Monday 20 May 2013

Siria: condanne selettive

di Rinaldo Francesca
 
È disponibile un video a questo link.
 

Il 15 maggio, l'Assemblea Generale dell'ONU ha adottato una risoluzione che condanna la continua violenza in Siria. Il voto sulla risoluzione si è tenuto un giorno dopo che l'Alto Commissario per i Diritti Umani Navy Pillay aveva pubblicamente denunciato l'ultima atrocità commessa dalle forze ribelli anit-governo in Siria: un video circolato su internet mostrava un leader ribelle nell'atto di estrarre dal petto il cuore di un soldato e morderlo. Forse che il testo della risoluzione conteneva una qualche condanna a simili, innumerevoli atti commessi dai ribelli armati, come l'orripilante omicidio e decapitazione dello sceicco Hassan Seifeddin, imam di una moschea a nord di Aleppo, il 30 di marzo, il quale sceicco era stato trascinato da casa sua, filmato, umiliato e poi ucciso e decapitato - il che costituisce un crimine di guerra? O forse l'impiccagione di Mulham Masoud (10 anni) e suo padre Saeed, i cui corpi l'Esercito Libero Siriano ha poi infilato nel bagagliaio della loro macchina? O il rapimento dei vescovi cristiani, e guide spirituali della loro comunità, Paulos Yazigi e Youhana Ibrahim il 22 aprile?
No. Neanche una parola. Alcuni punti interessanti nei paragrafi di apertura identificano "gravi preoccupazioni alla minaccia da parte delle autorità siriane di usare armi chimiche o biologiche e ad accuse che punterebbero all'uso di tali armi". Interessanti perché, soltanto una settimana prima, il 6 di maggio, un membro della Commissione di Inchiesta sulla Siria, Carla del Ponte, aveva affermato che, secondo le indagini della Commissione, erano stati i ribelli a fare uso di gas nervino, e che non c'era alcuna indicazione che il governo siriano avesse usato armi chimiche.
Nella risoluzione, si è anche data importanza al "forte impegno verso la sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica Araba Siriana e ai principi delle Carta delle Nazioni Unite; ora, ricapitolando: la cosiddetta "comunità internazionale", sarebbe a dire, qualsiasi stato che non si metta in mezzo alle politiche e agli interessi internazionali degli USA, sta sostenendo quello che è di fatto un governo in esilio, il quale sta aspettando di prendere il potere in Siria, maldestramente battezzatao con la goffa etichetta "Coalizione Nazionale per le Forze Siriane Rivoluzionarie e di Opposizione", coalizione che fu approvata e in qualche modo designata come "la sola legittima rappresentante del popolo siriano" nel suo quarto meeting ministeriale tenutosi a Marrakech, Marocco. Una coalizione la cui leadership ha costantemente rifiutato qualsiasi possibile soluzione diplomatica. E un'opposizione armata che, a parte le atrocità già menzionate, sta catturando e tenendo in ostaggio interi territori in Siria, dando poi loro il termine eufemistico di "territori liberati". Ora, in che modo tutto questo costituirebbe un forte impegno verso la sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica Araba Siriana?
Come già detto, enfasi viene data nella risoluzione al "forte impegno verso i principi della Carta delle Nazioni Unite": quegli stessi principi che Israele ha violati effettuando due bombardamenti aerei sul territorio sovrano siriano, il 3 e il 5 maggio. Un'evidente violazione del principio di non-aggressione, sempre che le parole dell'articolo 2 della Carta dell'ONU abbiano ancora un qualche significato: "Tutti gli Stati Membri si asterranno, nelle loro relazioni internazionali, dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi stato". Dunque, considerando che la risoluzione dell'Assemblea Generale "Condanna ogni forma di violenza, indipendentemente dalla provenienza", e che gli attacchi aerei hanno avuto luogo 3 giorni prima della stesure finale della risoluzione, e 10 giorni prima che fosse dibattuta all'Assamblea Generale, potreste pensare che ve ne sarebbe una qualche menzione nel testo.
E avreste torto. Neanche una parola.
Dunque, per riassumere, mentre le condanne sono esclusivamente riservate al regime siriano, non una parola viene spesa contro i folli omicidi che stanno terrorizzando la Siria nella loro guerra per rovesciare Bashar al-Assad, né contro le nazioni che continuano ad armarli e finanziarli – ufficialmente – almeno da agosto 2012. Anzi, due giorni dopo, il diplomatico americano ed esperto politico James Jeffrey, parlando dal Dipartimento di Stato USA, ha avuto questo da dire alla BBC: “[C'è la necessità] geo-strategica di terminare questa situazione, e l'unico modo di terminarla è di fare pressione su Assad: è talmente chiaro, e la mia speranza è che - alla fine - con la persuasione da parte di Erdogan e altri, il presidente passerà all'azione”. Quando gli è stato domandato in che modo sperava che il presidente passasse all'azione, ha candidamente risposto: "Beh, si potrebbero armare gli insorti".
Perfetto.

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