Thursday 28 April 2011

Fiori nei nostri cannoni? Giammai! Signornò!

di Rinaldo Francesca

Solo una settimana fa mi ritrovavo a traversare una pianura da qualche parte in Essex; non è che ne vada fiero. Semplicemente è successo così.
Sicché tutt’a un tratto – si era verso le cinque del mattino – uno spettacolo prodigioso si è imposto al mio sguardo attraverso il finestrino del sonnolento treno che mi portava verso l’aeroporto: il sole, battendo su un campo di ranuncoli gialli, dava a quel lembo di terra un colore decisamente dorato, facendolo sembrare qualcosa dell’altro mondo, tanto che mi sembrava quasi di sentire il colonnello Kurtz, con la voce di Brando, assicurarmi che il paradiso era caduto sulla terra sotto forma di ranuncoli…
OK, OK, d’accordo: erano gardenie in Apocalypse Now, non ranuncoli, lo so benissimo! Non è questo il punto!
Come ho detto, stavo viaggiando verso l’aeroporto, dove un veivolo budget/low cost sarebbe decollato di lì a un paio d’ore, per portarmi in Italia: è dal Belpaese che sto infatti scrivendo queste sparpagliate righe, praticamente ammazzando il tempo nell’attesa di ritornare a casa. Cosa che farò fra tre giorni ripassando, ovviamente, per l’Essex.
E il punto è – vedete di starmi dietro cari amici perché, dopo qualche giorno passato in Italia, la mia capacità di generare pensieri logici e coerenti sta affievolendosi – il punto è che qui nel Belpaese, il provare emozione alla vista di un campo di ranuncoli, come è successo a me quella mattina, sarebbe universalmente interpretato in un modo, e in un modo solo.
Vediamo se riesco a evocare in voi un’immagine.
In Italia, alla vista del sottoscritto che sospira estasiato mentre contempla un campo dorato alle prime luci dell’alba, gli altri passeggeri non reagirebbero pensando – come indubbiamente hanno pensato coloro che condividevano con me lo scompartimento di treno in Inghilterra: “Ecco un uomo che, a dispetto del predominante cinismo che alberga in questa grigia epoca, riesce ancora a commuoversi di fronte a uno spettacolo della natura che poeti quali Edmund Burke e William Wordsworth non esitarono a definire sublime”.
Oh no-no-no: dei passeggeri italiani – figli, com’è noto, di una tradizione umanistico-rinascimentale che ha insegnato la grazia e l’eleganza a mezzo mondo – commenterebbero: “Minchia, quello lì è ricchione!”
E, non ho bisogno di dirvelo, ricevere una simile etichetta in Italia, in fatto di stigma, equivale un po’ a confessare in pubblico: “Ebbene sì: ho appena massacrato la mia famiglia. Sta lì, sepolta sotto quel campo di ranuncoli”. Chi avesse difficoltà a digerire quest’ultima affermazione (sai com’è, con tutto ‘sto buonismo che c’è in giro, e che non se ne può più, e bla-bla-bla ) è invitato/a a leggere questo articolo, che tratta di due succosi e recentissimi episodi di omofobia, appena pervenuti dalla Penisola.
Dunque sono qui che sto pensando: ma da quale autorità ci sono mai stati imposti questi cliché? Chi fu il primo, retrogrado arbitro dei costumi a decidere che una scelta drammatica andava imposta ai maschi italiani, riguardo a ciò che potevano o non potevano da allora in avanti apprezzare: o i fiori, o le donne?
Scegliete, maschietti: o l’uno o l’altro!
Com’è che non ero stato informato di tale legge? Avrei dovuto forse partecipare a quella riunione di condominio? Come si spiega che non ho mai visto quella circolare?
E poi, riflettendoci, mi sono reso conto che quella circolare l’ho vista eccome. Per ben due volte, a dire la verità.
Quella circolare si chiama Minnesota Multiphasic Personality Inventory. Vi suona familiare?
Beh, se non avete mai passato la famosa e ormai obsoleta visita di idoneità militare dei tre giorni (vai a sapere, magari perché siete nati dopo il 1987) o eventualmente, pur avendola fatta, non avete però avuto il privilegio – come il sottoscritto – di fare il bis l’anno successivo (la Marina Militare arricciò il naso la prima volta, e mi scartò, scaricandomi all’Esercito), allora non c’è ragione che vi ricordiate di quell’astruso test psicologico, che veniva inflitto ai futuri militari dell’Italica Repubblica, atto a determinare se i suddetti pulcini avessero i necessari nervi saldi per resistere a un intero anno solare vedendo mammà soltanto una volta a settimana senza farsi venire una crisi di depressione, o se erano dei potenziali serial killer, o chissà che altro.
Eh già perché, inutile che ve lo dica, uno tra gli obiettivi più cruciali del MMPI – vitale in un ambiente militare, oserei dire – era riuscire a determinare se i futuri, valorosi soldati dell’Esercito Italiano fossero (diononvoglia!) praticanti o potenziali omosessuali! Non sia mai!
Ebbene – ed è qui che arrivo finalmente al punto – il Minnesota Multiple Personality Inventory procedeva, tra altre cose, a fare esattamente questo, domandando ai malcapitati – non una, non due, ma TRE volte – se apprezzavano… esatto: i fiori!

Domanda 74: Mi piacerebbe essere un fioraio (vero / falso)
Domanda 119: Mi piace collezionare fiori e coltivare piante (vero / falso)
Domanda 236: Se fossi un artista, mi piacerebbe disegnare fiori (vero / falso)

Questo, a quanto pare, era il cliché: ti piacciono i fiori? Mmm, povera mamma tua, se solo sapesse…
E, dando per scontato che gli psicologi che concepirono il MMPI (cosa darei per vedere che facce da onanisti avevano!) dovevano palesemente avere un’immensa conoscenza di quali pensieri e inclinazioni un vero maschio dovesse albergare nel suo cervello (regola No. 1: NON amare i fiori), era con stupore e delusione che, più avanti nel test, le future reclute notavano l’assenza di domande che consentissero loro di provare la loro virilità, secondo quello stesso modello. Si sentiva dunque una dolorosa mancanza di domande come: “Quando guardo la partita, indossando nient’altro che canottiera, mutande e calzini, mi piace trincare birra direttamente dalla lattina, incitando poi i giocatori tra un rutto e l’altro (vero / falso)”.
D’accordo, intuisco qualche obiezione: è un po’ ingiusto, penserete, vedere questi tragici cliché come una prerogativa esclusivamente italiana. D’altronde, non fu il MMPI forse concepito negli USA, paese della don’t ask don’t tell fino all’anno scorso?
Vero, certo. Però vorrei far notare che il MMPI risale al 1949, anno in cui – per chi non ne fosse al corrente – l’omosessualità era considerata una malattia mentale e ben tre anni prima che, nella verde Inghilterra, l’eroe di guerra Alan Turing fosse arrestato per omosessualità – una condanna che, di fatto, portò al suo suicidio.
1949, signore e signori.
Mentre in Italia, a quanto ne so, il MMPI ha continuato a essere inflitto a future reclute per tutti gli anni ’90!
No no, inutile far finta di niente, furono psicologi e sociologi italianissimi a ritenere, fino all’altro ieri, che simili boiate di luoghi comuni fossero totalmente accettabili.
E a questo punto molte cose cominciano a diventare un po’ più chiare.
Non c’è più da stupirsi, per esempio, se Luciana Littizzetto
(Mmm, nu-da, nu-da! Oops, scusate: essendo stato allevato a comportarmi come dovrebbe un maschio latino-mediterraneo, trovo a volte un po’ difficile scrollarmi il personaggio che obbligatoriamente interpreto, rispettando alla lettera il copione)
ehm, dicevo, non c’è più da stupirsi se Luciana Littizzetto (vedi video)

può dunque lanciarsi in misandriche tirate di male bashing sulla tivvù di stato, nelle quali non manca di ripassare tutti i cardini di quegli stessi cliché, ricordando ai suoi spettatori maschi (quelli che pagano il canone da cui lei ricava il suo salario) come siano inutili, pelosi, schifosetti, maleodoranti, pigri, insensibili, ottusi e inaffidabili questi Neanderthal di uomini, ben sapendo che non ci saranno conseguenze a queste pubbliche umiliazioni settimanali degli ometti, solo ilarità generale perché – anche dovessero esserci delle flebili, timide obiezioni da parte di qualche maschietto - saranno comunque poche e trascurabili.
E perché saranno poche e trascurabili? La risposta è nel MMPI.
La maggior parte dei maschietti, bersagliati da simili tirate, sembra stringere i denti, abbozzare un sorriso e pensare che in fondo è tutto vero. E perché non dovrebbero?
Del resto, fin dagli anni della scuola sono stati cresciuti nel dogma che, se mai si fosse svegliata in loro una qualche parvenza di sensibilità, apprezzamento del bello offerto gratuitamente dalla natura, come un campo di fiori, un tramonto, o chissà che, avrebbero forse ricevuto qualche lode, magari dalla maestra d’arte (quella che comunque era un po’ strana, e non che contava poi molto), ma avrebbero perso di fronte ai loro compagni il badge di maschio al 100%.
Il vederlo nero su bianco, sul MMPI, non era altro che la conferma ufficiale di un dogma che in fondo li aveva seguiti in modo subliminale per tutta l’infanzia e l’adolescenza, in classe, in palestra nell’ora di ginnastica, ovunque.
Un dogma, fra parentesi, perpetuato da uomini.
Non solo ottusi e insensibili. Anche autolesionisti.
Chissà se l'origine di questo problema sarà la stessa anche in Francia, mi domando, dove per esempio la comédienne Florence Foresti
(Mmm, à poil, à poil! Oops, scusate)
può anche lei lanciarsi in lunghi monologhi dove ci ricorda tutte le ragioni per cui i maschi le risultano sgradevoli... sebbene, a onor del vero, Florence abbia poi equilibrato le cose, informandoci anche della sua poca stima per le ragazze, nel suo meno conosciuto segmento J'Aime Pas Les Filles.
Vabeh, fine delle riflessioni per oggi; qu'on n'en parle plus, come diceva il grande Céline.
Però maschietti, la prossima volta che vi ritrovate incapaci di apprezzare un campo fiorito, almeno sapete a chi dare la colpa.

Rinaldo Francesca

Friday 15 April 2011

Restiamo umani?

di Rinaldo Francesca

Dobbiamo credere a tutto.
Abboccare, ingoiare l'esca, l'amo, il piombino e tutto.
E se ci dicono che l'attivista umanitario Vittorio Arrigoni, da quasi tre anni basato a Gaza, è stato rapito e ucciso stamattina da un oscuro e non meglio identificato “movimento salafita finora sconosciuto, la sedicente Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima” [1], di cui peraltro già dicevano i residenti di Gaza: “tutti i 'gazesi' sanno che questa organizzazione non esiste davvero” [2], beh, allora che ragioni abbiamo di non crederci?
Basta dare un'occhiata ai fatti e tutto, come per magia, si spiega da sé.
Qui stiamo parlando di un uomo che da anni era impegnato in progetti di ricostruzione nella Striscia di Gaza, che aveva dato cuore e anima al cercare di alleviare i tormenti di un lembo di terra martoriato da bombardamenti e incursioni. Qualcuno ricorderà come, nel novembre 2008, era stato catturato e fatto prigioniero dalla marina israeliana (non dai salafiti: non fate confusione!), insieme ad altri due colleghi dell'International Solidarity Movement con cui lavorava, Darlene Wallach e Andrew Muncie. [3]
Vittorio era sbarcato con la nave Liberty, parte della prima delegazione Free Gaza, il cui scopo era spezzare il blocco navale imposto da Israele, e mantenuto in violazione dell’articolo 33 della 4° Convenzione di Ginevra (che proibisce alle forze di occupazione di applicare punizioni collettive - razionamento di viveri e generi di primaria necessità - contro la popolazione di un territorio occupato).
Quindi, hey, se i media ci assicurano che proprio un personaggio di questa levatura si era inspiegabilmente attirato le ire e l'odio di questi salafiti di Gaza, che ragione abbiamo di non crederci?
Il video, obbligatoriamente consegnato ai media durante le prime ore di prigonia, farfugliava qualcosa di vago riguardo al fatto che Arrigoni diffondesse “vizi occidentali” ed entrasse “nella nostra casa portandoci la corruzione morale”. Vedete? Si spiega tutto!
E poco importa se le “condizioni” imposte dalla Brigata dei Valorosi Compagni del Profeta Mohammed bin Moslima per il rilascio dell'ostaggio– eh sì perché, sapete, ci vogliono sempre delle condizioni, sono necessarie – condizioni che imponevano la scarcerazione di tal sceicco al-Saidani, noto anche come Abu Walid al-Maqdisi (il quale, a quanto pare, non è stato disponibile per un commento a caldo), poco importa dicevo, se le condizioni si sono poi rivelate totalmente irrilevanti, visto che la “Brigata” ha poi cambiato idea e ha soffocato a morte il prigioniero, prima che ci fosse il blitz delle forze di Hamas per tentare di liberarlo [4] e ben prima della scadenza dell'ultimatum.
Quasi avessero fretta di eliminare un personaggio così scomodo. Quasi avessero il terrore che Vittorio sopravvivesse, che raccontasse chi erano stati i suoi veri rapitori.
I media ci assicurano che i salafiti volevano colpire Hamas: quindi, quale bersaglio migliore di Vittorio Arrigoni, che diceva in un'intervista: “Personalmente, come attivista per i diritti umani, Hamas non piace assolutamente. Per cui ho qualcosa da ridire anche a loro, che hanno parecchio limitato i diritti umani da quando hanno vinto le elezioni. Però io non sono nessuno per imporre il mio modello e il mio stile di vita alla popolazione civile di Gaza. La popolazione, infatti, ha scelto Hamas”. [5]
Tutto chiaro, no?
E se poi i media ci chiedono di credere ciecamente che i “salafiti” avessero pensato bene di fare un favore grosso così all'associazione ultra-sionista di fanatici supporters d'Israele Stop The ISM, la quale già da tempo segnalava Arrigoni e alcuni suoi colleghi come “i 'nemici' [di Israele] da colpire, [con] Vittorio Arrigoni […] indicato come il bersaglio numero uno [con tanto di] foto, dettagli e segni particolari per poterli identificare” [6] (inutile andare a guardare adesso: non c'è più niente ormai alla pagina Rogue Gallery), beh, allora perché mai non dovremmo berci anche questa?
E che dire del profilo di Vittorio Arrigoni che ci regalavano i media durante le sue ultime ore? Vittorio un utopista, un po' testa calda – si sa – un attivista un po' “social”. [7] Adorabile quel “social”, non trovate? Fa così trendy, no? Ci ricorda che – insomma – si trattava un po' di un trend, nevvero Tiziano Toniutti, che scrivi per


Social. Casual. Cool.
Eh già perché – si sa – fa proprio moda, e non-solo-moda, scegliere di essere “l'unico italiano che restò a Gaza durante i bombardamenti dell'operazione 'Piombo fuso', dal dicembre 2008 al 18 gennaio 2009" [8], mentre tutti i giornalisti se la squagliano, dico bene Toniutti?
E un vero peccato che nei vari “profili” forniti dai giornali sia stata disinvoltamente dimenticata la replica che Arrigoni diede a suo tempo al paladino Roberto Saviano, quando gliele cantava in rima e gli faceva educatamente notare che non bastava evidenziare la democrazia israeliana come l'unica vera democrazia in Medio Oriente, o la tolleranza d'Israele verso la comunità gay, o chissà che altro, se poi ci si dimenticava con non chalance di menzionare i 350 bambini uccisi a Gaza durante l'Operazione Piombo Fuso. Chissà perché. Forse che ci sarebbero state troppe cose da dover a quel punto spiegare ai lettori?
E che dire del pronto commento dei nostri eroici politici – che con affetto ci piace immaginare ancora con lo stuzzicadenti in bocca, interrotti dalle news e trascinati via da un ghiotto spuntino – che ci assicuravano: “con i nostri rappresentati diplomatici, [Frattini] sta seguendo con la massima attenzione l'evolversi della situazione”. Wow!
Come non poter dormire tra due guanciali, fintanto che Frattini “seguiva l'evolversi della situazione”? Segui-segui...
Un po' come dire: “Beh, adesso vediamo. Prima vediamo. Poi vediamo. Ehm, insomma, bisogna un attimino... dovremo sentire che cosa ci dicono i nostri padroni: non precipitiamo a esprimere affrettate simpatie. Nel frattempo la Farnesina dice: meglio a voi che a noi. Passo e chiudo”.
Non provate una strana sensazione di déjà vu? Ma certo! C'era stata una simile reazione esattamente un anno fa, quando furono, di fatto, rapiti 3 operatori italiani di Emergency in Afganistan! [9]
Non male questi eletti rappresentanti in Italia, e il loro atteggiamento nei confronti di coloro che in un paese normale sarebbero considerati eroi nazionali, eh?
Vittorio (Vik) Arrigoni terminava i suoi reports con questa esortazione: restiamo umani. Qualcuno non l'ha ascoltato.

R.I.P.


[1] Gaza, ucciso il volontario italiano Già arrestati due dei rapitori, Il Giornale, 15 aprile 2011, pubblicato su:
http://www.ilgiornale.it/interni/gaza_ucciso_volontario_italiano_gia_arrestati_due_rapitori/15-04-2011/articolo-id=517517-page=0-comments=1
[2] Martirio Vittorio Arrigoni: organizzazione salafita è creazione di Israele, 15 prile 2011, reperibile qui:
http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/91139-martirio-vittorio-arrigoni-organizzazione-salafita-%C3%A8-creazione-di-israele
[3] US Activist Detained in Israeli Jail Condemns Blockade of Gaza, disponibile su:
http://www.democracynow.org/2008/11/21/us_activist_detained_in_israeli_jail
[4] Gaza, ucciso il volontario italiano rapito da estremisti salafiti: inutile blitz di Hamas, Il Gazzettino, 15 aprile 2011, pubblicato qui:
http://ilgazzettino.it/articolo.php?id=145595&sez=MONDO
[5] Luca Galassi: Un sito sionista invita a 'neutralizzare' il pacifista Vittorio Arrigoni, reperibile su:
http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=193&Itemid=9
[6] Italiano rapito da gruppo islamico; "Liberate i detenuti o lo uccidiamo", Repubblica, 14 aprile 2011, disponibile qui:
http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/14/news/gaza_rapito_volontario_italiano-14944673/
[7] Tiziano Toniutti: Arrigoni, attivista "social" con la vocazione per l'utopia, Repubblica, 14 aprile 2011, pubblicato su:
http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/14/news/arrigoni_profilo-14948263/
[8] M.O.: Freedom Flottilla, senza contatti da ieri, siamo preoccupati per Arrigoni, Libero, 14 aprile 2011, reperibile qui:
http://www.libero-news.it/articolo.jsp?id=715860
[9] Afghanistan, arrestati 3 operatori italiani: «Complottavano contro un governatore». Il Corriere della Sera, 10 aprile 2010, pubblicato su:
http://www.corriere.it/esteri/10_aprile_10/afghanistan-medici-italiani-arrestati_8fcdf3d0-44b3-11df-a179-00144f02aabe.shtml

Friday 8 April 2011

4 chiacchiere con Gilad Atzmon - prima parte

Il sassofonista jazz Gilad Atzmon non ha bisogno di presentazioni: è un musicista che da anni dà performances in tutto il mondo. Il suo eclettico sound – in cui l'ascoltatore può cogliere di tutto: da complessi cambi di tempo à la Frank Zappa, citazioni di John Coltrane (l'epico Love Supreme, per esempio), intricata salsa in stile Michael Camilo, sfumature mediterranee e clarinetto klezmer (o folk balcanico?) - è stato esportato nei quattro angoli del globo.
Nato in Israele nel 1963, Gilad ha però scelto – più o meno nello stesso periodo in cui l'identica scelta veniva fatta dal sottoscritto – di abbandonare il suo paese e stabilirsi qui, a Londra. In auto-esilio, come dice il retro di copertina di un suo romanzo, My One and Only Love. Eh sì perché, per citare Lame Duck: “Gilad suona il sax, oltre a suonare i suoi connazionali”: una delle ragioni della sua decisione di non vivere nel suo paese natìo deriva infatti dal suo rifiuto di convivere con l'occupazione che Israele mantiene da più di mezzo secolo sui territori palestinesi, più tutti gli altri annessi & connessi che derivano da questa situazione, annotati regolarmente sul suo blog. Intrigato da questo personaggio, estasiato da una sua magnifica performance a cui ho assistito, con la mia “ciurma”, nel gremitissimo club Vortex, e cavalcando l'onda di un'amicizia in comune, mi sono fatto avanti e gli ho domandato se poteva concedermi una chiacchierata di un'oretta. Dopo un mese e un tour in America Centrale (suo, non mio), la cosa si è materializzata martedì scorso; ciò che segue è la trascrizione di una chiacchierata microfonata nel suo “quartier generale” in cui, premiandoci con tè verde e un po' del suo eccellente hummus fatto in casa, abbiamo discusso musica, fede, politica, sionismo, e polpette di pesce ripieno (gefilte fish).

È anche disponibile un video qui.

RINALDO FRANCESCA: OK, prima di tutto, vorrei cominciare con la tua poliedrica identità: musicista di successo, scrittore, attivista e blogger, che aggiorna costantemente il suo blog – una cosa che, come immagino, deve esigere un'immensa quantità di roba da leggere e scrivere. Quindi la mia prima domanda per i miei pochi lettori – blogger anche loro – è questa: come diavolo fai a “farci stare tutto”? Qual è la tua disciplina, il tuo segreto?


GILAD ATZMON: La gente dice di me che ho praticamente rinunciato al sonno. In genere, vedo il dormire come una perdita di tempo, anche se ne ho bisogno di tanto in tanto. Ma c'è una cosa che bisogna capire: quando sei un musicista passi un sacco di tempo viaggiando, e in realtà la concentrazione per “proiettare” è solo di due ore e mezza al giorno. E questo mi lascia un bel po' d'ore. Così, quando sono per la strada, in aereo, in autobus, sul treno (non quando guido! Anche se provo pure in quel caso), ho sempre il tempo di leggere articoli, commenti...


RF: Costantemente collegato al www, quasi ventiquattr'ore al giorno?


GA: Sì, è più facile adesso, sai, con gli i-phones, sei costantemente... Non fa bene per gli occhi però: la mia vista si è veramente deteriorata negli ultimi dieci anni. Però sì, tutti i giorni, tutti i giorni leggo, e mi càpita di leggere almeno uno o due testi sionisti che mi danno fastidio... Dico che mi infastidiscono anche se, al momento, piuttosto spesso trovo ragioni di essere di buonumore nelle notizie che riguardano i sionisti e Israele. Per esempio, oggi stavo leggendo di un importante pseudo-accademico sionista, è abbastanza famoso in America: Alan Dershowitz.


RF: Dershowitz!


GA: Ah, conosci il nome? Dershowitz sta piangendo in pubblico perché è appena tornato dalla Norvegia e nessuno lo voleva, nessuna università. Ora, il mio unico problema, per esempio con il boicottaggio a Israele, è questo: perché boicottare Israele? Quello che bisogna fare è boicottare ogni singolo personaggio [pubblico] sionista! E non c'è mai stata un'azione orchestrata per boicottare personaggi sionisti: è tutto successo in modo spontaneo. Sai, la gente, le istituzioni di solidarietà con i palestinesi, avevano paura di boicottare il sionismo perché la cosa poteva essere percepita come antisemitismo. Però è naturale per noi dire: “Non vogliamo ascoltare né Israele, né tutti i suoi Dershowitz”. E lo sta dicendo lui stesso: “Sono andato, c'era una mia offerta di parlare – gratis! - per un'università norvegese e nessuno mi ha voluto!”


RF: La marea è cambiata?




RF: Perché, cioè, una volta erano i vari Norman Finkelstein a dover veramente lottare per...


GA: E anch'io sai? A ogni conferenza o concerto che dò, ci sono sempre i soliti sionisti... In realtà, i soliti sionisti che cercano sempre di sabotare le mie conferenze, di solito sono un gruppetto di 5-7 persone, che si definiscono come ebrei anti-sionisti – che è un concetto molto bizzarro – o anti-sionisti ebraici, o Ebrei Socialisti. Sostengono che non mi si dovrebbe concedere una piattaforma: ovviamente hanno fallito su tutta la linea, non ci sono mai riusciti, perché non hanno nulla da poter usare contro di me. Mi danno del razzista, o roba del genere.




GA: No, quello è vero, in realtà: odio me stesso, sono fiero di odiare me stesso! Però non odio me stesso come razza, odio me stesso come Gilad! E, a dire la verità, questa è una cosa che condividiamo, sai: loro mi odiano, e anch'io mi odio! [ride] Ad ogni modo, ciò che è stato davvero buffo scoprire per me ieri è stato questo: una delle ragioni per cui [questa gente] si aggrappa a me è che io genero un sacco di pubblicità, un sacco di tempeste mediatiche, o quello che è, e loro non generano niente; e quindi si aggrappano a me - o mi pedinano – perchè questa è la loro unica possibilità di attirare un po' d'attenzione. Quello che mi ha scioccato ieri è stato questo: ieri notte ho ricevuto un'email dal comitato di un festival (per la pace o simili), e gli Ebrei Socialisti esigevano che fossi espulso; e il [comitato del] festival mi diceva: “Ascolta, sai, va tutto bene, non ti preoccupare”.


RF: “Solo te?”


GA: “Solamente me. Gli Ebrei Socialisti. E naturalmente avevano diffuso menzogne; quella gente ha poi verificato [le menzogne], e gli ha risposto: “Ascoltate, sapete che c'è? Andate a farvi fottere”. Però la mattina – c'è un documentario che stanno facendo su di me – sono venuti qui, giusto per fare le interviste finali, e sono venuto a sapere una cosa di uno di questi Ebrei Socialisti. Tra parentesi, [la definizione] è in pratica un ossimoro: o sei un socialista, e allora dici: “Io vado oltre: sono classe lavoratrice e non mi importa della mia origine etnica, o quello che è”... però questi sono socialisti orientati sul sangue: praticamente sono nazional-socialisti! Nemmeno fascisti. [Fossero almeno] fascisti andrebbe bene! Non sono fascisti, sono nazional-socialisti: la loro filosofia non è diversa, anzi, è molto simile a quella dei nazisti. Sì, sono socialisti ma, tipo, orientati verso il sangue! Sai, per esempio, adesso io non so se tu sei ebreo o no però tu non potresti – dando per scontato che tu sia un italiano e un gentile – non saresti in grado di far parte [della loro società], a meno che non ti si circoncida con un rabbino, capisci, e ti si faccia una trasfusione di sangue. E non sono sicuro che vorresti [tutto questo], solo per poter far parte degli Ebrei Socialisti.

RF: Per diventare un nazional-socialista? Magari no, magari no... E questi sono tutti inglesi, cioè, che vivono in Inghilterra?

GA: Persone che vivono in Inghilterra da generazioni, e in un qualche modo sono riusciti a mantenere […] Comunque sia, sono venuto a sapere che volevano farmi espellere dalla piattaforma – la sera. La mattina però è stato offerto loro di condividere la piattaforma con me, per un dibattito, e allora sì che hanno accettato in fretta e furia: lo volevano, capisci? Purché vengano fatti partecipi... Vedi, questa gente non si può prendere sul serio. E pensa un po', sto per pubblicare un nuovo libro, a settembre e, sai, sono veramente fortunato che queste persone mi abbiano sfidato, perché il sionismo è un fenomeno interessante. Però, se vuoi veramente guardare il sionismo [da vicino], almeno per quanto mi riguarda, la migliore opportunità mi è stata data proprio da queste persone. Perché quando guardi questi Ebrei Socialisti ti rendi davvero conto del livello d'ipocrisia; capisci davvero come operino [nell'apparenza], da foglie di fico, da gate-keepers, sai? Lo dicono sul loro sito: “Siamo principalmente interessati ad attualità che riguardino gli ebrei”, capisci? Come fanno dei socialisti a dire cose del genere? [I socialisti] devono essere umanisti, no? Ora, ci sono persone che sono ebree perché credono in Dio e seguono il Talmud. Ma [gli Ebrei Socialisti] sono decisamente laici! E allora ci rimangono solo sangue e gefilte fish!

RF: Gefilte fish! Mi piace, a dire la verità! Purché ci sia quella salsa al rafano, com'è che si chiama... Chrain, ecco!

GA: Sì, ammetto che l'unica cosa che mi piace veramente del gefilte fish è il chrain!

RF: Basta tenere solo il chrain!

GA: E rimandare il gefilte fish al cuoco! [ride]

RF: D'accordo. La mia prossima domanda – oops, ho urlato un po' troppo – la mia prossima domanda doveva avere a che fare con la religione perché, curiosamente, le critiche più pesanti a Israele sono quelle che provengono da certi [religiosi]... Sai, il rabbino Avraham Greenberg che brucia il suo passaporto israeliano in pubblico durante l'Operazione Piombo Fuso, o persino in New York, con Neturei Karta; ma so che sei un po'... che vedi questi gruppi con un misto di...

GA: Veramente gli unici gruppi che davvero apprezzo – e ammiro persino, talvolta – sono gli ebrei della Torah: sono gli unici gruppi che vedo come una coerente, collettiva forma di resistenza. Loro dicono: “Noi siamo ebrei; perché siamo ebrei? Perché seguiamo la religione giudaica. E la nostra comprensione e interpretzione della religione giudaica – che loro considerano l'unica vera interpretazione, tra l'altro – ci porta ad opporci a Israele”. Non ci vedo alcun problema. Non mi sono mai opposto a loro e...

RF: Yisroel Dovid Weiss, mi pare sia il suo nome...

GA: Rabbino Weiss, certo.

RF: Aveva avuto una breve [intervista su Fox News]

GA: Dò per scontato che loro magari potrebbero opporsi a me, ma io non ho decisamente nulla – anzi, li capisco: persino io mi oppongo a me stesso di tanto in tanto!

RF: Una buona domanda, a dire la verità: tu sei – senza necessariamente appartenere a una qualche specifica denominazione religiosa – ma tu sei, o ti consideri religioso, in qualche modo?

GA: Penso di essere un uomo molto religioso. Sono un musicista, e quando sei un musicista, o perlomeno un musicista jazz, in qualcosa devi credere. Sicuramente non credo che riuscirei a suonare così veloce, cioè, sai, io suono piuttosto veloce, ma non credo di avere niente – o molto - a che vedere con questo, perché non riesco nemmeno a pensare così veloce come suono. Ci dev'essere... dev'esserci – tipo – qualcosa che è leggermente più grande di me, magari persino dentro di me, che spiana la via. Per cui penso che le persone che sono impegnate nella bellezza siano in qualche modo religiose, in un certo senso. Io penso che Coltrane fosse, sai, una sorta di figura religiosa, e così altri: Miles, tutte quelle figure; e quando si parla di musica classica...

RF: Bach?

GA: Quando vedi Bach, ascolti Brahms, o Wagner, ci senti una forte tendenza spirituale. Tuttavia, non sono il tipo di persona che si metterebbe a seguire una chiesa. Anche se devo dire che quelle poche volte che sono andato, mi sono sempre sentito ispirato: ascoltare persone – gente come me, solo più istruita in discipline spirituali – parlare del mondo e della convivenza con altri, questo è certamente qualcosa che non ho mai, mai, mai visto in Israele, o in un qualsiasi circuito ebraico: sai, nei circuiti ebraici si parla solo di stare fra ebrei, capisci, non di stare fra gli altri.

RF: Allora il tuo è l'argomento... beh, prima di tutto, la solidarietà con... ciò che è noto come “valori cristiani”...

GA: C'è la stessa cosa nell'Islam. Io penso che, ovviamente, ci siano molte similitudini tra l'Ebraismo e l'Islam. Ma la gente che parla di [tradizione] giudaico-cristiana, che è una nozione patetica... Gli ebrei e i cristiani sono stati in battaglia costantemente fin dall'inizio, sai, fin dalla nascita del Cristianesimo, quando nacque, capisci, con Cristo. E questa battaglia non è mai terminata, non è mai smessa: non si è mai risolta. Lo è adesso: abbiamo un accenno di risoluzione, solo perché è utile alla prassi e all'ideologia sionista. Però è ben chiaro che, quando si parla delle tre religioni monoteistiche abramiche, l'Islam e il Cristianesimo sono orientate verso l'Umanesimo, verso l'universalismo, e l'Ebraismo è l'esatto opposto: è tribale, è anti-umanistico; ci sono certamente degli aspetti umanistici, ma perfino nell'Ebraismo, gli aspetti umanistici sono significativi solo quando sono universalizzati. Chi li ha universalizzati? Cristo. Che fine a fatto? Inchiodato a un pezzo di legno!

RF: E il tuo... Volevo dire, tu naturalmente sei un filosofo...

GA: Sì, ho studiato filosofia.

RF:... Hai scritto... E il tuo argomento per l'esistenza di Dio è l'argomento della Bellezza; del tipo: “Spiega la Cappella Sistina: come potrebbero esistere simili capolavori [senza Dio]”? E adesso cambio totalmente discorso per un po', solo per un po', verso temi più laici: in My One And Only Love – un libro che hai pubblicato nel 2005, mi pare – menzioni un infido network di spie che, con la mia, ehm, intelligenza “superiore”, ho intuito essere il Mossad... ho indovinato... o magari Shin Bet...

GA: No no, decisamente Mossad. Shin Bet è l'agenzia interna. Ma, come sappiamo, il Mossad è un network molto, molto piccolo, che in realtà manovra un network immenso (in ebraico lo chiamiamo Sayanim). I Sayanim praticamente sono degli ebrei che sono affiliati con il sionismo – come molti ebrei in tutto il mondo, la maggior parte degli ebrei – e assistono il Mossad. Di fatto, i Sayanim sono assistenti. Hanno aiutato – per esempio, c'era stato quel fatto l'anno scorso...

RF: A Dubai?

GA: A Dubai, con i passaporti. Ed era chiaro che Israele era riuscito a procurarsi i passporti. Come c'era riuscito?

RF: Qualcuno all'interno?

GA: Qualcuno all'interno! Sai, e una cosa molto interessante è stata che a suo tempo questo collaborazionista per Israele [l'attuale vice-segretario degli esteri, N.d.T.] David Miliband...

RF: Sì? No!

GA: No no, ho i documenti, te li posso dare su una USB, così li puoi condividere con i tuoi lettori. Il nome di David Miliband si trovava su un sito di hasbara (propaganda) israeliano: è un propagandista per Israele. Questo sito è scomparso il giorno delle elezioni, quando era chiaro che Miliband stava per presentarsi come candidato per la leadership [del partito Laburista, N.d.T.]. È una coincidenza? Forse, non lo so. Quindi è molto, molto interessante. Ad ogni modo, Miliband ha espulso l'agente capo del Mossad all'interno dell'ambasciata israeliana, ma non si è mai saputo chi fosse stato il Sayan al Ministero degli Interni che aveva fornito i passaporti. E quindi non dobbiamo cercare molto perché, alla luce del sole, Lord Levy era stato il principale raccoglitore di fondi per quel governo britannico che è entrato in una guerra illegale contro l'Iraq, che – molta gente oggi si rende conto – è una guerra sionista. Per cui, quando si parla di affari ebraici e di affari sionisti, non dobbiamo cercare cospirazioni: fanno tutto alla luce del sole, tanto sono orgogliosi.

RF: David Miliband non ebbe per un pelo l'incarico di ministro degli esteri dell'Unione Europea: inquietante.

GA: Penso che abbiamo abbastanza contro di lui, e io ho pubblicato i documenti e ho pensato che ogni elettore o elettrice in Gran Bretagna che voleva votare per i Laburisti avesse il diritto di esserne a conoscenza e poter decidere. E credo che un bel po' di persone li abbiano visti. Il potere che abbiamo adesso, con internet, è enorme. Credo che stiamo perforando, stiamo perforando il principale...

RF: Ci stiamo svegliando.

GA: Sì. E loro non hanno alcuna possibilità di tenerci testa. Il Guardian, o la BBC non hanno possibilità di competere con me.

RF: Queste sono buone notizie, sono buone notizie!

GA: Sono notizie fantastiche, sai? Siamo sempre più grandi, raggiungiamo delle audience sempre più grandi. E il nostro materiale resta sempre disponibile.

RF: Sì, rimane sempre là... tranne in casi come quello di Anthony Lawson, sai, il cui video era stato rimosso.

GA: Sai cosa? Anthony Lawson, che io ammiro e sostengo, aveva fatto un video molto importante. Gliel'hanno rimosso, e noi lo abbiamo caricato [nel mio sito], ed è stato visto da moltissima gente. C'era anche il caso di David Cole: David Cole era un ebreo, revisionista, ed era piuttosto efficiente: un revisionista ebreo. Aveva visitato Auschwitz, aveva scoperto qualcosa di cui non era per niente soddisfatto – delle discrepanze nella narrativa dell'Olocausto – aveva pubblicato il suo materiale nel 1994, credo. Subì delle pressioni enormi e scomparve. Sono venuto a conoscenza di lui – cioè, ne sentivo parlare da anni – ma ho veramente avuto tempo di guardare il suo lavoro, non lo so, forse diciotto mesi fa? E avevo trovato solo un film. E stavo navigando su internet l'altro giorno, e qualcuno mi ha inviato qualcosa, e ho visto sempre più roba di David Cole. E allora ho capito che tutta la sua roba sta venendo fuori adesso.

RF: Adesso! È rimasta nascosta per un pezzo...

GA: Esatto! Per cui è proprio qualcosa nella natura stessa di internet che [fa sì che] un sacco di roba venga alla superficie.

RF: Sì.

GA: Sai, come un sottomarino: viene fuori! E non credo che Israele, i sionisti, o i servi del potere ebraico possano continuare a mantenere la loro narrativa per molto tempo ancora.

RF: Ah, OK. Dunque, questo in realtà si collega, cioè, io ero lì, che cercavo di fare il figo, sarcastico e spiritoso, riguardo alla mia “intelligenza superiore”, avendo io intuito la storia del Mossad, e a quanto pare non avevo neppure del tutto ragione...

GA: Beh no, avevi ragione, si tratta del Mossad, si tratta decisamente del Mossad.

RF: Ma la storia è molto più complessa.

GA: Sì, questo è certo!

RF: La mia... Ti sorprenderò ancora di più: ho fatto un po' di ricerche e a quanto pare, come tu già saprai, il motto del Mossad è una citazione del Libro dei Proverbi [24:6]. Però tu hai coniato una frase che ricorre un paio di volte qui [nel tuo romanzo My One and Only Love], e che mi piace un casino; e vorrei che...

GA: Ti ha fatto ridere [il romanzo]?

RF: Sì! Beh, gran parte di questo – e vorrei anche parlare di ciò, perché ci ho trovato Thomas Pynchon, ci ho trovato Irvine Welsh, sai – la narrativa, la cronologia spezzata, etc, tutti trucchi narrativi che mi piacciono veramente... ehm... [pagina] 35... “spionaggio in un ambiente di colpa”! Potresti espandere questo concetto?

GA: Ahi, è una parola, tornare indietro con la mente...

RF: Si trova nella parte ambientata in Germania.

GA: Sì, sì... Il sionismo si basa su diverse forme di sfruttamento. E quando si parla della Germania, la cosa è molto chiara: tutto questo libro è [su] diversi metodi e pragmatiche che sono là per far sì che i tedeschi rimangano con il senso di colpa il più a lungo possibile. Perchè una volta che l'Olocausto sarà risolto, Israele cesserà di esistere. L'identità ebraica si definisce con delle negazioni. Se io ti chiedo: “Che cosa sei tu?” tu mi dici: “Sono un blogger, sono italiano...”

RF: Homo Sapiens... questa è la mia solita risposta.

GA: Sì! Ora, se chiedi a un ebreo – cioè, una persona che politicamente si identifica come ebreo – sai, potrebbe, magari ti dirà: “Beh, vedi, non sono proprio italiano perché, no-no, non sono un cristiano”, capisci? Ma se gli chiedi: “Che cosa sei? Non che cosa non sei?”, ti dirà: “Vedi, sono nato ebreo, ma non sono religioso...”. Usano sempre delle negazioni, tutto un apparato di negazioni. Perchè hanno difficoltà a definirsi positivamente. Ora, quando questa è la situazione, hai bisogno di nemici. Ecco perché il sioniso non può prosperare senza l'antisemitismo. Ed ecco perché il senso di colpa è così cruciale per gli israeliani. Perché il senso di colpa mantiene il ricordo dell'odio. Ora io, da lì, ho sviluppato leggermente il modello: uno dei più grossi problemi che hanno – in un certo senso – gli ebrei, il che naturalmente comprende gli Ebrei Socialisti, le organizzazioni politiche o ideologiche ebraiche, [è che] veramente scambiano la tolleranza dell'Occidente per stupidità. Questa è una rivelazione scioccante! È uno scioccante elemento nella storia ebraica. Ed è per questo che... l'ethos Occidentale è sostanzialmente basato, fondato sulla tolleranza.

RF: Sì.

GA: Questa è l'idea del Cristianesimo: l'altra guancia. E quando si tratta di politica ebraica, non la rispettano: la interpretano come stupidità. E tirano la corda, tirano, e tirano. Finché un giorno qualcuno si alza e dice: “Basta! Quando è troppo è troppo!” . Ed è lì che si ha questo momento dell'inversione di marcia. La marea sta cambiando. Quando ascolti (è un nome idiota, ma esistono queste cose in Israele) Yad Vashem, e tutti questi istituti idioti, che si interessano solamente del dolore degli ebrei – esclusivamente! Sai? Che è una cosa bizzarra. Il completo opposto dell'universalismo. Ascolti questi idioti, esperti dell'Olocausto, e loro ti parlano di come la Germania fosse il posto più tollerante, più liberale, e improvvisamente, inaspettatamente, tutto cambiò. E questo è esattamente quello che sta succedendo adesso. Non è che fossero tolleranti: voi tiravate continuamente la corda. Guarda un po', cioè... e ci sono ebrei – o c'erano ebrei, e altri – che erano molto preoccupati di questo fatto, sai? Puoi andare a rileggerti Bernard Lazare, che cercò di analizzare perché gli ebrei si attirassero così tanto odio addosso.

RF: Questo negli Anni Trenta?

GA: No, questo era durante l'epoca dell'affare Dreyfus: tipo, alla fine dell'Ottocento.

RF: Quali furono le sue conclusioni?

GA: Che c'è qualcosa, decisamente, [che] gli ebrei stanno sbagliando, collettivamente. E qualcosa nella cultura. E, tra parentesi, il sionismo fu un modo di affrontare il problema. I sionisti si alzarono e dissero: "Ascoltate, stiamo sbagliando tutto: dobbiamo migliorarci. Siamo un'identità molto, molto malata. Però non è colpa nostra: è perché viviamo nella diaspora. Se torniamo nella nostra terra, miglioreremo". E io, tra l'altro, sono d'accordo con i primi sionisti. Ed è per questo che gente come gli ebrei anti-sionisti hanno detto: "Gilad è un sionista, è d'accordo con i sionisti". Sono certamente d'accordo che ci sia qualcosa di veramente malsano nell'identità della diaspora. Tuttavia, non sono necessariamente d'accordo – anzi, sono necessariamente in disaccordo – che questo problema si potesse risolvere espellendo il popolo palestinese, sai? Quello era soltanto un diversivo e, come possiamo vedere, è fallito. E, a dire la verità, ci ho pensato negli ultimi giorni, il sionismo fu in effetti un colpo di genio: da un lato prometteva di redimere gli ebrei (fu una promessa non mantenuta).; prometteva di redimere gli ebrei ma prometteva anche ai Goyim di restituirgli i loro paesi judenfrei. Il che è una sorta di pulizia etnica volontaria. Che è un'idea folle, no? Prova a immaginare in Italia che una minoranza con cui alcuni italiani hanno problemi, dicesse a un certo punto, volontariamente: "Sai che c'è? Ce ne andiamo!". Capisci, è molto insolito. Non ho mai sentito niente del genere. Ma non funzionò. Perché non funzionò? Prima di tutto, ci sono tutti i noti problemi, sai: fu a spese di un altro popolo – i palestinesi – questo lo sappiamo già tutti; ma guarda che cosa è successo al resto del mondo: non fu solo che quella promessa per una pulizia etnica volontaria non venne mantenuta: adesso siamo anche assoggettati alle più depravate, etnocentriche lobbies in mezzo a noi. Guarda qua: gli Amici Conservatori di Israele, AIPAC in America...

RF: Fiamma Nirenstein & Co. in Italia...

GA: Depravate lobbies (1). E (2), stiamo pagando il prezzo di tutte quelle guerre sioniste di intervenzionismo che – se non altro – hanno mandato il prezzo dell'energia alle stelle e, ancora più cruciale, ci rendono complici in atrocità che sono di gran lunga peggiori delle atrocità naziste, le quali – tra l'altro – non siamo nemmeno autorizzati a mettere in discussione. Capisci? Quindi, il sionismo: il fallimento del sionismo e il disastro che potrebbe infliggere agli ebrei è colossale perché io penso che Dershowitz abbia ragione a riguardo, sai? Nessuno voleva ascoltare: "Sono stato bloccato" [ha detto].

(qui la seconda parte)

Saturday 2 April 2011

Un' intervista con domande? Inaudito!

di Rinaldo Francesca

Siano nelle Vs preghiere ricordate le pene del Frattini Franco, Ministro Affari Esteri, vanto nazionale, nonché fiore all'occhiello dell'italica diplomazia. Dedicate, Ve ne prego, un pensierino di compassione al M.A.E.stro, poiché dev'essere ancora un po' sbattutello dopo il traumatizzante incontro con il perfido giornalista inglese Jeremy Paxman e le sue implacabili domande.
Poverino, Frattini-Franco, la nostra simpatia vola a te! Ti ha sconvolto quel signore cattivo? In Patria eri abituato troppo bene – nevvero – con ossequiosi e addomesticati giornalisti, addestrati a non fare mai domande difficili, e per i quali è più che sufficiente, come risposta, uno dei tuoi enigmatici “forse...”, magari accompagnati da quella tua adorabile espressione facciale, sopracciglia allargate, occhietti semichiusi, leggero movimento del capino verso il soffitto, come a voler dire: io-lo-so-ma-non-te-lo-dico-trallallà...
Àp0ti si era un po' affezionato a questa omologata espressione sibillina – quasi tradizionale fra i politici itagliani – ma deve constatare con dolore che purtroppo, come dimostra la Storia, non è il tipo di trucchetto con il quale si possano infinocchiare i giornalisti all'estero – quei guastafeste! Basti guardare come sono crollati tanti altri nostri italici eroi che pensavano di sfangarla anche all'estero solo con il loro charme... Si pensi all'eroica Nicole Minetti (la cui intervista apparve già su queste pagine), e a come è caduta con il sederino per terra (metaforicamente!), quando pensava che le sarebbe bastato il suo grazioso sorriso enigmatico per eludere le domande di quel giornalista cattivone della CNN. E sì che Lasignoraminetti – come gli storici la chiameranno – merita d'obbligo il nostro rispetto in quanto madre-lingua-inglese, come ci insegnò Silvio Berlusconi. Un ragionamento la cui logica ci sfugge, a onor del vero, anche se Àp0ti osa dire che, dopo aver visto quell'intervista in integrale, a suo parere Lasignoraminetti è tanto madre-lingua-inglese quanto lo è Francesco Rutelli, diolobenedica!
E quindi ahimé, Frattini-tenero-Frattini, se abbiamo appurato che certe tecniche, collaudate con i giornalisti italiani per evitare di dover dire loro: “A questa domanda non so rispondere; anche perché insomma, non è che l'ho proprio capita”, tecniche quali il passarsi la mano tra i morbidi capelli, fare un'ammiccatina invitante, parpellare un po' gli occhioni stile Bambi, rendere la propria voce un po' più suadente, come quella di una gattina che fa le fusa, se abbiamo appurato – dicevo – che tali tecniche sembrano non funzionare all'estero nemmeno per simili, gloriose tue colleghe quali Lasignoraminetti (e pensare che la strepitosa Mara Carfagna era riuscita a farle funzionare così bene in quella sua celebre campagna elettorale, seguendo a puntino le istruzioni dei curatori d'immagine di Papi - vedere video qui sotto),


beh Frattini mio, allora men che meno funzioneranno per te, che riesci – anche con i migliori sforzi – a simulare tutt'al più lo charme di un primo della classe colto in castagna.
Chi non avesse ancora visto l'intervista di cui si parla (Paxman vs Frattini, da non confondere con Frost vs Nixon) è pregato di visionarla qui, sul sito de



per verificare di persona come gli enigmatici “forse” del Frattini, tradotti qui in altrettanti “maybe”, non sembrino – ahimé – riscuotere gli stessi mormorii d'ammirazione con i quali vengono salutati in Patria.
Andate dunque, e non tornate più su questa pagina fino a che non avrete guardato attentamente il video, magari sull'attenti, tenendo una mano sul cuore e – ça va sans dire – fino a che non vi sarà venuto l'inevitabile magone dall'orgoglio di sapere che questo è l'Uomo che Vi rappresenta nel mondo. Andate, via-via!

Siete tornati? Avete visto?
Beh, sappiate prima di tutto che Àp0ti sceglie di ignorare a priori tutti coloro tra Voi che, alla visione dell'intervista, non sono riusciti a trattenersi dal pronunciare parole come viscido, untuoso, arrampicatore di specchi, e chissà quali altre crudeltà all'indirizzo del nostro Frattini, Foreign Minister of Italy.
Cinici e malpensanti, gli dice risolutamente, credete Voi forse di essere senza peccato?
Anzi guardate, se nessuno si decide a spezzare una lancia in favore del Frattini, vorrà dire che toccherà proprio a noi. Procediamo, allora.
Come avete visto, il Giornale della Repubblica è stato abbastanza gentile da pensare di includere la traduzione a quella che chiama una “incalzante intervista”; ecco qualche emozionante passaggio:

Frattini: "Gheddafi se ne deve andare"
Paxman: "Dove?"
F:"Non lo sappiamo ancora, spero in un paese africano"
"In quale paese africano?"
"Non possiamo saperlo"
"Perché non lo ospitate in Italia?"
"Lo escludiamo categoricamente"
"E perché?"
"Non vogliamo un dittatore"
"E perché non dite che deve comparire di fronte alla Corte internazionale di giustizia?"
"Dovrebbe, nessuno può garantirgli l'impunità"
P: "Quindi non può venire in Italia perché dovreste consegnarlo alla Corte?"
F: "Saremmo obbligati, ma ogni paese sarebbe obbligato"
P: "Perché qualcun altro dovrebbe ospitare Gheddafi?"
F: "E' per questo che non ci sono proposte formali"
P: "Ma ha detto che qualcun altro dovrebbe prenderlo..."
F: "Sì"
P: "Ma non sa quale paese vorrebbe che lo ospitasse"
F: "Non lo so, perché non ci sono proposte formali"
P: "Perché altri paesi dovrebbero essere più disponibili dell'Italia"
F: "Il Colonnello ci ha attaccato (sic), ha detto che abbiamo tradito, non lo possiamo più ospitare, [ha detto che] noi siamo il passato coloniale della Libia"

E l'affermazione secondo cui “abbiamo tradito” - Frattini-Franco – ahimé, potrebbe addirittura essere considerata esatta, se dovessimo dare ascolto a quei fastidiosi pignoli che magari ritengono un atto di tradimento mandare i caccia bombardieri a bombardare un paese con cui si era firmato un Trattato di Amicizia, Partnerariato e Cooperazione [1] solo due anni prima – tra baci e abbracci dei rispettivi leader... ma sai com'è, Frattini mio, che parlino pure, quei rompiballe!
No, quello che a noi interessa è il lato del burbero Jeremy Paxman in questo “incalzante” confronto: un giornalista che, stando a quanto racconta il leggendario reporter John Pilger, “[è stato costretto ad ammettere]: 'Sono perfettamente aperto all'accusa che [noi giornalisti] fossimo stati ingannati' [...], parlando delle inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq ad un gruppo di studenti l'anno scorso. 'Ovviamente, lo siamo stati'. Da speaker professionista, pagato profumatamente, ha dimenticato di spiegare perché si era lasciato ingannare”. [2]
In altre parole, sarà pure bello vedere il Jeremy Paxman sparare le sue domande all'ultimo sangue al povero, indifeso ministro degli esteri italiano: ancora più bello, però, sarebbe stato vedere lo stesso Paxman fare il suo lavoro – farlo davvero – nel biennio 2002-03, quando si trattava di smascherare con la stessa grinta tutti i patetici menzogneri che perpetuavano a gran voce la connerie (se ci si perdona il francese) delle Armi di Distruzione di Massa. Questo per due motivi:
1 – Adesso Paxman potrebbe almeno avere la dignità di guardarsi allo specchio, sapendo di aver contribuito a modo suo nel cercare di evitare quello che è poi diventato il peggiore genocidio della decade passata.
2 – Se c'è qualcuno che dovrebbe presentarsi davanti a quella stessa Corte Internazionale di Giustizia, con la quale Paxman si riempie tanto la bocchina, è proprio la leadership del paese che guidò la “coalizione dei volenterosi” che procedette al massacro dell'Iraq dal 2003 in poi. Quello stesso paese che – guarda caso – guida la “coalizione internazionale” oggi, e la cui attuale leadership continua risolutamente a non voler passare allo scrutinio i crimini dei suoi predecessori, all'insegna dell'orecchiabile slogan: “Guardiamo in avanti, non all'indietro”. [3]
Proseguiamo? Dài:

P: "Sulla Libia, vi sentite imbarazzati in qualche modo dal passato del vostro Paese?"
F: "Sì, per questo abbiamo firmato un trattato, perché siamo imbarazzati per le tante persone uccise dal fascismo in Libia"
P: "E i libici se ne ricordano.."

Ecco, un'altra bella occasione per Jeremy Paxman di mostrarci le sue credenziali di 'bleeding heart' – o buonista, come si dice. Allora dov'eri, Jeremy, quando si trattava di sfidare con altrettanta correttezza politica l'ex primo ministro del tuo paese (il cui nome continua a sfuggirci: scusateci tanto, ma il nostro cervello ha categorizzato la sua leadership come talmente ininfluente nel corso della storia, da averlo relegato in un pantheon tutto speciale per quelli come lui, nel quale Frattini andrà ben presto a tenergli compagnia)? Te lo ricordi il suddetto primo ministro, quando – solo un paio d'anni prima di diventare l'erede di Tony Blair - blaterava che era ora che il Regno Unito la smettesse di chiedere scusa per il suo sanguinoso passato coloniale, ma che era anzi arrivato il momento di celebrare con gioia l'imperialismo British Style? [4]
Sempre per citare John Pilger – scusaci, Jeremy Paxman, ma sono quelle le persone che noi consideriamo veri giornalisti: niente di personale - “Nel libro Olocausti dell'Ultimo Periodo Vittoriano, lo storico Mike Davis documenta che qualcosa come 21 milioni di indiani morirono a causa di carestie imposte criminalmente dalle politiche coloniali britanniche”. [5]
Dov'eri allora, quando si trattava di chiedere al tuo ex primo ministro se si sentiva imbarazzato per il passato della Gran Bretagna?
Che cosa ne dici, Jeremy Paxman? Pensi che gli indiani se ne ricòrdino?

Rinaldo Francesca

[1] Disponibile qui:
http://www.iai.it/pdf/Oss_Transatlantico/108.pdf
[2] Perché le guerre non sono riportate onestamente? Reperibile su:
http://ap0ti.blogspot.com/2010/12/perche-le-guerre-non-sono-riportate.html
[3] Edward S. Herman: “Look forward,
not back,” and other Cliches, Idiocies, and Abused Words, 4 aprile 2009, pubblicato su:
http://www.phillyimc.org/en/%E2%80%9Clook-forward-not-back%E2%80%9D-and-other-cliches-idiocies-and-abused-words
[4] Benedict Brogan: It's time to celebrate the Empire, says Brown, The Daily Mail, 15 gennaio 2005, disponibile su:
http://www.dailymail.co.uk/news/article-334208/Its-time-celebrate-Empire-says-Brown.html
[5] John Pilger: Iran: the war ahead, 16 aprile 2007, reperibile qui:
http://www.newstatesman.com/politics/2007/04/iran-pilger-iraq-british-blair