Tra le numerose spiegazioni che sono state offerte sulla strana moria di pesci e uccelli che ha investito così distanti parti del nostro pianeta due mesi fa, dalla Svezia [1] all'Arkansas [2], nessuna – a mio parere - sembra più plausibile dell'interpretazione che traccia un collegamento tra questo enigma e il disastro ecologico causato dalla BP la scorsa estate. [3]
D'altronde, l'autore Ian R. Crane aveva già a suo tempo predetto, in un'intervista pubblicata su queste stesse pagine [4], che la catastrofe ambientale targata BP avrebbe avuto ripercussioni sull'ecosistema di aree ben distanti dal Golfo del Messico, a causa della Corrente del Golfo che avrebbe trasportato acqua piovana contaminata di Corexit fino in Messico settenrionale, nel Midwest degli Stati Uniti e ben oltre. Puntualmente, fenomeni allarmanti si sono verificati in quelle latitudini e ormai non è più necessario un genio, in questo caso, per collegare i puntini.
Non a caso questa spiegazione sembra l'unica ad essere stata accuratamente evitata dal programma televisivo italiano Voyager che, nell'episodio trasmesso il 17 gennaio, si interrogava per l'appunto sul misterioso fenomeno ("un vero rompicapo", a detta del presentatore).
Detto tra parentesi, solo nei tragici media italiani, dove sembra quasi che ci sia la legge non scritta di non lasciare mai trascorrere più di un quarto d'ora nel palinsesto senza che vengano citate un po' le Sacre Scritture, e dove per ogni tema da trattare di volta in volta c'è sùbito pronto il santino archetipico (sei scettico? Allora sei un po' come San Tommaso; ti ravvedi? Allora sei come San Paolo sulla via per Damasco, e via dicendo), solo in quelle squallide reti catechizzate si potevano sprecare preziosi minuti d'introduzione per lasciare la parola al visionario allucinato Giovanni evangelista, e alle sue cosiddette profezie nel suo folle libro l'Apocalisse.
Questo in una trasmissione che si ritiene "scientifica". Vedere per credere. [5]
Sia come sia, datemi pure del romantico sentimentale, ma non riesco a fare a meno di sentire la mancanza di una voce che, in questo contesto, sarebbe stata in altri tempi la massima autorità: mi sto riferendo al filosofo americano Charles Hoy Fort (1874 – 1932).
Una breve digressione per i cinefili: chiunque tra voi abbia mai visto il film Magnolia (1999) non può non essersi domandato quale fosse il collegamento tra quella bizzarra introduzione episodica di poco più di cinque minuti, all'inizio del film, e il resto della trama. Qual era lo scopo di mostrare tre leggende urbane, spacciate per "fatti" realmente accaduti, con il solo scopo di concludere, poco prima dell'inizio del fim vero e proprio: "Ci rifiutiamo di credere che questi fatti accadano per caso"?
Bene, si dà il caso che il regista del film, Paul Thomas Anderson, sia – o comunque sia stato, al momento della realizzazione di Magnolia – un avido lettore di Charles Hoy Fort, l'inventore dell'inspiegato e dell'inspiegabile, come alcuni lo hanno definito.
Certo, resta ancora da vedere fino a che punto Anderson avesse ben digerito l'opera di Charles Fort, un autore che, non avendo mai esitato a lasciar trapelare dai suoi scritti di essere ateo, o perlomeno agnostico, non scrisse mai niente che potesse far pensare a una sua convinzione che gli eventi per i quali la scienza non aveva una spiegazione fossero da inquadrarsi in un non meglio identificato disegno soprannaturale.
E, andando a ben vedere, anche gli episodi selezionati da Paul Thomas Anderson non fanno molto credito alla causa dei fortiani: il riproporre la leggenda del sommozzatore morto perché pescato in un lago da un veivolo antincendio e poi gettato nel bosco in fiamme assieme all'acqua per spegnere l'incendio – una leggenda tanto falsa quanto vecchia come il proverbiale cucco – è una mossa quantomeno dubbia, [6] né le si conferisce più credibilità assicurandoci che la notizia fu riportata sul Reno Gazette nel 1983 (abbiamo verificato: non è mai successo).
In realtà, nell'introduzione di Magnolia, l'unico episodio genuinamente fortiano (in quanto riportato sul libro di Charles Fort Talenti Selvaggi – 1932) è proprio quello che apre il film. L'evento viene narrato nel film come segue:
"Sul New York Herald, 26 novembre 1911, c'è la notizia dell'impiccagione di tre uomini. Vennero messi a morte per l'omicidio di Sir Edward William Godfrey, marito, padre di famiglia e gentiluomo residente di Greenberry Hill, Londra. L'uomo fu ucciso da tre vagabondi, il cui unico movente era la rapina. I vagabondi furono identificati come Joseph Green, Stanley Berry e Daniel Hill.
Greenberry Hill".
Vero, vero: anche in questo caso è bene verificare due o tre fatti: la vittima in questione si chiamava in effetti Edward Berry Godfrey e per il suo omicidio furono arrestati Robert Green, Henry Berry e Lawrence Hill... ma l'evento accadde nel lontano 1678!
Vi dirò di più: a tutt'oggi aleggiano il mistero e l'odore di cospirazione su questa storia, in cui Green, Berry e Hill potevano anche essere dei capri espiatori.
E per coloro che, come il sottoscritto, risiedono a Londra e si domandano dove mai si trovi questa fantomatica Greenberry Hill, ecco svelato il mistero: si tratta dell'antico nome di Primrose Hill, storica ed attule residenza di svariati milionari: mi sembra di averci scorto Robert Plant una volta e, per menzionare un milionario più illustre, Primrose Hill fu anche la residenza in cui Friedrich Engels visse per molti anni mentre, tra un bicchiere di Chateau Lafite e l'altro, metteva nero su bianco le orribili condizioni della classe lavoratrice (indubbiamente agevolato nel dedicarsi solo ai suoi studi dai notevoli proventi derivati dallo sfruttamento del lavoro minorile alla ditta tessile Ermen & Engels, di cui suo padre era maggiore azionista). [7]
Perdonatemi, avrete notato che ho l'abitudine di divagare.
Ciò che volevo dire è che, se da un lato sono grato a Paul Thomas Anderson per aver riproposto Charles Fort al grande pubblico, dall'altro preferirei che il regista americano avesse fatto meglio i suoi còmpiti.
Allora, scopriamo un po' chi era questo Charles Fort?
Per carità, non ho intenzione di competere con l'impeccabile biografia che si trova sul sito degli studi fortiani [8] (ebbene sì: il suo lavoro è stato ripreso e tuttora continua a essere rimpinguato da una "dinastia" di seguaci). Vorrei solo aggiungere una mia modesta interpretazione alla sua opera.
Per dirla in una frase: qui si parla di un uomo che rifiutava di farsela raccontare. Un uomo che non la beveva. E scusate se un sito chiamato Àp0ti ha commesso il peccato di aspettare così a lungo prima di dedicargli un pezzo.
Si sta parlando di un uomo che, a un certo punto della sua vita, si rese conto che, per troppi eventi dalla natura inspiegabile, le frettolose spiegazioni che la scienza presuntuosa di allora (di sempre?) pretendeva di dare erano decisamente sospette e puzzavano di storielle di comodo. A Fort non sfuggiva che suddette spiegazioni funzionavano solo purché si scegliesse di ignorare certi fatti, minimizzarne altri, ingigantirne altri ancora. Fu lui, nei suoi scritti, ad insistere nel collegare fatti che le onnipresenti "autorità", nella stampa e nelle accademie, rifiutavano di vedere come connesse.
Il suo sdegno per chi si arrogava la posizione di "autorità" – in qualunque campo questo accadesse – era sempre espresso con un'ironia abrasiva e uno stile ermetico non sempre facile da seguire. Ecco che cosa scrive di lui Stefano Panizza:
"Per la loro tradizionale forma mentis gli scienziati ufficiali tendono a respingere le storie di strani oggetti che cadono, liquidandole come burle o vere e proprie falsità. E se qualche scienziato ortodosso se ne occupa seriamente, di solito tira in ballo condizioni atmosferiche eccezionali, come le trombe d’aria che, come è noto, possono sollevare e far ricadere anche animali grossi come buoi.
Ma questa è una spiegazione tutt’altro che esauriente, visto che spesso vengono segnalate cadute di oggetti insoliti in giornate del tutto serene. E nemmeno le trombe marine, che secondo gli scienziati solleverebbero animali marini e li farebbero precipitare sulla terraferma, chiariscono questi eventi. Queste, infatti, in genere non riescono ad arrivare molto all’interno della terraferma per scaricare pesce fresco sulle pianure; per lo meno non è mai stato rilevato un caso simile.
La verità è che piogge di rane e di pesci si sono verificate sempre nel corso dei secoli e sono state puntualmente registrate.
Fort annotò una casistica infinita di eventi strani”.
Ricordate la misteriosa – e mai spiegata – pioggia di rane in Magnolia?
Ora, prima che vi affrettiate a pensare che il buon Rinaldo sia uscito di testa, e che improvvisamente abbia deciso di occuparsi di animali che piovono dal cielo – con le ben più pressanti emergenze del momento – vorrei solo specificare che non è tanto dagli eventi riportati, quanto dal metodo fortiano che ritengo ci sia sempre qualcosa da imparare. Si tratta, in soldoni, semplicemente di questo: diffidare sempre delle autorità e delle storielle che ci raccontano, essere sempre disposti a vedere collegamenti laddove apparentemente non ce ne sono e tenere una mente aperta e disposta a cambiare le proprie opinioni quando un fatto nuovo (e verificato!) si presenta a smentirle.
Scusate se è poco.
E anche a coloro che hanno storto il naso al mio uso della parola "filosofo", riferita a Fort (come può mai considerarsi tale chi non si è mai nemmeno occupato di empirismo ontologico? Tsk!), vorrei umilmente ricordare che le "autorità" (rieccole alla carica) che decisero a suo tempo quali pensatori dovessero o non dovesero essere inclusi nei programmi di filosofia che ci vennero impartiti al liceo – e che esclusero debitamente Fort – sono le stesse che ci inflissero filosofi con idee ben più balzane di Charles Fort (da Lucrezio, a Keplero, passando per Hobbes: scommetto che ognuno di voi ha la sua lista).
Al contrario, nei suoi scritti, aldilà dei puri fatti (e stiamo parlando di qualcosa come venticinquemila fatti inspiegabili, che Fort annotò pedissequamente, verificandone l'autenticità e collegandoli cronologicamente), si legge eccome un filo ricorrente di metodo filosofico. Citando ancora Panizza:
"La scienza isola i fenomeni e le cose per osservarli. La grande idea di Fort è che niente è isolabile. Ogni cosa isolata cessa di esistere. E la maggior parte delle cose vive in stati intermedi. Ad esempio tra il vivere e il morire ci sono altre fasi, come in cui un individuo non vive ma semplicemente si impedisce di morire. Lo studioso concepisce le cose come occupanti dei gradi, delle tappe nel percorso di conoscenza di un fenomeno. Non dobbiamo scegliere un fatto perché lascia tranquilla la ragione, ma considerare anche i fatti inquietanti perché sono tutti sfaccettature di non stesso accadimento. Non sono importanti solo gli avvenimenti, ma soprattutto i rapporti fra di loro. C’è un’ unità che sta sotto a tutte le cose e a tutti i fenomeni".
Spero che questo renda l'idea.
Certo, alcune teorie fortiane, quali il teletrasporto, o il Gran Mar dei Sargassi (che non mi metterò qui a esplorare) sono ancora, come dire, al vaglio. Ho però il sospetto che anche in questo caso Fort – la cui ironia non veniva sempre recepita da tutti – avesse intenzione di parodiare la scienza, mostrando come fosse semplice produrre, come facevano le "autorità", una qualunque teoria "tappabuchi" che, pur nella sua assurdità, sembrava convenientemente spiegare tutto.
Concedetemi qualche citazione da Fort in persona.
Da Lo! (1931):
"Ci sono naturalmente altre spiegazioni per i 'poteri occulti' dei bambini. Una è che i bambini, invece di essere atavici, possano essere occasionalmente più avanti dei loro genitori, mostrando promettenti poteri umani latenti, perché la loro mente non è ancora oppressa dal conformismo. Dopodiché vanno a scuola e perdono la loro superiorità. Pochi ragazzi-prodigio sono sopravvissuti all'istruzione".
Da Talenti Selvaggi (1932):
"Uno degli interessanti paradossi della nostra esistenza – che priva la matematica di ogni significato – è che un crimine moltiplicato per un milione diventi patriottismo".
"Beh [direte voi], se davvero esistono i maghi, allora come mai non sono i maghi ad aver acquisito il potere politico? Io non sono mica sicuro che non l'abbiano fatto".
Da Il Libro Dei Dannati (1919):
"La più semplice strategia sembra essere questa: non darsi mai il disturbo di combattere qualcosa: lasciare che siano piuttosto le sue parti a combattersi le une contro le altre".
"[...] nessuno ha mai veramente investigato una cosa, ma ha piuttosto sempre cercato positivamente di dimostrare, in positivo o in negativo, qualcosa di cui era già convinto in partenza".
Ancora convinti che quest'uomo non meriti di essere iscritto al pantheon dei filosofi?
Personalmente, la concezione di vedere ogni cosa come in uno stadio intermedio, e magistralmente espressa con la frase "Everything merges away with something else" (ogni cosa si trasmuta in – e si unisce con – qualcos'altro, per tradurla nell'inadeguata e ampollosa lingua italiana), è un'idea che mi aiuta ogni giorno e che – a voler ben vedere – vorrebbe Fort come colui che coniò il concetto del "Tutto È Relativo" nel 1919. Dove finisce una cosa e inizia un'altra? Dove mettiamo il confine? E non rischiamo forse di perdere tutto nel momento in cui inseriamo detto confine?
Quando mi capitò di leggere il biologo Jacques Monod che, nel suo celeberrimo Il Caso E La Necessità, s'interrogava su quali fossero i criteri che ci permettevano di dire che cosa fosse un organismo "vivo" e che cose non lo fosse (una domanda dalla risposta più difficile di quanto non si tenda a pensare), o Massimo Fini [9] che si interrogava su dove si trovasse il punto in cui finiva la democrazia e cominciava la dittatura e - in entrambi i casi - dove si dovesse mettere il confine tra l'una e l'altra cosa, solo un nome mi frullava per la testa: quello di Charles Fort. Ogni cosa si trasmuta in qualcos'altro.
D'altronde, l'autore Ian R. Crane aveva già a suo tempo predetto, in un'intervista pubblicata su queste stesse pagine [4], che la catastrofe ambientale targata BP avrebbe avuto ripercussioni sull'ecosistema di aree ben distanti dal Golfo del Messico, a causa della Corrente del Golfo che avrebbe trasportato acqua piovana contaminata di Corexit fino in Messico settenrionale, nel Midwest degli Stati Uniti e ben oltre. Puntualmente, fenomeni allarmanti si sono verificati in quelle latitudini e ormai non è più necessario un genio, in questo caso, per collegare i puntini.
Non a caso questa spiegazione sembra l'unica ad essere stata accuratamente evitata dal programma televisivo italiano Voyager che, nell'episodio trasmesso il 17 gennaio, si interrogava per l'appunto sul misterioso fenomeno ("un vero rompicapo", a detta del presentatore).
Detto tra parentesi, solo nei tragici media italiani, dove sembra quasi che ci sia la legge non scritta di non lasciare mai trascorrere più di un quarto d'ora nel palinsesto senza che vengano citate un po' le Sacre Scritture, e dove per ogni tema da trattare di volta in volta c'è sùbito pronto il santino archetipico (sei scettico? Allora sei un po' come San Tommaso; ti ravvedi? Allora sei come San Paolo sulla via per Damasco, e via dicendo), solo in quelle squallide reti catechizzate si potevano sprecare preziosi minuti d'introduzione per lasciare la parola al visionario allucinato Giovanni evangelista, e alle sue cosiddette profezie nel suo folle libro l'Apocalisse.
Questo in una trasmissione che si ritiene "scientifica". Vedere per credere. [5]
Sia come sia, datemi pure del romantico sentimentale, ma non riesco a fare a meno di sentire la mancanza di una voce che, in questo contesto, sarebbe stata in altri tempi la massima autorità: mi sto riferendo al filosofo americano Charles Hoy Fort (1874 – 1932).
Una breve digressione per i cinefili: chiunque tra voi abbia mai visto il film Magnolia (1999) non può non essersi domandato quale fosse il collegamento tra quella bizzarra introduzione episodica di poco più di cinque minuti, all'inizio del film, e il resto della trama. Qual era lo scopo di mostrare tre leggende urbane, spacciate per "fatti" realmente accaduti, con il solo scopo di concludere, poco prima dell'inizio del fim vero e proprio: "Ci rifiutiamo di credere che questi fatti accadano per caso"?
Bene, si dà il caso che il regista del film, Paul Thomas Anderson, sia – o comunque sia stato, al momento della realizzazione di Magnolia – un avido lettore di Charles Hoy Fort, l'inventore dell'inspiegato e dell'inspiegabile, come alcuni lo hanno definito.
Certo, resta ancora da vedere fino a che punto Anderson avesse ben digerito l'opera di Charles Fort, un autore che, non avendo mai esitato a lasciar trapelare dai suoi scritti di essere ateo, o perlomeno agnostico, non scrisse mai niente che potesse far pensare a una sua convinzione che gli eventi per i quali la scienza non aveva una spiegazione fossero da inquadrarsi in un non meglio identificato disegno soprannaturale.
E, andando a ben vedere, anche gli episodi selezionati da Paul Thomas Anderson non fanno molto credito alla causa dei fortiani: il riproporre la leggenda del sommozzatore morto perché pescato in un lago da un veivolo antincendio e poi gettato nel bosco in fiamme assieme all'acqua per spegnere l'incendio – una leggenda tanto falsa quanto vecchia come il proverbiale cucco – è una mossa quantomeno dubbia, [6] né le si conferisce più credibilità assicurandoci che la notizia fu riportata sul Reno Gazette nel 1983 (abbiamo verificato: non è mai successo).
In realtà, nell'introduzione di Magnolia, l'unico episodio genuinamente fortiano (in quanto riportato sul libro di Charles Fort Talenti Selvaggi – 1932) è proprio quello che apre il film. L'evento viene narrato nel film come segue:
"Sul New York Herald, 26 novembre 1911, c'è la notizia dell'impiccagione di tre uomini. Vennero messi a morte per l'omicidio di Sir Edward William Godfrey, marito, padre di famiglia e gentiluomo residente di Greenberry Hill, Londra. L'uomo fu ucciso da tre vagabondi, il cui unico movente era la rapina. I vagabondi furono identificati come Joseph Green, Stanley Berry e Daniel Hill.
Greenberry Hill".
Vero, vero: anche in questo caso è bene verificare due o tre fatti: la vittima in questione si chiamava in effetti Edward Berry Godfrey e per il suo omicidio furono arrestati Robert Green, Henry Berry e Lawrence Hill... ma l'evento accadde nel lontano 1678!
Vi dirò di più: a tutt'oggi aleggiano il mistero e l'odore di cospirazione su questa storia, in cui Green, Berry e Hill potevano anche essere dei capri espiatori.
E per coloro che, come il sottoscritto, risiedono a Londra e si domandano dove mai si trovi questa fantomatica Greenberry Hill, ecco svelato il mistero: si tratta dell'antico nome di Primrose Hill, storica ed attule residenza di svariati milionari: mi sembra di averci scorto Robert Plant una volta e, per menzionare un milionario più illustre, Primrose Hill fu anche la residenza in cui Friedrich Engels visse per molti anni mentre, tra un bicchiere di Chateau Lafite e l'altro, metteva nero su bianco le orribili condizioni della classe lavoratrice (indubbiamente agevolato nel dedicarsi solo ai suoi studi dai notevoli proventi derivati dallo sfruttamento del lavoro minorile alla ditta tessile Ermen & Engels, di cui suo padre era maggiore azionista). [7]
Perdonatemi, avrete notato che ho l'abitudine di divagare.
Ciò che volevo dire è che, se da un lato sono grato a Paul Thomas Anderson per aver riproposto Charles Fort al grande pubblico, dall'altro preferirei che il regista americano avesse fatto meglio i suoi còmpiti.
Allora, scopriamo un po' chi era questo Charles Fort?
Per carità, non ho intenzione di competere con l'impeccabile biografia che si trova sul sito degli studi fortiani [8] (ebbene sì: il suo lavoro è stato ripreso e tuttora continua a essere rimpinguato da una "dinastia" di seguaci). Vorrei solo aggiungere una mia modesta interpretazione alla sua opera.
Per dirla in una frase: qui si parla di un uomo che rifiutava di farsela raccontare. Un uomo che non la beveva. E scusate se un sito chiamato Àp0ti ha commesso il peccato di aspettare così a lungo prima di dedicargli un pezzo.
Si sta parlando di un uomo che, a un certo punto della sua vita, si rese conto che, per troppi eventi dalla natura inspiegabile, le frettolose spiegazioni che la scienza presuntuosa di allora (di sempre?) pretendeva di dare erano decisamente sospette e puzzavano di storielle di comodo. A Fort non sfuggiva che suddette spiegazioni funzionavano solo purché si scegliesse di ignorare certi fatti, minimizzarne altri, ingigantirne altri ancora. Fu lui, nei suoi scritti, ad insistere nel collegare fatti che le onnipresenti "autorità", nella stampa e nelle accademie, rifiutavano di vedere come connesse.
Il suo sdegno per chi si arrogava la posizione di "autorità" – in qualunque campo questo accadesse – era sempre espresso con un'ironia abrasiva e uno stile ermetico non sempre facile da seguire. Ecco che cosa scrive di lui Stefano Panizza:
"Per la loro tradizionale forma mentis gli scienziati ufficiali tendono a respingere le storie di strani oggetti che cadono, liquidandole come burle o vere e proprie falsità. E se qualche scienziato ortodosso se ne occupa seriamente, di solito tira in ballo condizioni atmosferiche eccezionali, come le trombe d’aria che, come è noto, possono sollevare e far ricadere anche animali grossi come buoi.
Ma questa è una spiegazione tutt’altro che esauriente, visto che spesso vengono segnalate cadute di oggetti insoliti in giornate del tutto serene. E nemmeno le trombe marine, che secondo gli scienziati solleverebbero animali marini e li farebbero precipitare sulla terraferma, chiariscono questi eventi. Queste, infatti, in genere non riescono ad arrivare molto all’interno della terraferma per scaricare pesce fresco sulle pianure; per lo meno non è mai stato rilevato un caso simile.
La verità è che piogge di rane e di pesci si sono verificate sempre nel corso dei secoli e sono state puntualmente registrate.
Fort annotò una casistica infinita di eventi strani”.
Ricordate la misteriosa – e mai spiegata – pioggia di rane in Magnolia?
Ora, prima che vi affrettiate a pensare che il buon Rinaldo sia uscito di testa, e che improvvisamente abbia deciso di occuparsi di animali che piovono dal cielo – con le ben più pressanti emergenze del momento – vorrei solo specificare che non è tanto dagli eventi riportati, quanto dal metodo fortiano che ritengo ci sia sempre qualcosa da imparare. Si tratta, in soldoni, semplicemente di questo: diffidare sempre delle autorità e delle storielle che ci raccontano, essere sempre disposti a vedere collegamenti laddove apparentemente non ce ne sono e tenere una mente aperta e disposta a cambiare le proprie opinioni quando un fatto nuovo (e verificato!) si presenta a smentirle.
Scusate se è poco.
E anche a coloro che hanno storto il naso al mio uso della parola "filosofo", riferita a Fort (come può mai considerarsi tale chi non si è mai nemmeno occupato di empirismo ontologico? Tsk!), vorrei umilmente ricordare che le "autorità" (rieccole alla carica) che decisero a suo tempo quali pensatori dovessero o non dovesero essere inclusi nei programmi di filosofia che ci vennero impartiti al liceo – e che esclusero debitamente Fort – sono le stesse che ci inflissero filosofi con idee ben più balzane di Charles Fort (da Lucrezio, a Keplero, passando per Hobbes: scommetto che ognuno di voi ha la sua lista).
Al contrario, nei suoi scritti, aldilà dei puri fatti (e stiamo parlando di qualcosa come venticinquemila fatti inspiegabili, che Fort annotò pedissequamente, verificandone l'autenticità e collegandoli cronologicamente), si legge eccome un filo ricorrente di metodo filosofico. Citando ancora Panizza:
"La scienza isola i fenomeni e le cose per osservarli. La grande idea di Fort è che niente è isolabile. Ogni cosa isolata cessa di esistere. E la maggior parte delle cose vive in stati intermedi. Ad esempio tra il vivere e il morire ci sono altre fasi, come in cui un individuo non vive ma semplicemente si impedisce di morire. Lo studioso concepisce le cose come occupanti dei gradi, delle tappe nel percorso di conoscenza di un fenomeno. Non dobbiamo scegliere un fatto perché lascia tranquilla la ragione, ma considerare anche i fatti inquietanti perché sono tutti sfaccettature di non stesso accadimento. Non sono importanti solo gli avvenimenti, ma soprattutto i rapporti fra di loro. C’è un’ unità che sta sotto a tutte le cose e a tutti i fenomeni".
Spero che questo renda l'idea.
Certo, alcune teorie fortiane, quali il teletrasporto, o il Gran Mar dei Sargassi (che non mi metterò qui a esplorare) sono ancora, come dire, al vaglio. Ho però il sospetto che anche in questo caso Fort – la cui ironia non veniva sempre recepita da tutti – avesse intenzione di parodiare la scienza, mostrando come fosse semplice produrre, come facevano le "autorità", una qualunque teoria "tappabuchi" che, pur nella sua assurdità, sembrava convenientemente spiegare tutto.
Concedetemi qualche citazione da Fort in persona.
Da Lo! (1931):
"Ci sono naturalmente altre spiegazioni per i 'poteri occulti' dei bambini. Una è che i bambini, invece di essere atavici, possano essere occasionalmente più avanti dei loro genitori, mostrando promettenti poteri umani latenti, perché la loro mente non è ancora oppressa dal conformismo. Dopodiché vanno a scuola e perdono la loro superiorità. Pochi ragazzi-prodigio sono sopravvissuti all'istruzione".
Da Talenti Selvaggi (1932):
"Uno degli interessanti paradossi della nostra esistenza – che priva la matematica di ogni significato – è che un crimine moltiplicato per un milione diventi patriottismo".
"Beh [direte voi], se davvero esistono i maghi, allora come mai non sono i maghi ad aver acquisito il potere politico? Io non sono mica sicuro che non l'abbiano fatto".
Da Il Libro Dei Dannati (1919):
"La più semplice strategia sembra essere questa: non darsi mai il disturbo di combattere qualcosa: lasciare che siano piuttosto le sue parti a combattersi le une contro le altre".
"[...] nessuno ha mai veramente investigato una cosa, ma ha piuttosto sempre cercato positivamente di dimostrare, in positivo o in negativo, qualcosa di cui era già convinto in partenza".
Ancora convinti che quest'uomo non meriti di essere iscritto al pantheon dei filosofi?
Personalmente, la concezione di vedere ogni cosa come in uno stadio intermedio, e magistralmente espressa con la frase "Everything merges away with something else" (ogni cosa si trasmuta in – e si unisce con – qualcos'altro, per tradurla nell'inadeguata e ampollosa lingua italiana), è un'idea che mi aiuta ogni giorno e che – a voler ben vedere – vorrebbe Fort come colui che coniò il concetto del "Tutto È Relativo" nel 1919. Dove finisce una cosa e inizia un'altra? Dove mettiamo il confine? E non rischiamo forse di perdere tutto nel momento in cui inseriamo detto confine?
Quando mi capitò di leggere il biologo Jacques Monod che, nel suo celeberrimo Il Caso E La Necessità, s'interrogava su quali fossero i criteri che ci permettevano di dire che cosa fosse un organismo "vivo" e che cose non lo fosse (una domanda dalla risposta più difficile di quanto non si tenda a pensare), o Massimo Fini [9] che si interrogava su dove si trovasse il punto in cui finiva la democrazia e cominciava la dittatura e - in entrambi i casi - dove si dovesse mettere il confine tra l'una e l'altra cosa, solo un nome mi frullava per la testa: quello di Charles Fort. Ogni cosa si trasmuta in qualcos'altro.
Il filosofo americano Charles Fort giunse, a un certo punto della sua vita, alla conclusione che la Biblioteca Municipale di New York non aveva più nulla da insegnargli, e si trasferì a Londra con il solo scopo di poter avere quotidiano accesso al British Museum e alla British Library.
Ho bisogno di aggiungere altro?
Il suo appartamento si trovava al 39a di Marchmont Street – effettivamente vicino al British Museum; e anche a due passi da Russell Square e l'Hotel Russell, posti cruciali per quanto riguarda la cultura, la ricerca e... beh, tante altre cose, come si spera di rendere più chiaro in séguito.
Sul palazzo c'è una targa che recita: Charles Fort (1874 – 1932). Fondatore americano del Fortianismo, lo studio dei fenomeni anomali.
Rest In Peace
Rinaldo Francesca
[1] Vedere: More dead birds: Dead crows fall from sky in Sweden, The Examiner, 5 gennaio 2011, pubblicato qui:
http://www.examiner.com/cultural-oddities-in-national/more-dead-birds-dead-crows-fall-from-sky-sweden
[2] Vedere: Nearly 3,000 Dead Birds Fall From Arkansas Sky, Fox News, 3 gennaio 2011, disponibile su:
http://www.foxnews.com/scitech/2011/01/02/dead-birds-fall-ark-sky/
[3] Maryann Tobin: Dead birds and BP oil spill: Is there a connection? All Voices, 5 gennaio 2011, apparso qui:
http://www.allvoices.com/s/event-7811925/aHR0cDovL3d3dy5leGFtaW5lci5jb20vcG9saXRpY2FsLXNwaW4taW4tbmF0aW9uYWwvZGVhZC1iaXJkcy1hbmQtYnAtb2lsLXNwaWxsLWlzLXRoZXJlLWEtY29ubmVjdGlvbg==
Una versione in italiano si trova qui:
http://saigon2k.altervista.org/2011/01/2709/
[4] Vedere: Ian R. Crane: BP, sostanze tossiche, decisioni inspiegabili e morti sospette,
http://ap0ti.blogspot.com/2010/12/ian-r-crane-bp-sostanze-tossiche.html
[5] La puntata è reperibile qui:
http://www.youtube.com/watch?v=8ORA-8BBeQo
[6] Per chi non la conoscesse, qui se ne trova una versione:
http://www.leggendemetropolitane.net/post/2003/09/04/Occhio-al-Canadair.aspx
[7] Michael Edwards: Ten Years of War Against Poverty: What Have We Learned? 7 settembre 2010, pubblicato qui:
http://www.opendemocracy.net/michael-edwards/ten-years-of-war-against-poverty-what-have-we-learned
[8] Stefano Panizza: Chi era Charles Hoy Fort?, disponibile qui:
http://www.centrostudifortiani.it/chi-era.htm
[9] Massimo Fini: Democrazia: Il Grande Imbroglio. Una versione è disponibile qui:
http://www.anticorpi.info/2010/06/democrazia-il-grande-imbroglio.html
Il suo appartamento si trovava al 39a di Marchmont Street – effettivamente vicino al British Museum; e anche a due passi da Russell Square e l'Hotel Russell, posti cruciali per quanto riguarda la cultura, la ricerca e... beh, tante altre cose, come si spera di rendere più chiaro in séguito.
Sul palazzo c'è una targa che recita: Charles Fort (1874 – 1932). Fondatore americano del Fortianismo, lo studio dei fenomeni anomali.
Rest In Peace
Rinaldo Francesca
[1] Vedere: More dead birds: Dead crows fall from sky in Sweden, The Examiner, 5 gennaio 2011, pubblicato qui:
http://www.examiner.com/cultural-oddities-in-national/more-dead-birds-dead-crows-fall-from-sky-sweden
[2] Vedere: Nearly 3,000 Dead Birds Fall From Arkansas Sky, Fox News, 3 gennaio 2011, disponibile su:
http://www.foxnews.com/scitech/2011/01/02/dead-birds-fall-ark-sky/
[3] Maryann Tobin: Dead birds and BP oil spill: Is there a connection? All Voices, 5 gennaio 2011, apparso qui:
http://www.allvoices.com/s/event-7811925/aHR0cDovL3d3dy5leGFtaW5lci5jb20vcG9saXRpY2FsLXNwaW4taW4tbmF0aW9uYWwvZGVhZC1iaXJkcy1hbmQtYnAtb2lsLXNwaWxsLWlzLXRoZXJlLWEtY29ubmVjdGlvbg==
Una versione in italiano si trova qui:
http://saigon2k.altervista.org/2011/01/2709/
[4] Vedere: Ian R. Crane: BP, sostanze tossiche, decisioni inspiegabili e morti sospette,
http://ap0ti.blogspot.com/2010/12/ian-r-crane-bp-sostanze-tossiche.html
[5] La puntata è reperibile qui:
http://www.youtube.com/watch?v=8ORA-8BBeQo
[6] Per chi non la conoscesse, qui se ne trova una versione:
http://www.leggendemetropolitane.net/post/2003/09/04/Occhio-al-Canadair.aspx
[7] Michael Edwards: Ten Years of War Against Poverty: What Have We Learned? 7 settembre 2010, pubblicato qui:
http://www.opendemocracy.net/michael-edwards/ten-years-of-war-against-poverty-what-have-we-learned
[8] Stefano Panizza: Chi era Charles Hoy Fort?, disponibile qui:
http://www.centrostudifortiani.it/chi-era.htm
[9] Massimo Fini: Democrazia: Il Grande Imbroglio. Una versione è disponibile qui:
http://www.anticorpi.info/2010/06/democrazia-il-grande-imbroglio.html
No comments:
Post a Comment