si è accorta di aver perso la pazienza con l'atteggiamento di tutti questi stranieri, eh-certo-che-sono-un-po'-maleducati-nevvero. Echeggiando – per chi corresse il rischio di dimenticarlo – le parole dell'ex membro del consiglio d'amministrazione della banca centrale tedesca, autore di quel celebre libro (“così controverso”, “però va a ruba”, “ma quanto scalpore”, etc etc.) intitolato Deutschland schafft sich ab - La Germania si distrugge da sé [6], convenientemente dimentico del fatto che la stessa istituzione per la quale lavorava, volendo riconoscere una continuità di capitali fra Reichsbank e Deutsche Bundesbank, passando per Bank deutscher Länder, passò più di un secolo ad ammassare la sua fortuna distruggendo altri paesi nel Terzo Mondo.
Orbene – mi sembra di sentirvi mormorare – qual è il filo logico che collega questi due saggi, il religioso da un lato, che si preoccupa nel vedere gli europei caucasici (rigorosamente di fede giudaico-cristiana) entrare nella lista delle bestie in via d'estinzione, e la personalità politica dall'altro, che si morde le unghie nel rendersi conto che gli immigrati extra-EU “pesano sul nostro sistema sociale”?
Beh, perbacco, non poteva mancare a questo punto l'interpretazione di un economista, a ricucire il filo di questi leitmotif e a completarci il quadro di questa preoccupazione ricorrente nelle think-tanks europee, costantemente impegnate – com'é noto – a pensare solo al nostro bene e all'avvenire dei nostri bambini.
Il nome di quest'uomo è David Goldman (da cui l'ingannevole titolo di questo editoriale: perdonatemi, non ho saputo resistere) e il suo recente contributo – puntuale come la dissenteria dopo una cena da Mr. Wu – è arrivato esattamente dieci mesi dopo il toccante discorso di Angela Merkel. Due paroline di presentazione, se avete tempo e pazienza.
Questo David Goldman, ci annuncia il sito seekingalpha.com che ha pubblicato l'articolo, è stato capo globale della sezione debiti di Banc of America Securities LLC e della sezione strategia di credito alla Credit Suisse: “si occupa di problemi demografici [...], della mortalità della nazioni e delle sue cause. Della laicità nel mondo occidentale e dell'Islam che non si adatta”, come dicono le due righe che a lui ha dedicato Wikipedia (cominciate a vedere il nesso con Sacks & Merkel?). Vorrei anche aggiungere, per amor di completezza, che è sempre questo Goldman che scrive sotto lo pseudonimo Spengel su Asia Times Online. Questo per informarvi che erano le riflessioni del sig. Goldman che leggevate, quando vi capitava di incappare in articoli su quel sito (che fossero di prima mano o tradotti in italiano e pubblicati – che ne so – su Come Don Chisciotte), infarciti di amorevoli, benevoli commenti quali: “La più corrotta città negli Stati Uniti è un rifugio di angeli paragonata a qualsiasi luogo dell’Europa meridionale”.
Bene, qual è stato dunque il contributo dello stimato David-Goldman-detto-Spengel?
Nel suo articolo [7], riproposto doverosamente in italiano sul suddetto Come Don Chisciotte [8], i fili conduttori – come dicevo – di paternalismo, disprezzo per l'inaffidabilità di noialtri latino-mediterranei e l'orrore di ogni invasore che venga dal di fuori di “una prospettiva giudaico-cristiana”, vengono ammirevolmente intrecciati insieme in un'incantevole prosa. Leggiamone dei passi, dai!

C’è un sacco di grasso da tagliare dai budget dell’Europa Meridionale. La crisi fiscale dei PIIGS lascerà permanentemente i popoli di questi paesi più poveri e infelici, e i partiti politici che devono impoverire i loro cittadini avranno bisogno di tempo per mettersi al riparo prima di far calare la scure. Il vecchio espediente della svalutazione era semplice, perché imponeva effettivamente una tassa sulla ricchezza dell’intero paese verso l’estero (riducendo il valore reale dei risparmi di tutti) senza il bisogno di trattative continuate. L’assenza dell’opzione della svalutazione all’interno dei meccanismi dell’Euro richiede mosse di teatro più scaltre da parte dei politici incompetenti e avventati che hanno fatto carriera, elargendo i denari presi a prestito ai loro elettori”.

In altre parole: erano belli i tempi in cui si poteva impunemente tassare in modo occulto questi ritardati europei, svalutando le loro valute e diminuendo il loro potere d'acquisto senza che quei poveri imbecilli se ne rendessero conto: ahimé, ormai si può solo sperare nell'astuzia dei loro politici, e che se ne escano con qualche modo più creativo per poter sodomizzare ad arte i loro abbruttiti contribuenti. Proseguiamo?

Questo è vero al momento, quando l’indice di dipendenza strutturale degli anziani per l’Europa Meridionale si colloca intorno al 25%. Tra il 2020 e il 2045, comunque, l’infertilità dell’Europa Meridionale lo farà innalzare, e questo tasso salirà oltre l’80, un numero impossibile, ingestibile. A quel punto le caratteristiche di questi paesi cambieranno radicalmente; saranno soffocati dagli immigrati dal Nord Africa come dalla fascia sub-sahariana, che non avranno le capacità o le abitudini per riuscire a mantenere lo stesso livello economico. E le loro economie scivoleranno verso una rovina comparabile solo a quella dei classici nell’antichità. Forse i cinesi faranno della Grecia un parco a tema. La Spagna, che potrà contare sugli immigrati all’America Latina, è probabile che se la caverà meglio.
A voler essere precisi, l’Irlanda non dovrebbe essere inclusa nei paesi PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). Anche se l’Irlanda post-cattolica ha perso la sua famosa fecondità, il suo tasso di fertilità ancora è superiore al tasso di sostituzione. L’economia irlandese era fin troppo dipendente dalla finanza offshore come fonte di impiego e ha sofferto in modo sproporzionato dal collasso della bolla creditizia nel 2008. Ma questo piccolo paese ha anche una produzione di alta tecnologia e altre industrie che rendono possibile un ripristino della prosperità. I paesi del sud Europa hanno il destino segnato. Hanno passato il punto demografico di non ritorno. Ci sono semplicemente troppo poche femmine in età riproduttiva per invertire il rapido invecchiamento”.

Incantevoli riflessioni che fanno pensare a uno zoologo nell'atto di predire le cause dell'estinzione di una rara bestia ("troppo poche femmine in età riproduttiva") e il paradosso dell'imminente dominio di altre bestie, addirittura - se mai era possibile – darwinianamente inferiori (“che non avranno le capacità o le abitudini per riuscire a mantenere lo stesso livello economico”). Cominciamo a riconoscere un filo conduttore che lega questi tre pensatori? Meditate gente, e mentre continua la nostra ricerca di nuove, simili perle profetiche– che non dubitiamo cominceranno a farsi sempre più frequenti – vi lasciamo con il finale del pezzo di Goldman/Spengel:

"Perché si dovrebbe comprare un bond a trent’anni da questi paesi? Nel 2041 non ci saranno abbastanza contribuenti per pagare le cedole. E questo solleva un’altra questione: qual è l’orizzonte temporale per un equity investment in questi paesi? Anche se Standard and Poor's ha calcolato la durata delle equities tra i venti e i trenta anni, questa è in qualche modo un stima che nasconde degli interessi di parte, e non è una misurazione degli orizzonti reali delle aspettative. I mercati hanno notoriamente la vista miope. Ma a un certo punto i mercati dovranno riconoscere che le aziende che hanno un bacino di lavoratori così come i propri clienti in rapido calo non sono in condizioni di guadagnare profitti. La contrazione demografica comincerà a colpire a metà degli anni ’20, ed è possibile che i mercati ignorino l’inevitabile destino demografico fino ad allora.
Ci sono poche ragione per aspettarsi che un contagio europeo faccia saltare oggi il sistema finanziario. Ma non ci sono comunque ragioni per investire in questi paesi, se non su una base opportunistica”.

[1] Jonathan Sacks: Religion in Twenty-First Century Britain, 4 novembre 2009, disponibile qui:
http://campaigndirector.moodia.com/Client/Theos/Files/LordSacks2009.doc
[2] Vedere per esempio Israel’s "demographic problem", pubblicato su:
http://humanprovince.wordpress.com/2006/04/16/isreals-demographic-problem
[3] L’approccio multiculturale ha fallito, Il Post, 17 ottobre 2010, reperibile qui:
http://www.ilpost.it/2010/10/17/angela-merkel-la-societa-multiculturale-ha-fallito
[4] Pietro Salvato: La Merkel si sposta a destra? “Il multiculturalismo ha fallito”, Giornalettismo, 17 ottobre 2010, disponibile su:
http://www.giornalettismo.com/archives/88842/angela-merkel-multiculturalismo
[5] Germania, Merkel: “Il multiculturalismo ha fallito”, Blitz Quotidiano, 17 ottobre 2010, pubblicato qui:
http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/angela-merkel-multiculturalismo-fallito-596773
[6] Beda Romano: Va a ruba il libro di Thilo Sarrazin, 4 settembre 2010, reperibile su:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-09-04/ruba-libro-thilo-sarrazin-080026.shtml?uuid=AYvuNeMC
[7] David Goldman: Southern Europe: Beyond a Demographic Point of No Return, 7 luglio 2011, disponibile qui:
http://seekingalpha.com/article/278370-southern-europe-beyond-a-demographic-point-of-no-return
[8] David Goldman: Europa meridionale: un punto demografico di non ritorno, 7 luglio 2011, pubblicato su:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=866