Thursday, 20 June 2013

La mia risposta ai detrattori professionisti di Richard Falk

Cari Àp0ti, non disperate: il Vostro umile reporter non Vi ha abbandonati. Come ricorderà qualcuno tra i proverbiali quattro felini che seguono regolarmente questi nostri innocenti, sparpagliati pensieri, il sottoscritto ha preso l'abitudine di recarsi periodicamente al Consiglio dei Diritti Umani, presso la sede ONU di Ginevra, per quello che può servire, e contribuire al dibattito laddove possibile.
Il video che vedete qua sopra mostra il mio intervento del 10 giugno, nel contesto del Tema 7 - la situazione dei Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati - in occasione della 23esima sessione del Consiglio. Il mio intervento voleva essere una risposta al consueto gruppo di diffamatori professionali del Relatore Speciale per la situazione in Palestina,
Professor Richard Falk, il quale aveva appena presentato il suo rapporto sulla deteriorante situazione in Cisgiordania e Gaza.
Dico "gruppo" perché, anche se ultimamente c'è stato un gran parlare di
quell'imbarazzante performance del direttore dell'ONG UN Watch Hillel Neuer (un ometto di cui già l'anno scorso si era parlato in queste pagine) - vuoi per via dell'adorabile e isterico comportamento di Monsieur Neuer, vuoi perché l'ometto in questione si era trovato involontariamente a fare pubblicità al libro dell'amico Gilad Atzmon: L'Errante Chi? - ci farebbe bene ricordare che altre sedicenti ONG per i Diritti Umani hanno, quello stesso giorno, fatto a turni a dare il meglio di sé per distrarre l'attenzione su quello che era il vero proposito del Tema 7 (ossia i Diritti Umani dei Palestinesi sotto l'occupazione) e trasformare la sessione in un attacco personale contro Richard Falk.
Vero, lo ammetto, mi sento piuttosto fiero di essere stato il primo ad aver immediatamente sparso la voce internazionalmente sull'oscena performance di Hillel Neuer (
nel video mi si può scorgere qualche fila dietro di lui: chiamatemi pure UN Watch Watch!); tuttavia, nel Dibattito Generale a cui ho partecipato, ho contato almeno altre tre cosiddette Organizzazzioni Non-Governative sostenere le fregnacce di UN Watch (questo è il link al video della sessione): l'Associazione Internazionale di Avvocati e Giuristi Ebrei (Capitolo 44), il Coordinamento delle Organizzazioni Ebraiche (Capitolo 46) e un non meglio identificato Istituto Touro per i Diritti Umani e l'Olocausto (Capitolo 47).
Per cui, vedete, Israele in realtà non ha affatto ritirato i suoi rappresentanti dal Consiglio dei Diritti Umani: sono presenti eccome. Senonché portano un badge differente.
Nel fare il mio discorso (rilasciato anche a nome di
Liberation, una ONG con cui collaboro da un po' di tempo), volevo semplicemente mettere le cose in chiaro, per quello che può valere: accusare l'istituzione del Tema 7 di essere "anti-Israele" non fa altro che mostrare quanto sia Israelo-centrica la mente del sayan medio: sempre impegnato a elaborare storie di persecuzioni perenni, non gli passa neanche per la testa che per una volta il fulcro della questione potrebbe, hai visto mai, non essere lui, ma piuttosto i nativi, diseredati palestinesi (ah già, quelli!).
Inutile dire che la parte migliore è stata ricevere un'email dal Professor Falk, nella quale definiva il mio intervento "un eccellente contributo al dibattito del Tema 7".
Ho intenzione di ritornare a settembre.
Pace.

Friday, 31 May 2013

La polizia turca ha trovato del gas sarin dai terroristi di Al Nusrah


La mattina del 29 maggio, all'alba, la Direzione Generale di Sicurezza (Emniyet Genel Müdürlügü) ha condotto una retata a Adana, nella Turchia del sud, contro le cellule dell'organizzazione terrorista Jabhat Al Nusrah, punta di lancia dell'insurrezione in Siria.
Dopo aver sequestrato parecchi piani di attentati, le unità anti-terroriste della polizia turca hanno condotto perquisizioni in dodici indirizzi differenti e hanno istituito dei blocchi stradali in diversi punti d'accesso alla città.
La polizia turca ha trovato 4 kg di gas sarin.
Nel corso degli interrogatori, i terroristi avrebbero ammesso di aver cercato di far pervenire il gas sarin verso le zone di combattimento in Siria.
La polizia sta attualmente indagando sulle piste che hanno permesso ai terroristi di procurarsi quest'arma chimica.
L'informazione proviene dal giornale Zaman, un quotidiano turco pro-governo.

Link all'articolo originale di Bahar Kimyongür:

Monday, 20 May 2013

Siria: condanne selettive

di Rinaldo Francesca
 
È disponibile un video a questo link.
 

Il 15 maggio, l'Assemblea Generale dell'ONU ha adottato una risoluzione che condanna la continua violenza in Siria. Il voto sulla risoluzione si è tenuto un giorno dopo che l'Alto Commissario per i Diritti Umani Navy Pillay aveva pubblicamente denunciato l'ultima atrocità commessa dalle forze ribelli anit-governo in Siria: un video circolato su internet mostrava un leader ribelle nell'atto di estrarre dal petto il cuore di un soldato e morderlo. Forse che il testo della risoluzione conteneva una qualche condanna a simili, innumerevoli atti commessi dai ribelli armati, come l'orripilante omicidio e decapitazione dello sceicco Hassan Seifeddin, imam di una moschea a nord di Aleppo, il 30 di marzo, il quale sceicco era stato trascinato da casa sua, filmato, umiliato e poi ucciso e decapitato - il che costituisce un crimine di guerra? O forse l'impiccagione di Mulham Masoud (10 anni) e suo padre Saeed, i cui corpi l'Esercito Libero Siriano ha poi infilato nel bagagliaio della loro macchina? O il rapimento dei vescovi cristiani, e guide spirituali della loro comunità, Paulos Yazigi e Youhana Ibrahim il 22 aprile?
No. Neanche una parola. Alcuni punti interessanti nei paragrafi di apertura identificano "gravi preoccupazioni alla minaccia da parte delle autorità siriane di usare armi chimiche o biologiche e ad accuse che punterebbero all'uso di tali armi". Interessanti perché, soltanto una settimana prima, il 6 di maggio, un membro della Commissione di Inchiesta sulla Siria, Carla del Ponte, aveva affermato che, secondo le indagini della Commissione, erano stati i ribelli a fare uso di gas nervino, e che non c'era alcuna indicazione che il governo siriano avesse usato armi chimiche.
Nella risoluzione, si è anche data importanza al "forte impegno verso la sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica Araba Siriana e ai principi delle Carta delle Nazioni Unite; ora, ricapitolando: la cosiddetta "comunità internazionale", sarebbe a dire, qualsiasi stato che non si metta in mezzo alle politiche e agli interessi internazionali degli USA, sta sostenendo quello che è di fatto un governo in esilio, il quale sta aspettando di prendere il potere in Siria, maldestramente battezzatao con la goffa etichetta "Coalizione Nazionale per le Forze Siriane Rivoluzionarie e di Opposizione", coalizione che fu approvata e in qualche modo designata come "la sola legittima rappresentante del popolo siriano" nel suo quarto meeting ministeriale tenutosi a Marrakech, Marocco. Una coalizione la cui leadership ha costantemente rifiutato qualsiasi possibile soluzione diplomatica. E un'opposizione armata che, a parte le atrocità già menzionate, sta catturando e tenendo in ostaggio interi territori in Siria, dando poi loro il termine eufemistico di "territori liberati". Ora, in che modo tutto questo costituirebbe un forte impegno verso la sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale della Repubblica Araba Siriana?
Come già detto, enfasi viene data nella risoluzione al "forte impegno verso i principi della Carta delle Nazioni Unite": quegli stessi principi che Israele ha violati effettuando due bombardamenti aerei sul territorio sovrano siriano, il 3 e il 5 maggio. Un'evidente violazione del principio di non-aggressione, sempre che le parole dell'articolo 2 della Carta dell'ONU abbiano ancora un qualche significato: "Tutti gli Stati Membri si asterranno, nelle loro relazioni internazionali, dalla minaccia o dall'uso della forza contro l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi stato". Dunque, considerando che la risoluzione dell'Assemblea Generale "Condanna ogni forma di violenza, indipendentemente dalla provenienza", e che gli attacchi aerei hanno avuto luogo 3 giorni prima della stesure finale della risoluzione, e 10 giorni prima che fosse dibattuta all'Assamblea Generale, potreste pensare che ve ne sarebbe una qualche menzione nel testo.
E avreste torto. Neanche una parola.
Dunque, per riassumere, mentre le condanne sono esclusivamente riservate al regime siriano, non una parola viene spesa contro i folli omicidi che stanno terrorizzando la Siria nella loro guerra per rovesciare Bashar al-Assad, né contro le nazioni che continuano ad armarli e finanziarli – ufficialmente – almeno da agosto 2012. Anzi, due giorni dopo, il diplomatico americano ed esperto politico James Jeffrey, parlando dal Dipartimento di Stato USA, ha avuto questo da dire alla BBC: “[C'è la necessità] geo-strategica di terminare questa situazione, e l'unico modo di terminarla è di fare pressione su Assad: è talmente chiaro, e la mia speranza è che - alla fine - con la persuasione da parte di Erdogan e altri, il presidente passerà all'azione”. Quando gli è stato domandato in che modo sperava che il presidente passasse all'azione, ha candidamente risposto: "Beh, si potrebbero armare gli insorti".
Perfetto.

Tuesday, 23 April 2013

Siria: crimini "scomodi"

di Pieragnela Zanzottera

da Sibialiria.org, 21 aprile 2013

Mentre l'Occidente si affanna a stabilire se armare ufficialmente le bande d'opposizione in Siria e quanto, sul terreno si continua a morire nel silenzio e indifferenza generale.
Il numero di morti innocenti cresce e in parallelo aumentano le crudeltà e le atrocità dei modi scelti per assassinarli.
E alcuni dei più eclatanti, chissà come mai, non sono stati ritenuti "degni" di venire denunciati sulla maggior parte dei nostri media.
Ad esempio, si è parlato del gravissimo attentato – sia in termini di vite umane (49 morti) che dal punto di vista simbolico (essendo avvenuto all'interno di una moschea) – del 21 marzo scorso, costato la vita, tra gli altri, allo sheikh ultranovantenne Mohammad Said Ramadan al-Bouti, uomo di cultura, di religione e di pace.
Eppure non si trattava né della prima violenza compiuta in un luogo sacro in questi mesi (basti ricordare sheikh Abdel Latif Al-Shami, torturato davanti alle videocamere e assassinato dopo essere stato rapito mentre si trovava in preghiera nella moschea di Aleppo insieme a una folla di fedeli all'inizio del mese di Ramadan) né tantomeno dell'unico caso di religioso assassinato in Siria (finora se ne contano almeno 13, 2 dei quali di fede cattolica, oltre ai numerosi rapiti o aggrediti).
Pochi giorni più tardi, il 29 marzo, una sorte simile è toccata all'imam della moschea di Al-Hassan, nella zona di Sheikh Maksoud ad Aleppo.
Sheikh Hassan Saif-Eddin, non solo è stato prelevato con la forza e malmenato (come testimoniato in questo video), ma dopo la morte il suo corpo è stato trascinato per le vie del quartiere e la sua testa appesa al minareto della moschea, a fare da monito per la popolazione.
Raccontano testimonianze locali, che miliziani del cosiddetto "libero esercito" avevano invaso le vie di Sheikh Maksoud (zona a maggioranza curda, ma abitata anche da alawiti) e avevano ordinato a dipendenti pubblici, alawiti e tutti i filogovernativi di lasciare immediatamente la zona; "in caso contrario, sapremo dove trovarvi", avevano minacciato dagli altoparlanti.
Uno di loro si è avvicinato al settantenne imam chiedendogli "chi è il tuo leader?" "Dio onnipotente", ha risposto l'imam; a quel punto l'armato ha replicato "il mio è sheikh Arour" e lo ha colpito e costretto a baciargli le scarpe, chiedendogli di dar loro enormi somme di denaro.
Da tempo, sembra che queste bande non si accontentino di assassinare, ma che vogliano ledere profondamente anche la dignità umana. Una sorte, questa, purtroppo simile a molte altre, oggi in Siria.
Come quanto accaduto il 13 aprile nella zona di Idleb: un elicottero militare stava sorvolando la zona di Marat al-Numa'an quando è stato abbattuto da un gruppo ribelle (quelli sempre descritti scarsamente armati con mezzi di fortuna, per intenderci!). Gli 8 tra ufficiali e militari a bordo sono stati immediatamente catturati, assassinati e decapitati (per giorni in rete è circolata l'immagine agghiacciante di uno di questi criminali fiero con in mano la testa del pilota posta sopra una griglia da campeggio).
Nei video dell'opposizione, ripresi anche dalla rete Orient Tv, si sostiene che l'elicottero trasportava "shabbiha nordcoreani" (che non vengono mai mostrati) e che è stato colpito perché intenzionato a bombardare la zona da tempo posta sotto assedio (anche se immediatamente dopo si precisa – come dimostrano anche le immagini – che era carico di viveri e pane). Più realistica sembra essere la versione diffusa da fonti filogovernative: ovvero che il veicolo è stato colpito mentre sorvolava una zona assediata con l'intenzione di far arrivare alla popolazione quanto necessario per la sopravvivenza.
Per aggiungere, poi, crimine a crimine, le bande hanno pensato di diffondere le immagini delle teste sulla graticola in alcune delle città e villaggi sotto il controllo dei "combattenti per la libertà" per creare ulteriore panico tra la popolazione.
Ma non sono solo religiosi e militari, come più volte ricordato, le vittime predestinate dei "pacifici rivoltosi".
Il 17 marzo le "brigate Farouk", una delle più note bande estremiste di Homs (gli stessi che per mesi avevano assediato il quartiere di Bab Amr), hanno diffuso un avviso per i cittadini di Homs: da quel momento i colpi della loro artiglieria sarebbero caduti sui quartieri abitati dagli alawiti (non che fossero una novità, dal momento che sono mesi che questi quartieri vengono colpiti, ma è la prima volta che si prendono la briga di "preallertarli").
In effetti, il giorno seguente le zone di al-Zahra e al-Arman (entrambe tradizionalmente abitate da minoranze cristiane e alavate filogovernative) sono state colpite da razzi lanciati da proprio queste bande: 3 morti e 5 feriti solo nel ristretto quartiere di al-Arman (tra cui anche un bambino di 10 anni e un giovane diciassattenne).
Il razzo, caduto a poca distanza dalla scuola elementare della zona residenziale densamente popolata, avrebbe potuto provocare una strage se fosse arrivato solo pochi minuti prima, nell'orario dell'uscita degli studenti. Commovente la reazione degli abitanti del quartiere che si sono stretti intorno alle famiglie colpite con la solidarietà innata dei siriani, tra genitori che non riuscivano a capacitarsi della morte dell'unico figlio e non sapevano come staccarsi dai suoi indumenti fatti a brandelli dall'esplosione e vicini smarriti dall'afflizione improvvisa arrivata a spezzare un giorno di apparente quotidianità.
Il 4 aprile gli abitanti di al-Arman sono stati nuovamente terrorizzati da una pioggia di colpi di mortaio caduti sulle abitazioni intorno a mezzogiorno. I residenti, disperati, sono fuggiti alla ricerca di rifugi di fortuna e le scuole hanno terminato in anticipo le lezioni.Tre civili sono rimasti uccisi, decine feriti e molti i danni materiali.
Poco distante da Homs, nel villaggio di Tal Kalakh, nei pressi del confine libanese, pochi giorni dopo, l'8 aprile, invece si è consumato un terribile massacro nel quartiere di al-Borj operanti sempre dalle bande jihadiste.
Qualche giorno prima, era stata organizzata una manifestazione con la bandiera siriana per chiedere soccorso: "Salva Tal Kalakh" era scritto su uno degli striscioni dagli abitanti che chiedevano l'allontanamento dei gruppi armati dalla loro città.
Sembra che le 19 vite spezzate siano stati vittima di una spedizione punitiva a causa delle posizioni favorevoli al governo siriano.
Tra le vittime, di cui molti donne e bambini (la vittima più giovane aveva solo 3 anni), otto donne e tre uomini sono stati assassinati a distanza ravvicinata.
E la carrellata di crimini agghiaccianti contro innocenti potrebbe proseguire a lungo.
Un degli ultimi, in ordine di tempo, è quello che si è consumato a Lattakia per mano dei "combattenti per la libertà".
Mercoledì 10 aprile, Saeed Masoud si era recato, come ogni giorno, a prendere suo figlio, Mulham Masoud, di 10 anni, a scuola, quando un gruppo armato ha fermato e rapito entrambi.
Il figlio è stato impiccato, mentre il padre è stato massacrato. Entrambi i corpi sono poi stati riposti nel bagagliaio dell'auto avvolti dalla bandiera del governatorato francese (quella scelta a simbolo dai criminali "rivoltosi").
Altri due innocenti che hanno pagato con la vita il loro mancato supporto alla "rivolta pacifica", preferendo il sostegno al legittimo governo siriano, nel silenzio e indifferenza generale.
Link all'articolo originale: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1357

Monday, 8 April 2013

Bahar Kimyongür: a Lille, Martine Aubry censura un dibattito sulla Siria‏

Le shabbiha (*) di Fabius e Hollande hanno colpito ancora: nuovo attentato alla libertà d'espressione di cui la “patria dei diritti umani” è ormai la campionessa.


Sabato scorso, 6 aprile, la sala comunale Philippe Noiret nel quartiere Wazemmes di Lille, avrebbe dovuto ospitare una conferenza sulla Siria, organizzata dalla Coordinazione Comunista e il Fronte di Sinistra, con lo scienziato franco-siriano Ayssar Midani – e il sottoscritto – come ospiti.
Qualche giorno prima, un oscuro gruppo che si proclamava “antifascisti senza patria o frontiera” ha lanciato un appello al sabotaggio della conferenza.
Nel loro lobbying a favore della censura, i sedicenti “antifa” ci accusano di scendere a patti con il diavolo, ovvero i regimi di Damasco e Tehran: in altre parole, i nemici principali d'Israele.
Visto il numero di dittature detestabili che sterminano popolazioni intere per consolidare il loro dominio – a cominciare dai “nostri” capi di stato – noi riteniamo che la scelta di prendersela esclusivamente con la Siria e con l'Iran non sia frutto del caso.
Per confondere la pista, gli pseudo-antifasciti non esitano a tuffarsi nella demagogia, accusando i partecipanti alla nostra conferenza di essere “dei PR a servizio delle dittature”, dei “rosso-bruni”e dei “nazbol”, contrazione di nazisti e bolscevichi. I martiri di Stalingrado e i più di venti milioni dei loro compatrioti apprezzeranno di essere amalgamati con i loro invasori e boia.
Alla fine, la campagna diffamatoria lanciata da questi provocatori senza né patria, né frontiera, né volto, né coraggio, né cervello ha conseguito il suo traguardo.
La signora Aubry, sindaco di Lille, ha in effetti probito la conferenza “per ragioni di sicurezza”.
Volendo assicurarsi che nessuna voce dissidente sulla Siria si esprimesse nelle sue sale, la “maccarthyana” Aubry ha persino fatto cambiare le serrature delle porte nella sala Philippe Noiret, sapendo che gli organizzatori dell'evento avevano precedentemente ricevuto un'autorizzazione e disponevano quindi delle chiavi.
Ma grazie al senso pratico di alcuni militanti, e alla generosità di un negoziante curdo, la nostra conferenza si è potuta finalmente tenere, in un ristorante di kebab alla periferia di Lille.
Malgrado le eccezionali condizioni d'organizzazione, circa 80 persone hanno potuto comunque riunirsi, informarsi e intervenire sulle alternative riguardo alla risoluzione del conflitto siriano.
Non era la prima volta che un dibattito aperto, critico e contraddittorio sulla Siria veniva censurato in questo modo dall'Inquisizione di matrice sionista.
Venerdì primo marzo 2013, gli amici svizzeri dei nostri indomiti “antifa”avevano manifestato contro la nostra conferenza sulla Siria a Ginevra sulla base di una grottesca diceria di collusione con l'estrema destra (vedere: http://www.silviacattori.net/article4287.html).
Non molto tempo fa eravamo accusati di essere talibani per aver denunciato la guerra in Afghanistan, agenti di Saddam per aver parlato contro la guerra in Iraq e “gheddafisti” per aver militato contro l'invasione della Libia.
Anche la minima simpatia che manifestiamo nei confronti della resistenza palestinese o libanese è tacciata di antisemitismo.
Al debutto di ogni campagna guerrafondaia, siamo sempre accusati di collusione con il nemico da gruppuscoli clandestini che se la giocano da ribelli libertari, ma i cui atti e parole servono indefinitiva solo a rafforzare la legge del piùforte.
Teniamo ancora una volta ad avvertire i nostri detrattori che le minacce non ci impediranno nédi denunciare le guerre che gli altri padroni impongono alla Siria, nédi militare per una risoluzione pacifica e politica del conflitto nel paese.
 

(*) Il termine shabbiha designa gli ausiliari dell'esercito siriano che combattono l'insurrezione anti-baathista. Il termine però sembra convenire sempre più agli ausiliari degli eserciti NATO che combattono contro i militanti anti-imperialisti.

Articolo originale: Lille : Martine Aubry censure un débat sur la Syrie
Bahar Kimyongür