Ma chi crediamo di essere?
Davvero, scusate cari amici, ma – onestamente – dove pensiamo mai di poter arrivare, con la nostra incapacità di concentrarci, la nostra amnesia congenita, la nostra sindrome da deficit di attenzione, la nostra... la nostra... toh, è entrata una farfallina dalla finestra, che bei colori, mi ricordano quelli della giacca che devo assolutamente avere, quella che ho visto in vetrina da... da... insomma, lì, mentre facevo una vasca in Via... ero lì con la Stefy... o era Dennis? Che poi, ragazzi com’è ingrassata la Giusy, quasi non la riconoscevo, oops, mi squilla l’i-phone!
Ecco, vedete che cosa succede?
Certo, d’accordo già vi sentiamo dare la colpa a tanti fattori come, che so io, alle massicce dosi di additivi alimentari cui siamo stati esposti per decenni (E numbers, apartame) e che notoriamente provocano iperattività e danni cerebrali [1]; o magari alla televisione, infallibile arma di instupidimento di massa, il cui prodotto ci infliggiamo quotidianamente e che ci programma sapientemente il cervello da sempre - perché altrimenti suddetto prodotto andrebbe sotto la definizione di “programmi”?
Però è possibile ci siano anche ragioni storiche – solo un piccolo spunto di riflessione, via, non intendiamo dilungarci.
Dopotutto noi cittadini/lavoratori europei (ci riferiamo a quella generazione che una decina d’anni fa – lustro più, lustro meno – entrò nel mondo del lavoro in questo nuovo super-stato) siamo coloro che erano appena in fasce, o ancora da concepire quando, nelle strade e piazze d’Europa, miriadi di giovani andavano strillando vogliamo-tutto-e-sùbito, o qualcosa del genere.
Piccola parentesi, questo naturalmente non vale per l’Italia dove, per quanto riguarda l’entrata nel mondo del lavoro, la generazione di cui sopra si trova oggi nella fase ehm-mi-mancano-solo-2-3-esami-mamma-non-mi-stressare-che-cosa-c’è-per-cena?
Ma qui si divaga: ciò che si voleva dire è che, nati come siamo in quest’atmosfera di tutto-e-sùbito, come pensiamo di competere con chi da queste illusioni è immune, e che ne approfitta per – tenetevi pronti per la controversa eppur calzante metafora – poterci sodomizzare ad arte?
Dovremmo prendere esempio da figure eroiche del passato.
Per ispirazione, guardiamo alla vita del tedesco Carl Wurster, che fu presidente del consiglio di amministrazione della BASF durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ora, essendo stata la BASF una componente della I.G. Farben, il conglomerato petrolchimico che finanziò l’ascesa del nazismo e che in cambio ottenne manodopera gratuita ed esseri umani su cui sperimentare sotto forma di prigionieri nei campi di concentramento, era prevedibile che, finita la guerra, il nostro Wurster sarebbe stato pregato di presentarsi al processo di Norimberga per spiegare due o tre cosette – il che puntualmente avvenne.
Ovviamente noi, fossimo stati al posto di Herr Wurster, avremmo intravisto in quelle accuse di schiavitù, nonché di crimini di guerra e contro l’umanità, la fine della nostra carriera e vita da persone libere.
Ma non Carl Wurster.
Ah no, lui non era certo di quelli che volevano tutto e sùbito, lui sapeva aspettare. La sconfitta in guerra e il processo di Norimberga furono per lui – come per tanti altri industriali tedeschi – solo dei trascurabilli ostacoli nel percorso, tant’è che, nemmeno quattro anni dopo il processo, il buon Wurster riottenne la posizione al timone della sua amata compagnia: dal 1952 al 1974, anno della sua morte, Carl Wurster fu dunque nuovamente a capo, questa volta come amministratore delegato, della sua BASF, la quale non fu nemmeno costretta a rifarsi una verginità e poté conservare il suo nome originale.
Lieto fine.
Ma non finisce certo qui: vedete, quello stesso ethos, quella stessa perseveranza e capacità di aspettare fanno tuttora parte della panoplia di valori nella BASF di oggi.
Vero, le tecnologie sono cambiate, i prodotti che la BASF regala adesso al mondo hanno una differente sfumatura di perfidia, però la saggia filosofia dei suoi fondatori non è stata tradita.
Eh sì, questa lungimirante compagnia è in grado di passare anche più di un decennio e mezzo fregandosi le mani nell’ombra mentre aspetta di poter finalmente vedere i suoi prodotti più controversi strisciare silenziosamente nel mercato internazionale. Senza spazientirsi, sbuffare o sbattere i piedini. Con discrezione.
Uno dei prodotti in questione si chiama amflora, una varietà di “patata” geneticamente modificata in modo tale da contenere un amido costituito quasi esclusivamente di amilopectina, il che dovrebbe facilitare l’estrazione di questo composto per l’industria della carta, tessile e di adesivi.
Capito? Nulla di cui preoccuparsi dunque.
Se si eccettua naturalmente il rischio di contaminazione del suolo, la minaccia alla biodiversità e il pericolo di trasferimento di un certo enzima che ha l’antipatica abitudine di interferire con la resistenza degli organismi agli antibiotici.
Per quest’ultimo problemino, trattandosi di antibiotici vitali nel combattere la tubercolosi, la EMeA (European Medicine Agency) ha suonato l’allarme; forse è questo il momento di aggiungere che, oltre a usare amflora per estrarre l’amido, la BASF si augura anche di poterne sdoganare gli scarti e venderli come nutrimento per il bestiame (le cui carni non sarebbero etichettate come OGM) [2].
Per il momento non c’è nulla di certo ma, dovesse questo essere il futuro, bisognerebbe aspettarsi un nuovo risorgere globale di TBC?
Che dire, se questo è il caso, alla BASF - dove vige il motto Geld Uber Alles - nessuno sembra preoccupato. Ve lo avevamo detto che questi sanno aspettare, nella certezza che prima o poi l’avranno vinta, no?
Pensate, fecero domanda per coltivare amflora in Europa nel lontano 1994: è da allora che aspettano il loro momento. Nel frattempo hanno incassato colpo su colpo, a causa di noialtri egoisti europei, che ci ostiniamo a non voler fungere da cavie umane per prodotti che nessuno veramente conosce.
Ciononostante, proprio come per Rocky Balboa, ogni colpo incassato sembra aver resa la BASF più forte e combattiva.
Quanta pazienza devono aver avuto i nostri amici alla BASF: tutti quegli anni ad aspettare, tutti quei due di picche dai politici, per non parlare dell’antipatica moratoria nella Comunità Europea, che imponeva un periodo di attesa sufficiente a consentire tutti gli studi necessari sugli OGM prima di approvarli.
Davvero, ma di che avevamo mai paura noi pavidi cittadini europei? Neanche ne andasse della nostra salute!
Insomma, fallite miseramente anche le campagne PR in stile Organismi Geneticamente Modificati: Proprio Come Natura Vuole, Ma Però Ancora Più Meglio, risultò chiaro che, se si voleva veramente vendere in EU l’incompresa amflora - e in séguito tanti altri suoi fratelli di provetta – sarebbe stato necessario aggirare tutti quei seccanti ostacoli democratici, e imporre il prodotto con la forza, che ci piacesse o no.
Detto fatto, L’Organizzazione Mondiale del Commercio provvide a sgridare la Comunità Europea per quella moratoria birichina, che venne prontamente eliminata nel 2004. D’altronde non era certo la prima volta che l’UE veniva redarguita per i suoi “crimini di commercio” (i più gravi che possano esistere secondo lo statuto dell’OMC). Sarete per esempio al corrente del fatto che l’UE paga già una multa annuale di $100.000 per avere la sfrontatezza di non voler importare e rifilare ai suoi cittadini il manzo statunitense pompato di ormoni della Monsanto [3].
E poi c’è chi dice che l’OMC è inefficiente!
Un’altra piccola vittoria arrivò poi nel 2006, con l’autorizzazione a coltivare queste adorabili Frankenstein Potatoes in Gran Bretagna, in via sperimentale... e finalmente, FFwd: marzo 2010: vittoria! La Commissione Europea ha approvato questo mese la coltivazione di amflora in Europa.
Visto? Chi la dura la vince!
Ebbene sì, l’ente europeo che ha dato la sua approvazione, la EFSA (European Food Safety Authority), con sede a Parma, ci assicura che è tutto a posto, niente da temere; o, per meglio dire, così farebbe se ci tenesse a far trapelare la notizia. Si è invece preferito agire con la solita discrezione di sempre. Non sia mai che gli europei scoprano che la Authority pagata con le loro tasse per vegliare sulla loro salute se n’è infischiata totalmente dell’opinione dei cittadini [4], preferendo piuttosto andare a braccetto con le corporazioni. Non sia mai.
D’accordo, capiamo perché vi siete alzati, avete preso a pugni il muro e scassato qualche suppellettile intorno a voi. Reazione perfettamente comprensibile. Siete calmi adesso?
Bene, vi assicuriamo allora che esiste un modo un po’ più costruttivo per reagire. Per cominciare, ad ogni modo. Vedete il link lì sotto? Accomodatevi. Firmate. Inviate.
Pace.
https://secure.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/
Rinaldo Francesca, 29/03/10
[1] Vedere, per esempio Martin Hickman: New link between E-numbers and hyperactivity, The Independent, 06/09/07, disponibile su: http://www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/health-news/new-link-between-enumbers-and-hyperactivity-401505.html
[2] Elisabeth Rosenthal, A Genetically Modified Potato, Not for Eating, Is Stirring Some Opposition in Europe, The New York Times, 24/07/07, disponibile su:
http://www.nytimes.com/2007/07/24/business/worldbusiness/24spuds.html?pagewanted=1&_r=2
[3] Steve Schifferes: New US-EU trade war looms, BBC News 02/12/02, reperibile su: http://news.bbc.co.uk/1/hi/business/2534179.stm
[4] Il 58% degli europei continua a essere contrario alla coltura di OGM nel proprio paese. Vedere pp.65-6 di questo documento:
Davvero, scusate cari amici, ma – onestamente – dove pensiamo mai di poter arrivare, con la nostra incapacità di concentrarci, la nostra amnesia congenita, la nostra sindrome da deficit di attenzione, la nostra... la nostra... toh, è entrata una farfallina dalla finestra, che bei colori, mi ricordano quelli della giacca che devo assolutamente avere, quella che ho visto in vetrina da... da... insomma, lì, mentre facevo una vasca in Via... ero lì con la Stefy... o era Dennis? Che poi, ragazzi com’è ingrassata la Giusy, quasi non la riconoscevo, oops, mi squilla l’i-phone!
Ecco, vedete che cosa succede?
Certo, d’accordo già vi sentiamo dare la colpa a tanti fattori come, che so io, alle massicce dosi di additivi alimentari cui siamo stati esposti per decenni (E numbers, apartame) e che notoriamente provocano iperattività e danni cerebrali [1]; o magari alla televisione, infallibile arma di instupidimento di massa, il cui prodotto ci infliggiamo quotidianamente e che ci programma sapientemente il cervello da sempre - perché altrimenti suddetto prodotto andrebbe sotto la definizione di “programmi”?
Però è possibile ci siano anche ragioni storiche – solo un piccolo spunto di riflessione, via, non intendiamo dilungarci.
Dopotutto noi cittadini/lavoratori europei (ci riferiamo a quella generazione che una decina d’anni fa – lustro più, lustro meno – entrò nel mondo del lavoro in questo nuovo super-stato) siamo coloro che erano appena in fasce, o ancora da concepire quando, nelle strade e piazze d’Europa, miriadi di giovani andavano strillando vogliamo-tutto-e-sùbito, o qualcosa del genere.
Piccola parentesi, questo naturalmente non vale per l’Italia dove, per quanto riguarda l’entrata nel mondo del lavoro, la generazione di cui sopra si trova oggi nella fase ehm-mi-mancano-solo-2-3-esami-mamma-non-mi-stressare-che-cosa-c’è-per-cena?
Ma qui si divaga: ciò che si voleva dire è che, nati come siamo in quest’atmosfera di tutto-e-sùbito, come pensiamo di competere con chi da queste illusioni è immune, e che ne approfitta per – tenetevi pronti per la controversa eppur calzante metafora – poterci sodomizzare ad arte?
Dovremmo prendere esempio da figure eroiche del passato.
Per ispirazione, guardiamo alla vita del tedesco Carl Wurster, che fu presidente del consiglio di amministrazione della BASF durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ora, essendo stata la BASF una componente della I.G. Farben, il conglomerato petrolchimico che finanziò l’ascesa del nazismo e che in cambio ottenne manodopera gratuita ed esseri umani su cui sperimentare sotto forma di prigionieri nei campi di concentramento, era prevedibile che, finita la guerra, il nostro Wurster sarebbe stato pregato di presentarsi al processo di Norimberga per spiegare due o tre cosette – il che puntualmente avvenne.
Ovviamente noi, fossimo stati al posto di Herr Wurster, avremmo intravisto in quelle accuse di schiavitù, nonché di crimini di guerra e contro l’umanità, la fine della nostra carriera e vita da persone libere.
Ma non Carl Wurster.
Ah no, lui non era certo di quelli che volevano tutto e sùbito, lui sapeva aspettare. La sconfitta in guerra e il processo di Norimberga furono per lui – come per tanti altri industriali tedeschi – solo dei trascurabilli ostacoli nel percorso, tant’è che, nemmeno quattro anni dopo il processo, il buon Wurster riottenne la posizione al timone della sua amata compagnia: dal 1952 al 1974, anno della sua morte, Carl Wurster fu dunque nuovamente a capo, questa volta come amministratore delegato, della sua BASF, la quale non fu nemmeno costretta a rifarsi una verginità e poté conservare il suo nome originale.
Lieto fine.
Ma non finisce certo qui: vedete, quello stesso ethos, quella stessa perseveranza e capacità di aspettare fanno tuttora parte della panoplia di valori nella BASF di oggi.
Vero, le tecnologie sono cambiate, i prodotti che la BASF regala adesso al mondo hanno una differente sfumatura di perfidia, però la saggia filosofia dei suoi fondatori non è stata tradita.
Eh sì, questa lungimirante compagnia è in grado di passare anche più di un decennio e mezzo fregandosi le mani nell’ombra mentre aspetta di poter finalmente vedere i suoi prodotti più controversi strisciare silenziosamente nel mercato internazionale. Senza spazientirsi, sbuffare o sbattere i piedini. Con discrezione.
Uno dei prodotti in questione si chiama amflora, una varietà di “patata” geneticamente modificata in modo tale da contenere un amido costituito quasi esclusivamente di amilopectina, il che dovrebbe facilitare l’estrazione di questo composto per l’industria della carta, tessile e di adesivi.
Capito? Nulla di cui preoccuparsi dunque.
Se si eccettua naturalmente il rischio di contaminazione del suolo, la minaccia alla biodiversità e il pericolo di trasferimento di un certo enzima che ha l’antipatica abitudine di interferire con la resistenza degli organismi agli antibiotici.
Per quest’ultimo problemino, trattandosi di antibiotici vitali nel combattere la tubercolosi, la EMeA (European Medicine Agency) ha suonato l’allarme; forse è questo il momento di aggiungere che, oltre a usare amflora per estrarre l’amido, la BASF si augura anche di poterne sdoganare gli scarti e venderli come nutrimento per il bestiame (le cui carni non sarebbero etichettate come OGM) [2].
Per il momento non c’è nulla di certo ma, dovesse questo essere il futuro, bisognerebbe aspettarsi un nuovo risorgere globale di TBC?
Che dire, se questo è il caso, alla BASF - dove vige il motto Geld Uber Alles - nessuno sembra preoccupato. Ve lo avevamo detto che questi sanno aspettare, nella certezza che prima o poi l’avranno vinta, no?
Pensate, fecero domanda per coltivare amflora in Europa nel lontano 1994: è da allora che aspettano il loro momento. Nel frattempo hanno incassato colpo su colpo, a causa di noialtri egoisti europei, che ci ostiniamo a non voler fungere da cavie umane per prodotti che nessuno veramente conosce.
Ciononostante, proprio come per Rocky Balboa, ogni colpo incassato sembra aver resa la BASF più forte e combattiva.
Quanta pazienza devono aver avuto i nostri amici alla BASF: tutti quegli anni ad aspettare, tutti quei due di picche dai politici, per non parlare dell’antipatica moratoria nella Comunità Europea, che imponeva un periodo di attesa sufficiente a consentire tutti gli studi necessari sugli OGM prima di approvarli.
Davvero, ma di che avevamo mai paura noi pavidi cittadini europei? Neanche ne andasse della nostra salute!
Insomma, fallite miseramente anche le campagne PR in stile Organismi Geneticamente Modificati: Proprio Come Natura Vuole, Ma Però Ancora Più Meglio, risultò chiaro che, se si voleva veramente vendere in EU l’incompresa amflora - e in séguito tanti altri suoi fratelli di provetta – sarebbe stato necessario aggirare tutti quei seccanti ostacoli democratici, e imporre il prodotto con la forza, che ci piacesse o no.
Detto fatto, L’Organizzazione Mondiale del Commercio provvide a sgridare la Comunità Europea per quella moratoria birichina, che venne prontamente eliminata nel 2004. D’altronde non era certo la prima volta che l’UE veniva redarguita per i suoi “crimini di commercio” (i più gravi che possano esistere secondo lo statuto dell’OMC). Sarete per esempio al corrente del fatto che l’UE paga già una multa annuale di $100.000 per avere la sfrontatezza di non voler importare e rifilare ai suoi cittadini il manzo statunitense pompato di ormoni della Monsanto [3].
E poi c’è chi dice che l’OMC è inefficiente!
Un’altra piccola vittoria arrivò poi nel 2006, con l’autorizzazione a coltivare queste adorabili Frankenstein Potatoes in Gran Bretagna, in via sperimentale... e finalmente, FFwd: marzo 2010: vittoria! La Commissione Europea ha approvato questo mese la coltivazione di amflora in Europa.
Visto? Chi la dura la vince!
Ebbene sì, l’ente europeo che ha dato la sua approvazione, la EFSA (European Food Safety Authority), con sede a Parma, ci assicura che è tutto a posto, niente da temere; o, per meglio dire, così farebbe se ci tenesse a far trapelare la notizia. Si è invece preferito agire con la solita discrezione di sempre. Non sia mai che gli europei scoprano che la Authority pagata con le loro tasse per vegliare sulla loro salute se n’è infischiata totalmente dell’opinione dei cittadini [4], preferendo piuttosto andare a braccetto con le corporazioni. Non sia mai.
D’accordo, capiamo perché vi siete alzati, avete preso a pugni il muro e scassato qualche suppellettile intorno a voi. Reazione perfettamente comprensibile. Siete calmi adesso?
Bene, vi assicuriamo allora che esiste un modo un po’ più costruttivo per reagire. Per cominciare, ad ogni modo. Vedete il link lì sotto? Accomodatevi. Firmate. Inviate.
Pace.
https://secure.avaaz.org/it/eu_health_and_biodiversity/
Rinaldo Francesca, 29/03/10
[1] Vedere, per esempio Martin Hickman: New link between E-numbers and hyperactivity, The Independent, 06/09/07, disponibile su: http://www.independent.co.uk/life-style/health-and-families/health-news/new-link-between-enumbers-and-hyperactivity-401505.html
[2] Elisabeth Rosenthal, A Genetically Modified Potato, Not for Eating, Is Stirring Some Opposition in Europe, The New York Times, 24/07/07, disponibile su:
http://www.nytimes.com/2007/07/24/business/worldbusiness/24spuds.html?pagewanted=1&_r=2
[3] Steve Schifferes: New US-EU trade war looms, BBC News 02/12/02, reperibile su: http://news.bbc.co.uk/1/hi/business/2534179.stm
[4] Il 58% degli europei continua a essere contrario alla coltura di OGM nel proprio paese. Vedere pp.65-6 di questo documento:
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