di Rinaldo Francesca
Compunti ed emozionati come bimbi abbiamo letto l’intervista/scoop apparsa sul Corriere della Sera domenica scorsa. Ebbene sì, questa è la prima volta che il comandante della missione NATO/ISEF in Afghanistan parla con un giornale italiano, ci rivela trionfalmente l’intervistatore Davide Frattini. Come riuscire a reprimere un brivido di nervosismo nel cominciare a leggere quella che potrebbe essere un’informale pagella alle forze militari italiane? Speriamo di aver fatto una bella figura.
Macché, la suspense è intollerabile, passiamo direttamente alla conclusione: “Credo che gli italiani sarebbero orgogliosi dei loro soldati”, ci viene detto dall’uomo in persona.
Ecco, siamo già un po’ più sollevati.
Si chiama Stanley McChrystal l’autore della nuova strategia in Afghanistan, già celebrato per essere dietro al bombardamento che uccise Abu Musab al-Zarqawi, l’ennesimo “Numero Due di Al Qaida”. Qui si parla di quel “Numero Due di Al Qaida” che morì a Baqubah, Iraq, nel giugno 2006, per coloro che avessero ormai bisogno di un pannello con foto autoadesive, freccette e spilli colorati per riuscire a tenere dietro alla folta schiera di persone che di volta in volta hanno ricevuto dai media l’appellativo di “numero-due-di-al-Qaida”.
Veniamo dunque, con calma, al resto del pezzo sul Corriere.
Vero, vero: leggendo l’articolo alcuni tra voi potrebbero avere l’impressione di stare voyeuristicamente assistendo – più che a un’intervista – a un’abilissima performance di sesso orale, con il generalissimo McChrystal nei panni del beneficiario e il giornalista Frattini in quelli dell’esecutore; vi preghiamo però di non essere troppo crudeli: viviamo in tempi volatili e, dopotutto, dove sta oggi il sempre più sbiadito confine tra reporter e majorette?
“Stanley McChrystal mantiene il fisico prosciugato da maratoneta”, ci informa Frattini, parlando dell’uomo responsabile di due attacchi aerei il mese scorso, uno nell’Helmand [1] e uno nell’Uruzgan [2], che sono costati la vita a 12 e a 27 civili, rispettosamente.
“Sagomato nelle forze speciali [...] ha lo sguardo in allerta di chi non si distrae neppure quando dorme (poco, quattro ore a notte)”.
Con queste premesse, Àpoti vuole qui essere il primo ad avere il piacere di porre i nomi McChrystal e Napoleone nella stessa frase, un’usanza che, non dubitiamo, diventerà vieppiù frequente nei media.
Non disperiamo, il generale verrà a suo tempo grigliato con una domanda difficilina – chi avrà la vista acuta e pazienza di arrivare fino alla fine dell’articolo non mancherà di trovarla – ma procediamo con ordine.
La domanda rompighiaccio ha il sapore dell’incredulità: ma veramente, signor generale, le forze Nato resteranno in Afghanistan per un minimo di altri quattro anni? Perentoria è la risposta del signor generale:
“Questa decisione dipende totalmente dalla leadership politica”, e più non dimandare.
Sono dunque i politici, e non il Pentagono? Perbacco, e noi che credevamo il Pentagono avesse fatto tutto il possibile per tenere la questione afghana fuori dal Congresso, frettoloso com’è di mettere le mani su altri 33 miliardi di dollari [3] per continuare l’occupazione! Adesso chi ha il coraggio di informare McChrystal che il senatore Dennis Kucinich (ve lo ricordate? Ex candidato alla Casa Bianca?) sta raccogliendo consensi per obbligare il Congresso a mettere la cosa in discussione, prima di tirare fuori il portafoglio... dei contribuenti [4]?
“Dia una definizione di vittoria in Afghanistan”, procede Frattini; e viene quasi la tentazione di credere che si aspetti davvero una risposta differente da: “La vittoria, giovanotto, significa poter continuare l’occupazione ad libitum”. Perché – diciamolo pure – la prosecuzione di questa meravigliosa avventura sarebbe già di per sé un bene per gli afghani.
Scusate, abbiamo detto “afghani”? Pardon, intendevamo dire “appaltatori del Pentagono, compagnie di armamenti & affini”: i soliti nomi balzano in mente, BAE Systems o – che so io – Lockheed Martin, che solo l’anno scorso ha speso quasi dieci milioni di dollari in lobbying [5]. Senza voler fare torto, naturalmente, ad altri imprenditori medio-grandi, come i mercenari della Blackwater (scusate, ormai si chiamano appaltatori di sicurezza paramilitari della Xe, per usare il termine politicamente corretto e aggiornato), i quali non vedono l’ora di ottenere lucrativi contratti in Afghanistan per la somma di un miliardo di dollari [6].
La risposta di McChrystal è invece da manuale: “Quando il popolo afghano avrà la libertà di scegliere, quando avrà l’opportunità — a tutti i livelli, non solo poche persone — di plasmare il governo e la società che vuole”. Verrebbe quasi da ammirare il generale per le sue commuoventi parole, se non fosse che, solo poche righe più in giù nell’intervista, si lascerà scappare un imbarazzante “Adesso dobbiamo noi installare un governo”. Oops. Viva la sincerità.
Sì d’accordo, abbocca Frattini, ma “perché gli altri Paesi occidentali, tra loro l’Italia, dovrebbero continuare il loro impegno?”
Giovanotto, non faccia il furbo con il generale; ci sembra quasi d’immaginare il paterno comandante sorridere pazientemente mentre spiega: “Il terrorismo transnazionale, come Al Qaeda, ha usato l’Afghanistan prima del 2001 e da allora mantiene una presenza”, il che è un capolavoro di risposta, ammettiamolo. Non vi sarà certo sfuggito che questo tipo di ragionamento prepara il terreno per legittimare futuri attacchi contro qualsiasi paese dove si trovino a soggiornare, anche di passaggio, eventuali attentatori – in primis il Pakistan, come sta in effetti succedendo da mesi.
D’altronde – a questo proposito - Barack Obama, già durante la sua campagna elettorale nel lontano agosto 2007, si fece sfuggire in pubblico la sua intenzione di bombardare del più e del meno anche territori pakistani se necessario, qualora (quando) fosse divenuto presidente [7]. Certo, due anni fa uno scenario del genere era anatema, a giudicare dai furibondi e scandalizzati commenti rilasciati a suo tempo dagli allora rivali di Obama, Joe Biden e Hillary Cinton.
Oggi è cronaca, e Biden, Clinton & Co, ormai parte di un’unica, armoniosa famiglia, approvano con entusiasmo.
Procedendo con l’intervista, “L’ammiraglio Mike Mullen, capo di Stato maggiore americano, chiede ad Hamid Karzai, presidente afghano, «passi concreti» contro la corruzione. Generale, quali iniziative vorrebbe vedere?”
Non per voler rovinare a tutti i costi la festa, Frattini & McChrystal, ma ci sembra di ricordare che l’attuale governo di Hamid Karzai salì al potere nell’agosto del 2009 grazie a brogli elettorali, stando all’osservatore delle Nazioni Unite Peter Galbraith (il quale fu prontamente rimosso dall’incarico per averlo fatto notare) [8]. Tecnicamente dunque, non sarebbero da considerarsi un “passo concreto” le dimissioni? Sempre naturalmente che sia tuttora valido il principio secondo cui un candidato dovrebbe diventare presidente a condizione – che so io - di aver ricevuto la maggioranza dei voti, piuttosto che poter semplicemente esibire promettenti agganci con la Union Oil Company of California (Unocal Corporation) [9].
La risposta del generale è invece un po’ più sullo scioccante tono in stile la-corruzione-è-male-la-democrazia-è-bene, o qualcosa del genere. Per citare direttamente l’autore: “Azioni credibili contro la corruzione sono fondamentali, dai livelli più alti del governo giù fino a quelli locali, accompagnate dalla volontà di processare e punire i colpevoli”. Là!
Ma vi avevamo promesso una frecciata che avrebbe inchiodato McChrystal, no? Bene, grazie per averci seguiti fino a qui, ecco la ricompensa: “Nell’offensiva a Marjah sono stati uccisi 28 civili” incalza Frattini “e altri 27 sono morti nel raid contro un convoglio, il 22 febbraio, nella provincia di Uruzgan”.
L’hai fatta grossa Frattini: adesso hai fatto arrabbiare il generale. Fortunatamente McChrystal è diplomatico, e ti spiega che l’evitare di sterminare civili “nella guerra moderna è un obiettivo molto difficile da raggiungere, quando il tuo nemico prova a creare le condizioni perché ci siano gli errori”. Capito? È colpa degli afghani. E adesso vedi di rigare dritto.
Le poche domande seguenti sono infatti più consone e toccano quasi esclusivamente tattiche militari, dando così al generale l’opportunità di dire: “Non voglio rivelare dettagli”.
Se lo facessi, dovrei poi ucciderLa e farlo sembrare un incidente, Frattini.
Ma è la domanda conclusiva ad aggiudicarsi una ben meritata medaglia: “I Paesi occidentali sono pronti ad accettare negoziati con insorti con «le mani sporche di sangue»? Si parla di trattative con Gulbuddin Hekmatyar, un signore della guerra responsabile di numerosi attacchi contro le forze della coalizione”.
Via-via, Frattini, ci meravigli! Dovresti sapere che i vecchi amici non si dimenticano mai! E questo simpatico giovane, Gulbuddin Hekmatyar – il cui passatempo era gettare acido corrosivo sul volto delle donne vestite in maniera non conforme alla sua interpretazione coranica sull’abbigliamento, quando non era troppo occupato a incrementare la produzione di oppio minacciando con un fucile automatico gli agricoltori alle sue dipendenze – questo dinamico imprenditore rientra decisamente nella categoria cari-vecchi-amici. Come spiegare altrimenti le decine di milioni di dollari che la CIA mise generosamente nelle sue mani sul finire dei trendy Anni Ottanta [10]?
Il generale fortunatamente soprassiede, e ci ricorda che: “dev’essere prima di tutto una decisione afghana, con un coinvolgimento della comunità internazionale”.
Ahia, e ora chi si incarica di dare la brutta notizia al generale, e cioè che il 67% degli afghani vuole le truppe d’occupazione fuori dal suo paese? O che, per meglio dire, solo il 37% degli afghani è a favore delle truppe U.S./NATO/ISAF nella loro area, secondo un sondaggio condotto l’anno scorso da ABC/BBC/ARD [11]?
Pazienza; se non altro, quest’intervista ci ha regalato un frammento per cercare di capire quali siano i pattern mentali che regolano il funzionamento del cervello di un alto ufficiale del calibro di McChrystal. Come funziona la mente di un generale? Che cosa gli fa dire le cose che dice, per esempio sul fatto che “dev’essere prima di tutto una decisione afghana” e simili amenità?
Voi non trovate che quest’intervista sia utile per capire come la pensi l’uomo “che guida gli eserciti di 44 nazioni” sul popolo che afferma di voler aiutare?
No? Vi invitiamo allora a considerare la profonda citazione che funge da premessa all’intervista: “[...] quando hai a che fare con un cane, fermati un attimo, considera come la vede lui”
Leggere per credere.
L’intervista è reperibile qui:
Compunti ed emozionati come bimbi abbiamo letto l’intervista/scoop apparsa sul Corriere della Sera domenica scorsa. Ebbene sì, questa è la prima volta che il comandante della missione NATO/ISEF in Afghanistan parla con un giornale italiano, ci rivela trionfalmente l’intervistatore Davide Frattini. Come riuscire a reprimere un brivido di nervosismo nel cominciare a leggere quella che potrebbe essere un’informale pagella alle forze militari italiane? Speriamo di aver fatto una bella figura.
Macché, la suspense è intollerabile, passiamo direttamente alla conclusione: “Credo che gli italiani sarebbero orgogliosi dei loro soldati”, ci viene detto dall’uomo in persona.
Ecco, siamo già un po’ più sollevati.
Si chiama Stanley McChrystal l’autore della nuova strategia in Afghanistan, già celebrato per essere dietro al bombardamento che uccise Abu Musab al-Zarqawi, l’ennesimo “Numero Due di Al Qaida”. Qui si parla di quel “Numero Due di Al Qaida” che morì a Baqubah, Iraq, nel giugno 2006, per coloro che avessero ormai bisogno di un pannello con foto autoadesive, freccette e spilli colorati per riuscire a tenere dietro alla folta schiera di persone che di volta in volta hanno ricevuto dai media l’appellativo di “numero-due-di-al-Qaida”.
Veniamo dunque, con calma, al resto del pezzo sul Corriere.
Vero, vero: leggendo l’articolo alcuni tra voi potrebbero avere l’impressione di stare voyeuristicamente assistendo – più che a un’intervista – a un’abilissima performance di sesso orale, con il generalissimo McChrystal nei panni del beneficiario e il giornalista Frattini in quelli dell’esecutore; vi preghiamo però di non essere troppo crudeli: viviamo in tempi volatili e, dopotutto, dove sta oggi il sempre più sbiadito confine tra reporter e majorette?
“Stanley McChrystal mantiene il fisico prosciugato da maratoneta”, ci informa Frattini, parlando dell’uomo responsabile di due attacchi aerei il mese scorso, uno nell’Helmand [1] e uno nell’Uruzgan [2], che sono costati la vita a 12 e a 27 civili, rispettosamente.
“Sagomato nelle forze speciali [...] ha lo sguardo in allerta di chi non si distrae neppure quando dorme (poco, quattro ore a notte)”.
Con queste premesse, Àpoti vuole qui essere il primo ad avere il piacere di porre i nomi McChrystal e Napoleone nella stessa frase, un’usanza che, non dubitiamo, diventerà vieppiù frequente nei media.
Non disperiamo, il generale verrà a suo tempo grigliato con una domanda difficilina – chi avrà la vista acuta e pazienza di arrivare fino alla fine dell’articolo non mancherà di trovarla – ma procediamo con ordine.
La domanda rompighiaccio ha il sapore dell’incredulità: ma veramente, signor generale, le forze Nato resteranno in Afghanistan per un minimo di altri quattro anni? Perentoria è la risposta del signor generale:
“Questa decisione dipende totalmente dalla leadership politica”, e più non dimandare.
Sono dunque i politici, e non il Pentagono? Perbacco, e noi che credevamo il Pentagono avesse fatto tutto il possibile per tenere la questione afghana fuori dal Congresso, frettoloso com’è di mettere le mani su altri 33 miliardi di dollari [3] per continuare l’occupazione! Adesso chi ha il coraggio di informare McChrystal che il senatore Dennis Kucinich (ve lo ricordate? Ex candidato alla Casa Bianca?) sta raccogliendo consensi per obbligare il Congresso a mettere la cosa in discussione, prima di tirare fuori il portafoglio... dei contribuenti [4]?
“Dia una definizione di vittoria in Afghanistan”, procede Frattini; e viene quasi la tentazione di credere che si aspetti davvero una risposta differente da: “La vittoria, giovanotto, significa poter continuare l’occupazione ad libitum”. Perché – diciamolo pure – la prosecuzione di questa meravigliosa avventura sarebbe già di per sé un bene per gli afghani.
Scusate, abbiamo detto “afghani”? Pardon, intendevamo dire “appaltatori del Pentagono, compagnie di armamenti & affini”: i soliti nomi balzano in mente, BAE Systems o – che so io – Lockheed Martin, che solo l’anno scorso ha speso quasi dieci milioni di dollari in lobbying [5]. Senza voler fare torto, naturalmente, ad altri imprenditori medio-grandi, come i mercenari della Blackwater (scusate, ormai si chiamano appaltatori di sicurezza paramilitari della Xe, per usare il termine politicamente corretto e aggiornato), i quali non vedono l’ora di ottenere lucrativi contratti in Afghanistan per la somma di un miliardo di dollari [6].
La risposta di McChrystal è invece da manuale: “Quando il popolo afghano avrà la libertà di scegliere, quando avrà l’opportunità — a tutti i livelli, non solo poche persone — di plasmare il governo e la società che vuole”. Verrebbe quasi da ammirare il generale per le sue commuoventi parole, se non fosse che, solo poche righe più in giù nell’intervista, si lascerà scappare un imbarazzante “Adesso dobbiamo noi installare un governo”. Oops. Viva la sincerità.
Sì d’accordo, abbocca Frattini, ma “perché gli altri Paesi occidentali, tra loro l’Italia, dovrebbero continuare il loro impegno?”
Giovanotto, non faccia il furbo con il generale; ci sembra quasi d’immaginare il paterno comandante sorridere pazientemente mentre spiega: “Il terrorismo transnazionale, come Al Qaeda, ha usato l’Afghanistan prima del 2001 e da allora mantiene una presenza”, il che è un capolavoro di risposta, ammettiamolo. Non vi sarà certo sfuggito che questo tipo di ragionamento prepara il terreno per legittimare futuri attacchi contro qualsiasi paese dove si trovino a soggiornare, anche di passaggio, eventuali attentatori – in primis il Pakistan, come sta in effetti succedendo da mesi.
D’altronde – a questo proposito - Barack Obama, già durante la sua campagna elettorale nel lontano agosto 2007, si fece sfuggire in pubblico la sua intenzione di bombardare del più e del meno anche territori pakistani se necessario, qualora (quando) fosse divenuto presidente [7]. Certo, due anni fa uno scenario del genere era anatema, a giudicare dai furibondi e scandalizzati commenti rilasciati a suo tempo dagli allora rivali di Obama, Joe Biden e Hillary Cinton.
Oggi è cronaca, e Biden, Clinton & Co, ormai parte di un’unica, armoniosa famiglia, approvano con entusiasmo.
Procedendo con l’intervista, “L’ammiraglio Mike Mullen, capo di Stato maggiore americano, chiede ad Hamid Karzai, presidente afghano, «passi concreti» contro la corruzione. Generale, quali iniziative vorrebbe vedere?”
Non per voler rovinare a tutti i costi la festa, Frattini & McChrystal, ma ci sembra di ricordare che l’attuale governo di Hamid Karzai salì al potere nell’agosto del 2009 grazie a brogli elettorali, stando all’osservatore delle Nazioni Unite Peter Galbraith (il quale fu prontamente rimosso dall’incarico per averlo fatto notare) [8]. Tecnicamente dunque, non sarebbero da considerarsi un “passo concreto” le dimissioni? Sempre naturalmente che sia tuttora valido il principio secondo cui un candidato dovrebbe diventare presidente a condizione – che so io - di aver ricevuto la maggioranza dei voti, piuttosto che poter semplicemente esibire promettenti agganci con la Union Oil Company of California (Unocal Corporation) [9].
La risposta del generale è invece un po’ più sullo scioccante tono in stile la-corruzione-è-male-la-democrazia-è-bene, o qualcosa del genere. Per citare direttamente l’autore: “Azioni credibili contro la corruzione sono fondamentali, dai livelli più alti del governo giù fino a quelli locali, accompagnate dalla volontà di processare e punire i colpevoli”. Là!
Ma vi avevamo promesso una frecciata che avrebbe inchiodato McChrystal, no? Bene, grazie per averci seguiti fino a qui, ecco la ricompensa: “Nell’offensiva a Marjah sono stati uccisi 28 civili” incalza Frattini “e altri 27 sono morti nel raid contro un convoglio, il 22 febbraio, nella provincia di Uruzgan”.
L’hai fatta grossa Frattini: adesso hai fatto arrabbiare il generale. Fortunatamente McChrystal è diplomatico, e ti spiega che l’evitare di sterminare civili “nella guerra moderna è un obiettivo molto difficile da raggiungere, quando il tuo nemico prova a creare le condizioni perché ci siano gli errori”. Capito? È colpa degli afghani. E adesso vedi di rigare dritto.
Le poche domande seguenti sono infatti più consone e toccano quasi esclusivamente tattiche militari, dando così al generale l’opportunità di dire: “Non voglio rivelare dettagli”.
Se lo facessi, dovrei poi ucciderLa e farlo sembrare un incidente, Frattini.
Ma è la domanda conclusiva ad aggiudicarsi una ben meritata medaglia: “I Paesi occidentali sono pronti ad accettare negoziati con insorti con «le mani sporche di sangue»? Si parla di trattative con Gulbuddin Hekmatyar, un signore della guerra responsabile di numerosi attacchi contro le forze della coalizione”.
Via-via, Frattini, ci meravigli! Dovresti sapere che i vecchi amici non si dimenticano mai! E questo simpatico giovane, Gulbuddin Hekmatyar – il cui passatempo era gettare acido corrosivo sul volto delle donne vestite in maniera non conforme alla sua interpretazione coranica sull’abbigliamento, quando non era troppo occupato a incrementare la produzione di oppio minacciando con un fucile automatico gli agricoltori alle sue dipendenze – questo dinamico imprenditore rientra decisamente nella categoria cari-vecchi-amici. Come spiegare altrimenti le decine di milioni di dollari che la CIA mise generosamente nelle sue mani sul finire dei trendy Anni Ottanta [10]?
Il generale fortunatamente soprassiede, e ci ricorda che: “dev’essere prima di tutto una decisione afghana, con un coinvolgimento della comunità internazionale”.
Ahia, e ora chi si incarica di dare la brutta notizia al generale, e cioè che il 67% degli afghani vuole le truppe d’occupazione fuori dal suo paese? O che, per meglio dire, solo il 37% degli afghani è a favore delle truppe U.S./NATO/ISAF nella loro area, secondo un sondaggio condotto l’anno scorso da ABC/BBC/ARD [11]?
Pazienza; se non altro, quest’intervista ci ha regalato un frammento per cercare di capire quali siano i pattern mentali che regolano il funzionamento del cervello di un alto ufficiale del calibro di McChrystal. Come funziona la mente di un generale? Che cosa gli fa dire le cose che dice, per esempio sul fatto che “dev’essere prima di tutto una decisione afghana” e simili amenità?
Voi non trovate che quest’intervista sia utile per capire come la pensi l’uomo “che guida gli eserciti di 44 nazioni” sul popolo che afferma di voler aiutare?
No? Vi invitiamo allora a considerare la profonda citazione che funge da premessa all’intervista: “[...] quando hai a che fare con un cane, fermati un attimo, considera come la vede lui”
Leggere per credere.
L’intervista è reperibile qui:
Rinaldo Francesca, 09/03/10
[1] Declan Walsh & Stephen Bates: Nato rockets kill 12 Afghan civilians, The Guardian, 14/02/10, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2010/feb/14/nato-rockets-kill-afghan-civilians
[2] Afghanistan condemns deadly Nato air strike in Uruzgan, disponibile su: http://news.bbc.co.uk/1/hi/8528715.stm
[3] Anne Gerean & Anne Flaherty: War Cost: Obama Wants $33 Billion More For Afghanistan, Iraq, The Huffington Post, 01/03/10, disponibile su: http://www.huffingtonpost.com/2010/01/13/war-cost-obama-wants-33-b_n_421229.html
[4] Robert Naiman: Kucinich Forces Congress to Debate Afghanistan, disponibile su: http://www.informationclearinghouse.info/article24926.htm
[5] Disponibile su: http://www.informedlobbying.com/blog/
[6] Adam Entous, Sue Pleming & Stacey Joyce: Key lawmaker seeks to block $1 billion Blackwater deal, News Daily, 04/03/10, disponibile su: http://www.newsdaily.com/stories/tre6234qb-us-afghanistan-blackwater/
[7] Ewen MacAskill: Pakistan criticises Obama after warning on military strikes, The Guardian, 04/08/07, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2007/aug/04/alqaida.pakistan
[8] Richard A. Oppel Jr. & Neil MacFarquhar: After Clash Over Afghan Election, U.N. Fires a Diplomat, The New York Times, 30/09/09
[9] Tom Turnipseed: A Creeping Collapse in Credibility at the White House:
From ENRON Entanglements to UNOCAL Bringing the Taliban to Texas and Controlling Afghanistan, disponibile su http://www.counterpunch.org/tomenron.html
[10] John Pilger: What good friends left behind, The Guardian, 20/09/03, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2003/sep/20/afghanistan.weekend7
[11] disponibile su: http://abcnews.go.com/images/PollingUnit/1083a1Afghanistan2009.pdf
[1] Declan Walsh & Stephen Bates: Nato rockets kill 12 Afghan civilians, The Guardian, 14/02/10, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2010/feb/14/nato-rockets-kill-afghan-civilians
[2] Afghanistan condemns deadly Nato air strike in Uruzgan, disponibile su: http://news.bbc.co.uk/1/hi/8528715.stm
[3] Anne Gerean & Anne Flaherty: War Cost: Obama Wants $33 Billion More For Afghanistan, Iraq, The Huffington Post, 01/03/10, disponibile su: http://www.huffingtonpost.com/2010/01/13/war-cost-obama-wants-33-b_n_421229.html
[4] Robert Naiman: Kucinich Forces Congress to Debate Afghanistan, disponibile su: http://www.informationclearinghouse.info/article24926.htm
[5] Disponibile su: http://www.informedlobbying.com/blog/
[6] Adam Entous, Sue Pleming & Stacey Joyce: Key lawmaker seeks to block $1 billion Blackwater deal, News Daily, 04/03/10, disponibile su: http://www.newsdaily.com/stories/tre6234qb-us-afghanistan-blackwater/
[7] Ewen MacAskill: Pakistan criticises Obama after warning on military strikes, The Guardian, 04/08/07, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2007/aug/04/alqaida.pakistan
[8] Richard A. Oppel Jr. & Neil MacFarquhar: After Clash Over Afghan Election, U.N. Fires a Diplomat, The New York Times, 30/09/09
[9] Tom Turnipseed: A Creeping Collapse in Credibility at the White House:
From ENRON Entanglements to UNOCAL Bringing the Taliban to Texas and Controlling Afghanistan, disponibile su http://www.counterpunch.org/tomenron.html
[10] John Pilger: What good friends left behind, The Guardian, 20/09/03, disponibile su: http://www.guardian.co.uk/world/2003/sep/20/afghanistan.weekend7
[11] disponibile su: http://abcnews.go.com/images/PollingUnit/1083a1Afghanistan2009.pdf
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