Originalmente pubblicato l'11 settembre 2012
È con un po' d'emozione che qui alla redazione di Àp0ti Vi rendiamo edotti di quanto i nostri umettati occhi hanno avuto modo di vedere ieri, alla gloriosa apertura della ventunesima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, qui al palazzo dell'ONU in quel di Ginevra.
Tali e tante sono state le perle che ci sono state offerte: toh, per
esempio l'intervento dell'Italia, nel
quale ci è stato ricordato come per il Balpaese i Diritti Umani non siano solo
un imperativo morale, no-no-no, ma anche e soprattutto un motore per
cambiamenti sociali – e sarà forse per questo, infatti, che l'Italia non si fa
più viva a Palazzo Wilson, da
quando ha subìto un cazziatone dal Comitato per i
Diritti Umani nel 2005, per via della sua tendenza a far finta di
niente quando macellai della Diaz (GE –
2001) ottenevano premiucci e promozioni varie... e
adesso a ripresentare un rapporto al suddetto Comitato non ci pensa neanche,
tant'è che si trova in ritardo di tre anni...
Alle volte, sapete com'è...
Ma non è di questo che desideriamo parlarVi: a rischio di fare un torto a
tutti gli altri pressanti fattarelli in giro per il mondo – e di finire sul
ripetitivo – vogliamo qui riaprire una finestra sulla Siria: anche perché, come
saprete, qui si stanno preparando risoluzioni e mandati di comparizione alla
Corte Penale Internazionale (tramite segnalazione ad Assemblea Generale... ma
perché tediarVi con la procedura?)
Orbene, prevedibilmente, l'attuale sessione del Consiglio si è aperta con i
riflettori fermamente puntati sulla Siria, con decine di delegati che hanno
espresso la loro costernazione agli allarmanti, ultimi sviluppi. Fra tutti
però, soltanto uno è l'intervento che meriti veramente a pieno titolo
l'appellativo di “capolavoro”, a nostra modesta opinione: quello dell'ambasciatrice
americana Donahoe (sorpresa-sorpresa), in parte per quello che
ha detto, e in parte per quello che ha accuratamente evitato di dire. Vediamo
un po'.
Eileen Chamberlain Donahoe, senza menare tanto il can per l'aia, ci ha
rammentato che sì, d'accordo, fa sempre bene ricordare diritti umani e tutta
quella roba, stragi e tragedie... a patto però di non dimenticare che cosa c'è
davvero a monte di tutto questo: vale a dire “un brutale regime [che] ha scelto
di reagire con la violenza e tattiche prive di coscienza contro delle
manifestazioni pacifiche”. Questo, per chi avesse difficoltà a leggere tra le
righe, significa - e ricordiamocelo bene, come suggerisce la Donahoe – che
anche per la Siria è arrivato il momento di un caro, vecchio cambio di regime.
E, a quanto pare, le delegazione USA doveva veramente pensare di avere
davanti un pubblico un po' duro d'orecchie, visto che un paio d'ore dopo la
stessa ambasciatrice si è presentata anche a un evento ad hoc sullo stesso tema, reiterando nuovamente lo stesso, identico
discorso (ho avuto il piacere di partecipare a entrambi gli eventi).
E quindi insomma, per chi non lo avesse capito, qui c'è un regime brutale
che va cambiato e, ovviamente, questa è la priorità.
E, in effetti, che i Diritti Umani non fossero in cima alla lista degli
USA, in questo caso specifico, lo avevamo anche subodorato: perché, suvvìa, se
così fosse, eventualmente – che ne dite – la CIA non starebbe fornendo
supporti tattici e logistici ai ribelli già dal mese scorso in
via ufficiale (e in via ufficiosa, chissà da quanto tempo), non Vi pare? Quei
ribelli, detto per inciso, che stando al rapporto della Commissione ONU, che
la stessa Donahoe non smette mai di citare, si sono macchiati di crimini di
guerra ed esecuzioni sommarie (paragrafo 60), violazioni dei diritti dei
bambini (paragrafi 114-5), violazioni del Diritto Umanitario Internazionale e
di tortura (paragrafo 134). No?
E queste, cari amici Àp0ti, sono per l'appunto le cosucce che la delegata
USA evita accuratamente di dire. Tanto che, quando tuona contro il clima
d'impunità che la comunità internazionale non può permettersi di tollerare,
etc. etc., l'ascoltatore è inevitabilmente portato a ritenere che i fantomatici
“perpetratori” che gli USA sono risoluti a trascinare di fronte alla Corte
Penale Internazionale siano esclusivamente i membri delle forze dell'esercito
siriano e paramilitari (Shabbiha),
mentre si tace disinvoltamente sui cosiddetti “ribelli”.
E siete altresì pregati di ignorare gli ultimi 11 anni di storia (11 anni esatti, per la precisione), nei quali i
portavoce delle ultime due amministrazioni USA in tutto il mondo ci hanno
quotidianamente strombazzato l'assoluta priorità di “stanare Al-Qaida”, ovunque
si trovasse, e non dare quartiere alle Forze del Male, bla-bla-bla...
Eh sì perché – altro piccolo dettaglio – il sunnominato rapporto della Commissione ONU
evidenzia eccome che “il più importante [gruppo ribelle] è il Al-Nusrah Fronte
per il Popolo del Levante, un gruppo che avrebbe legami con Al-Qaida, e che ha
rivendicato parecchi attacchi, tra i quali attentati suicidi contro forze del
governo e alti ufficiali (paragrafo 30).
Che dite, gli sarà sfuggito?
A presto, con nuovi aggiornamenti.
Un abbraccio da Ginevra.
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