Monday 20 June 2011

Webster Tarpley: movimenti di truppe e marina USA verso il Nordafrica mentre si intensifica la destabilizzazione della Siria

Washington DC – Alle forze speciali USA di stanza a Fort Hood, Texas, è stato detto di prepararsi per essere dislocate in Libia non più tardi di luglio, secondo una fonte militare USA. Alle forze speciali dovrebbero successivamente aggregarsi, a settembre o forse ottobre, le unità con mezzi corazzati pesanti della prima divisione di cavalleria, attualmente in Iraq e Afghanistan. assieme ad alcuni componenti del Terzo. Questa notizia è stata trasmessa [il 14/06/11, N.d.T.] sul programma radio The Alex Jones Show e arriva sullo sfondo di operazioni di destabilizzazione che già si stanno intensificando contro la Siria, e di condanne senpre più dure contro Damasco e la sua alleata Tehran.
Gli osservatori fanno notare che le forze speciali USA sono in Libia da febbraio. Notano inoltre che, mentre la destinazione libica è senz'altro plausibile, alcune di queste forze potrebbero essere dirette verso lo Yemen, la Siria e oltre.
Un'altra fonte militare anonima, parlando sempre alla trasmissione di Alex Jones, ha riferito che la riserva americana di ammunizioni all'uranio impoverito (DU) sarebbe attualmente molto bassa. Potrebbe essere questa la realtà dietro al rammmarico, espresso la scorsa settimana dall'uscente segretario della difesa Robert Gates, secondo il quale la NATO starebbe “rimanendo a corto di bombe” in Libia, seguito da simili commenti dal francese generale della NATO Stéphane Abrial, a Belgrado.
Una fonte al Central Command USA (CENTCOM) ha confermato che le forze militari americane stanno per essere assegnate a nuove missioni all'estero e ha aggiunto che la sua unità recentemente si è occupata di accogliere e identificare i cadaveri di due soldati e tre civili americani – questi ultimi probabilmente mercenari. La fonte attribuiva queste morti allo spiegamento in Libia, nonostante si ritenga che le operazioni americane in Libia siano controllate dal commando USA in Africa (AFRICOM).
Sarebbe bene tracciare il collegamento fra questi dispacci e le energiche proteste del ministro degli esteri russo contro la presenza dell'Aegis cruiser Monterrey (un vascello americano in grado di lanciare missili anti-balistici) nel Mar Nero e l'arrivo sulle coste della Siria della nave anfibia da assalto USS Bataan.
Secondo il sito israeliano DebkaFile, che spesso riflette il punto di vista del Mossad, “le fonti occidentali riportano inoltre uno spiegamente di di mezzi e missili anti-missile nel bacino del Mediterraneo. Questa enorme concentrazione di intercettatori missilistici navali sembrano preparativi da parte di Washington nel caso che Iran, Siria e Hezbollah scatenino i loro missili superficie-superficie (SSM) contro obiettivi americani e israeliani, nell'eventualità di un intervento militare per arrestare il massacro anti-opposizione in Siria [sic]. Mosca, Tehran e Damasco, in particolare, hanno avuto questo eccezionale moto di stizza verso i movimenti di personale militare americano dentro e attorno al Mediterraneo in quanto realisticamente atti a un intervento americano in Siria”. Debka afferma inoltre che Hezbollah sarebbe nell'atto di rilocare parte del suo formidabile arsenale missilistico dal nord del Libano a una regione più centrale – che lo porterebbe vicino a Israele.
L'amministrazione Obama è così in rotta di collisione con il Congresso sul War Powers Act, che rende obbligatoria l'approvazione legislativa della guerra in Libia entro oggi, 20 giugno.
Se Obama continua a bombardare la Libia oltre a detta data, o affianca il suo assalto aereo con un'invasione di terra, allora ci saranno le basi legali per l'impeachment.

Articolo originale apparso il 15 giugno 2011 su http://tarpley.net

Friday 17 June 2011

La fine della Guerra alle Droghe?

di Rinaldo Francesca

È con mestizia nel cuore e un dignitoso atteggiamento di funebre austerità che noi della redazione di Àp0ti ci troviamo a dovervi annunciare la (possibile) vicina dipartita di un'istituzione – macché, di un ideale – che, dopo averci accompagnati per così tanti anni e aver dimorato così vicino ai nostri cuori, non ci permette nemmeno di immaginare una vita tollerabile in sua assenza.
Ebbene sì, sembra che ormai siano sempre più numerose le istituzioni internazionali che, insensibili al nostro dolore, facciano a gara a indicarci quali e quanti siano i sintomi di una prossima morte, agonizzante e poco dignitosa, riservata alla un tempo gloriosa Guerra alle Droghe. Sigh!
Un ulteriore chiodo sulla bara di ciò che fino all'altro ieri credevamo l'ultimo baluardo di difesa per la nostra gioventù è stato impietosamente piantato dalla Global Commission on Drug Policy che, in un suo rapporto pubblicato due settimane fa, [1] non esita a definire l'intera performance dell'ultimo decennio e mezzo come un totale fiasco, citando svariati effetti negativi rilevati dall'ex Direttore Esecutivo dell'Ufficio delle Nazioni Unite per Droghe e Crimine, Antonio Maria Costa (effetti negativi causati direttamente dalla Guerra alle Droghe), nonché uno studio delle Nazioni Unite che rivelerebbe – tra altre cose – che la consumazione di oppiacei nei soli Stati Uniti è aumentata di più del 33% fre il 1998 e il 2008 (se fossimo in un talk show italiano, sarebbe questo il tradizionale momento dell'obbligatorio, scrosciante applauso del pubblico).
Lo so, lo so, direte voi giustamente, ci si vede poco chiaro quando conclusioni simili ci sono spiattellate da un pannello costituito da figure quali – prendiamo a caso – l'ex segretario di stato USA George P. Shultz, l'eurocrate, ex rappresentante dell'Unione Europea Javier Solana, l'attuale primo ministro greco, nonché cocco dell'élite bancaria anglo-americana George Papandreu, l'ex governatore della Federal Reserve Paul Volcker, etc etc, ed è un po' difficile scrollarsi di dosso l'impressione di stare assistendo a un braccio di ferro tra due vertici dell' élite - seduti ai due lati della legalizzazioone di certe droghe – nel quale la salute e il benessere dei cittadini non c'entrano una favazza – per usare un termine scientifico, che ci sta sempre bene.
Soprattutto quando poi ci si ricorda che, a novembre dell'anno scorso, fu nientemeno che il burattinaio professionista e miliardario George Soros – altro personaggio del quale è lecito ritenere ogni azione e parola come motivati dalla prospettiva di immensi guadagni – a donare con nonchalance un milioncino di dollari alla causa della liberalizzazione della cannabis durante quel referendum che si tenne in California l'autunno scorso. [2]
Non solo: siamo certi che non mancheranno di aggiunersi alle vostre obiezioni anche le voci di taluni adorabili buontemponi ad ammonirci che, non fosse altro che per fare dispetti ai suddetti plutocrati, sarà dunque necessario fare tutto il contrario di ciò che essi auspicano, mostrandosi risolutamente contrari a ogni cambio di direzione, previa ovviamente essersi sincerati che non sia proprio questa la mossa che essi anticipano e pregustano.
OK, tralasciando la nostra confusa ammirazione per detti buontemponi – e per la disinvoltura con la quale sembrino dimenticare, per esempio, i 38.000 morti causati dalla militarizzazione della Guerra alle Droghe nel solo Messico [3], da quando Felipe Calderon divenne presidente nel 2006 (grazie, qualcuno afferma, alla sua patrona e protettrice Santa Fraude Electoral Virgen y Martir), assumendo da quel punto in poi il pugno duro contro le droghe – temiamo, ahimé, che ormai sia troppo tardi: la Guerra alle Droghe sta esalando gli ultimi respiri, che la cosa ci piaccia o no, e si ritiene che le élites stiano già da un pezzo ripensando il loro approccio a questo lucrativo ma controverso commercio.
Ahi-ahi, quanta nostalgia: sembra solo ieri quando, all'inizio degli indefinibili Anni Novanta, l'ex presidente USA George Herbert Walker Bush ci rammentava, moglie al suo fianco nell'idillico setting della Casa Bianca, di come le droghe e l'alcol potessero rovinare la nostra vita, lanciando in TV una serie di cartoni animati che, a mo' di parabola, illustrassero questo concetto (vedi video) per la gioventù americana.

E, se ci permettete una breve digressione, quanto più interessante sarebbe stata questa serie di cartoni animati, se solo i produttori avessero pensato di includerne uno basato – che so io – sulle mitiche figure storiche di personaggi come Samuel & William Huntington Russell, fondatori della Russell & Company (che fece la sua fortuna tra il 1824 e il 1842 vendendo enormi quantità d'oppio in Cina) nonché fondatori della misteriosa confraternita universitaria per le élites di Yale, la Skull and Bones Society (a cui i membri della famiglia Bush appartengono orgogliosamente da tre generazioni). [4]
Ad ogni modo, erano quelli i tempi in cui, terrorizzata dal crollo del blocco sovietico e dall'ufficiale conclusione della Guerra Fredda, l'amministrazione Bush I – già di per sé affetta da quello che i media chiamavano “the wimp factor” (il fattore pusillanimità) – metteva freneticamente in moto i migliori cervelli a sua disposizione acciocché un nuovo nemico fosse prontamente inventato, il cui spauracchio permettesse di continuare a perpetrare aggressioni militari qua e là per il mondo; una missione non da poco, in una simile, inquietante atmosfera, dove “giustificare enormi budget militari e basi in tutto il mondo [era diventato] sempre più difficile, [anche se] le spese militari degli Stati Uniti continuavano a costituire almeno il 39% delle spese militari mondiali”. [5]
La situazione era drammatica: come far sì che gli amichetti delle lobby degli armamenti continuassero a prosperare? Bisognava inventare qualcosa, e presto!
Certo, si sarebbe potuto continuare a espandere l'altrettanto fasulla Guerra al Terrore, che sembrava aver funzionato così bene per le public relations del predecessore Ronald Reagan nei trendy Anni Ottanta – grazie in parte a una serie di spassose mitologie propagandistiche su una misteriosa e onnipotente “rete del terrore”, messe a quei tempi in circolazione dalla fantasiosa giornalista Claire Sterling in un libro intitolato The Terror Network, di cui già si è parlato in queste pagine. [6]
E in effetti, a guardare la cosa con il senno di poi, è stata proprio questa sorellina minore della Guerra alle Droghe a dimostrarsi la più salubre tra le due, a tutt'oggi più in salute che mai.
Sia come sia, per avere comunque una ruota di scorta a disposizione, George Bush senior si adoperò per fare del suo meglio e rinnovare la nixoniana crociata "contro le droghe" (sic), creando l'Office of National Drug Control Policy (ONDCP). Fu all'insegna della Guerra alle Droghe che venne invasa Panama, in quella che venne battezzata Operazione Giusta Causa (solo poche migliaia di panamensi uccisi... ma hey, era per una Giusta Causa, OK?), allo scopo di catturare il perfido generale Manuel Noriega e processarlo per crimini che aveva commesso pochi anni prima, essenzialmente quando si trovava ancora sul libro paga della CIA (insomma, ci doveva pur essere una ragione se l'ex direttore della CIA William Casey si riferiva a lui come “il mio garçon Noriega”, no?) [7]
È lecito supporre che il lungimirante George H W Bush già allora sapesse che le droghine avrebbero continuato a riversarsi dal Messico agli USA in quantità sempre maggiori - giustificando così una solida e duratura Guerra alle Droghe per anni a venire, con tutti i lucrativi contratti che ne sarebbero conseguiti – perché sapete, il nostro eroe e i suoi padroni avevano un prezioso asso nella manica che assicurava questo risultato: il famigerato North American Free Trade Agreement.
Affettuosamente noto come NAFTA, questo trattato, firmato nel 1992 dai presidenti di USA e Messico, nonché dal primo ministro del Canada, con le sue duemila pagine di intricate “regole d'origine” e di manovre per ripensare le tariffe e il commercio fra i tre paesi, già nel 1993 faceva sobbalzare l'esperto in commercio internazionale Jagdish N. Bhagwati della Columbia University, che scriveva: “Nonostante sia mascherato come questa grande mossa di libero mercato […] è evidente che la sua principale motivazione è protezionista: il Messico diventa il mercato preferenziale degli Stati Uniti” [8]; aggiungeva poi Tim Golden del New York Times: “Molti economisti prevedono che svariati milioni di messicani perderanno il lavoro nei prossimi cinque anni a partire dall'implementazione dell'accordo il primo di gennaio”. [9]
Una prevedibile conseguenza del NAFTA fu che, non potendo gli agricoltori messicani competere con prodotti agricoli USA, come grano e mais, che avrebbero cominciato a invadere il mercato messicano (pesantemente sovvenzionati dai contribuenti americani, e resi così artificialmente a buon mercato), essi si sarebbero trovati con due scelte: fallimento totale o cessione dei loro terreni a signori tanto gentili che ambivano utilizzarli per coltivarci colture un po' più lucrative: che ne so, poniamo, oppiacei? Coca? Cannabis?
La crescita esponenziale di coltivazioni illegali in Messico negli ultimi quindici anni, come conseguenza dell'imposizione del NAFTA sul Messico da parte degli Stati Uniti, è già stata abbondantemente documentata da autori come Charles Bowden [10], per chi volesse saperne di più.
Che cosa allora può mai essere andato storto in un piano che sembrava così perfetto?
Pieni d'apprensione, troviamo consolazione solo nel fatto che, parliamoci chiaro, non si butta nella spazzatura dall'oggi al domani un ideale che ha fornito il pretesto per costruire un immenso centro di spionaggio per l'intelligence USA nel mezzo di Città del Messico, residenza di uffici dell'FBI, DIA, NSA [11], e per l'utilizzazione di sette – dico sette – basi militari in Colombia – tra cui la base aerea di Palanquero per “il pieno spettro delle operazioni [e per] migliorare la nostra [degli USA, N.d.T.] capacità di condurre operazioni di Intelligence, Sorveglianza e Perlustrazione (ISR) e per migliorare la potenziale copertura globale” [12], più altre, svariate operazioni neo-coloniali.
Restiamo dunque rassicurati, nella quasi certezza che questa adorabile crociata potrà continuare con altri ingegnosi pretesti e sotto un'altra fantasiosa etichetta: osiamo proporre? OK, ehm... Guerra al Panico? Guerra all'Apprensione? Guerra al Malumore?
Massì, che importa: basta che continui a essere presente l'entusiasmo di sempre!
Yes We Can!

[1] Disponibile qui: http://www.globalcommissionondrugs.org/Report
[2] Tom Kavanagh:
George Soros Gives $1 Million to Back Legalized-Marijuana Ballot Measure, Politics Daily, pubblicato su:
http://www.politicsdaily.com/2010/10/27/george-soros-gives-1-million-to-back-legalized-marijuana-ballot
[3] Noe Torres (Reuters):
Thousands of Mexicans march to protest drug war, The Ottawa Sun, 8 maggio 2011, reperibile qui:
http://www.ottawasun.com/2011/05/08/thousands-of-mexicans-march-to-protest-drug-war
[4] William P. Litynski:
An Illustrated History of the China Trade and The Opium Wars,
http://www.scribd.com/doc/31032550/The-China-Trade-and-The-Opium-Wars
e, naturalmente, Webster Tarpley:
George Bush: The Unauthorised Biography, Capitolo 7 - Skull and Bones: The Racist Nightmare at Yale, disponibile su:
http://tarpley.net/online-books/george-bush-the-unauthorized-biography/chapter-7-skull-and-bones-the-racist-nightmare-at-yale/
[5] Anita Dancs:
The Cost of the Global U.S. Military Presence, 3 luglio 2009, pubblicato qui:
http://www.comw.org/qdr/fulltext/0907dancs.pdf
[6] Vedere:
http://ap0ti.blogspot.com/2010/05/perche-le-correzioni-non-funzionano.html
[7] John Perkins:
Confessions of an Economic Hit Man, Random House, 2005, p.174, reperibile anche su:
http://13heavens.blogspot.com/2009/03/us-invasion-of-panama-toc.html
[8] David Gardner,
FT, 13/14 febbraio; William Echikson, BG, 28 febbraio; Lionel Barber, FT, 16 aprile; Bob davis, WSJ, 17 settembre 1993. Bhagwati, Foreign Affairs, primavera del 1993. Rules of Origin, Michael Aho, International Affairs, gennaio 1993. Citato da: N. Chomsky: World Orders, Old and New, Pluto Press, London, edizione 1997, p.108. Citazione disponibile anche qui:
http://www.chomsky.info/articles/199401--.htm
[9] Tim Goldden:
THE FREE TRADE ACCORD: The Partners' Reaction; Mexican Leader a Big Winner As the Trade Pact Advances, The New York Times, 19 novembre 1993, pubblicato su:
http://www.nytimes.com/1993/11/19/us/free-trade-accord-partners-reaction-mexican-leader-big-winner-trade-pact.html
[10] Vedere:
http://www.desertinvasion.us/articles/art2005jun14.html
http://groups.google.com/group/frontera-list/msg/04fdb00bd443a92e
http://twopesos-protestfortheundocumented.blogspot.com/2011/05/charles-bowden-my-hero.html
[11] Jorge Carrasco and Jesus Esquivel:
Espía EU en México, pubblicato originalmente su Proceso e reperibile qui:
http://www.am.com.mx/nota.aspx?ID=43878
Per articoli in inglese:
North American Union – “U.S. Super Spy Center” Uncovered in Mexico,
pubblicato qui:
http://axisoflogic.com/artman/publish/Article_61674.shtml
[12] Vedere:
The U.S. Air Force and the Palanquero base, disponibile su:
http://www.soaw.org/about-us/partnership-america-latina/212-delegations/3471-the-us-air-force-and-the-palanquero-base

Tuesday 7 June 2011

4 chiacchiere con Gilad Atzmon - seconda parte

Questa è la seconda metà di quell'intervista con Gilad, di cui già era stata pubblicata la prima parte a questa pagina.
È anche disponibile un video qui.

Rinaldo Francesca: Ora Gilad, farò l'avvocato del diavolo, e citerò un brano di successo che si sente spesso cantare nei media e nei giornali principali italiani; media qualunque, sinistra o destra, non ha importanza perché tanto cantano tutti la stessa canzone, che è questa: "Sì certo, le azioni di Israele, e delle Forze Armate Israeliane sono state, talvolta si sono spinte troppo in là, sono state, sai com'è, azioni esagerate, che hanno causato molto dolore; ma alla fine dei conti, anche loro, come tutte le altre nazioni, hanno il diritto – il dovere – di difendere i loro stessi cittadini, proteggerli dal pericolo, dal terrorismo". Che cosa rispondi a questi [argomenti]?

Gilad Atzmon: Non è un compito facile rispondere a questa domanda, a meno che non si sia disposti a riflettere sulle condizioni che la generano. Per esempio, parliamo di questi futili missili [Qassam] che alcune persone, o militanti, a Gaza lanciano su certe concentrazioni urbane in Israele meridionale. Io considero questi missili come in realtà delle lettere d'amore indirizzate a terre rubate: Sderot, Beersheba, Ashkelon, questi posti, queste città sono territorio palestinese. Sono terre rubate. Ora, gli israeliani per molti anni pensavano di avere tutti i diritti [su queste terre]; pensavano di poter venire, rubare le terre degli altri e per giunta fare la parte delle vittime. Ma non si può essere un ladro e una vittima allo stesso tempo. E questo è certamente ciò che vogliono essere. Sono dei saccheggiatori. Ora, se qualcuno arriva a casa tua e ti ruba il computer, non può certo sostenere di essere la vittima della tua aggressione. Penso che questa sia la risposta.

RF: Tu sei nato e cresciuto in Israele, e presumibilmente hai fatte le scuole – anzi, certamente hai fatto lì i tuoi primi studi, e anche il tuo servizio militare. Ora, non ti chiederò – non ti verrà chiesta per la centesima volta la solita domanda: "Che cosa non ha funzionato nel processo di indottrinamento di Gilad? Come sei riuscito a sfuggire alla catena di montaggio"? Perché so che hai già magnificamente risposto a quella domanda in un tuo articolo, di cui pubblicherò il link: The Primacy of the Ear [Il Primato Dell'Orecchio, N.d.T.], e che ho trovato molto commuovente. Però, basandoci su questa [domanda], pensi che...

GA: È una domanda interessante però e, sai una cosa? La gente non osa farmela molto spesso. Tuttavia, due settimane fa ho dato una conferenza a San Josè, proprio sul Primato Dell'Orecchio, così mi ero riletto l'articolo; e mi sono reso conto che in realtà io sono un prodotto ben riuscito dell'indottrinamento sionista. Io presi l'Olocausto molto, molto sul serio; e fu proprio quello che poi mi devastò quando mi ritrovai a fare la parte dell'oppressore nei confronti di una popolazione civile. Fu proprio l'ossessivo indottrinamento nella Shoah [Olocausto ebraico, N.d.T.] che fece sì che io mi vedessi come un nazista. E così adesso... tra l'altro, non sono mica l'unico: c'è sempre stato un certo numero di israeliani che credevano che il sionismo – decisamente nel primo movimento sionista c'era tutta l'idea che fosse possibile dare vita a un nuovo Ebreo, un essere umano civilizzato – ma negli Anni Sessanta, Settanta e Ottanta c'erano ancora parecchi ebrei che pensavano che una cosa del genere fosse possibile. E ci credetti anch'io per un po'; mi ci volle un po' di tempo per rendermi conto che non sarebbe mai successo: non succederà, non pottrà mai succedere e non sarebbe mai potuto succedere. E capisci, questo non è ancora niente. Tuttavia sono ancora d'accordo con i pricipi del sionismo fondamentale, e cioè che c'è qualcosa di molto, malato nell'identità ebraica della Diaspora. Ed è per questo che certa gente mi considera un sionista, e io lo accetto. Sì, accetto l'identificazione iniziale di questo malessere ebraico, la corretta diagnosi sionista di questi sintomi nell'ebraismo.

RF: Stavi parlando di... ma tu...

GA: Ciò che è straordinario, ciò che è straordinario è che questa gente – se sei un ebreo, e solo se sei un ebreo – puoi passarla liscia anche se ti metti a celebrare rituali di sangue, come la circoncisione, anche affiliazioni e patti di sangue, persino in ambienti laici. Nessun altro può fare una cosa del genere, nessun altro. E in un certo senso... in un certo senso questo è un tipo di argomento dialettico. Da un lato si potrebbe dire che gli ebrei sono riusciti a impiantare uno strumento molto, molto sofisticato nel mezzo del nostro discorso – cioè il "politicamente corretto" – che è come una macchina che è lì, per mettere a tacere i nostri pensieri così, in pratica, ci tratteniamo dal dire ciò che pensiamo. E questo ha portato a molti anni di vittorie sioniste. Tuttavia, sembrerebbe, adesso che Israele, il sionismo e le lobby ebraiche sono affrontate su tutti i terreni, sembrerebbe che ciò si sia rivelato un totale disastro, perché in realtà ciò che hanno fatto queste lobby ebraiche è stato eliminare ogni possibilità di critica. E questo ha portato a un'inflazione, a un'espansione della loro sicumera, il che a su volta ha portato, ovviamente, a un totale disastro, alla negligenza di ogni valore umanistico all'interno del discorso ebraico, e nel sionismo in particolare.

RF: Hanno cominciato a credersi imbattibili.

GA: Già.

RF: Tu hai detto che il tuo... parlando ancora della diaspora ebraica, tu avevi detto che... cioè, tutto questo [il sionismo], funziona solamente a patto si decida di non sposare le tesi storiche messe insieme da Shlomo Sand, per esempio. [1] Tu sostieni queste sue...

GA: Eccome: anzi, penso di essere la prima persona che ha presentato Shlomo Sand al mondo occidentale. E c'è anche una buona recensione [che s'intitola] The Wondering Who? [Il Chi Errante, N.d.T.], che è il titolo del mio nuovo libro. È, tra l'altro, il titolo a una mia recensione che feci al libro di Shlomo Sand, titolo suggeritomi da una mia amica – che è italiana, a proposito. E praticamente, avendo incontrato Shlomo Sand due-tre settimane fa... No, sei settimane fa! Mi ero perso un mese! Sai com'è, vai via per un mese, e qundo torni hai perso il tuo senso del tempo!
Io sostengo ogni parola di Shlomo Sand; tuttavia, personalmene cerco di spingermi un passo ancora più in là: io dico, d'accordo: si sono inventati la loro storia. Ma perché si sono inventati la loro storia? Perché non hanno potuto svilupparsi una loro disciplina storica? Perché non hanno compilato una loro Storia per qualcosa come 1.800 anni? Perché non erano interessati? Questa è una domanda a cui in realtà Sand ha dato – in parte – una risposta e, tra l'altro, anche Bernard Lazare. E io in verità mi spingo ancora un po' più in là, cercando di affrontare la giudeificazione della nozione stessa di temporalità. E vado a finire lì in questo mio ultimo libro: cerco di capire la frammentata nozione di temporalità presso gli ebrei...

RF: La cronologia che è...

GA: La cronologia è completamente frammentata.

RF: Che cos'è... scusa se... questo è in qualche modo collegato: stavo pensando a tutto il discorso della Khazaria: se, ovviamente, se questo fosse... insomma, per il momento è ufficialmente soltanto una teoria, e cioè che gli ebrei ashkenaziti [ovvero est o mitteleuropei, non sarebbero ebrei della diaspora, ma in realtà i discendenti dei khazari che si convertirono al giudaismo nel X secolo d.C., N.d.T.]

GA: Non è una teoria: è un fatto storico. Assodato.

RF: Quindi questo sovvertirebbe completamente, cambierebbe le carte in tavola per quanto riguarda il termine stesso "antisemitismo": perché, neanche con tutta la fantasia si potrebbe arrivare a definire [i Khazari come "semiti"]...

GA: L'antisemitismo è una farsa. L'antisemitismo è una farsa. Accusando ed elevando questo allarme rosso dell'antisemitismo, in realtà gli ebrei sionisti, e perfino quelli anti-sionisti, sono riusciti (a) a riaffermare il loro legame razziale con la Palestina e (b) a sostenere una sorta di continuità razziale storica.

RF: Ah sì.

GA: D'accordo? Ora (a), e questa è una cosa che Sand prova assolutamente; Sand non è l'unico, ma devo dire che lui lo riassume magnificamente: gli ebrei non hanno niente a che vedere con la Palestina. Semmai gli unici... i palestinesi – alcuni di essi – sono i veri ebrei, e questa è una cosa che già sappiamo; e (b) non esiste alcun... gli ebrei non costituiscono un continuum razziale. La loro ideologia è razziale. Sono razzisti senza essere una razza. È una cosa comune. I tedeschi non costituivano un continuum razziale, ma i nazisti erano razzisti. È molto comune.
Dunque questo – credo – risolve la questione. E c’è un altro punto per quanto riguarda la Khazaria: se gli ebrei – gli ebrei europei - vogliono davvero insediarsi nei luoghi delle loro radici, allora devono scoprire esattamente dove si trovi la Khazaria – vicino al Turkmenistan, o all’Armenia, quello che è: non ho mai ben capito dove sia! E penso che molto presto dovranno fare i conti con questo fatto, perché ormai è chiaro che non sono più bene accetti in Medio Oriente, e la colpa è loro.

RF: Un giornalista italiano di cui forse avrai sentito parlare, Paolo Barnard, presenta una tesi, di passaggio, quando parla dei sionisti storici, poniamo, tra il 1897 e il 1905: quelli erano coloro che avevano il [più grande] budget perché erano sponsorizzati dalla famiglia Rothschild che, come è stato suggerito, erano khazari loro stessi. [2]
Ora, ovviamente, parlare di ciò ci porterà inevitabilmente in territorio di teorie di cospirazione, però hai per caso anche tu condotto ricerche in quella direzione?

GA: No, non mi occupo quasi per niente di ricerca storica, come seguire tracce di soldi ebraici: non sono abbastanza organizzato per occuparmi di queste questioni. Quello che sono molto bravo a fare è piuttosto la deconstruzione di scritti e il trattare temi filosofici: è questo ciò che faccio io.
Senza entrare nel dettaglio, non mi è mai capitato di scoprire “cospirazioni ebraiche” nel corso delle mie ricerche...

RF: Non volevo dire che roba come i Protocolli dei Savi di Sion...

GA: No no, io in realtà penso che sia molto peggio! Io penso che tutto sia stato fatto alla luce del sole. E che sia stata messa in atto una tattica ben più insidiosa. Stanno facendo tutto davanti ai nostri occhi! Lord Levy era stato il principale raccoglitore di fondi per quel governo britannico che ci ha portati in una guerra illegale: la stessa guerra illegale auspicata nei media dai vari David Aaronovich e Nick Cohen, che scrivono anche per il Jewish Chronicle. Sono ebrei sionisti, e noi non possiamo nemmeno dirlo. Non c’è alcuna cospirazione: va’ su Google e li trovi eccome gli articoli di David Aaronovich, Nick Cohen, o i Laburisti Amici di Israele, o gli annunci messi dall’American Jewish Committee sul Financial Times, dove si auspica un confronto bellico con l’Iran. Tutto alla luce del sole, nessuna cospirazione. Se vuoi parlare di tendenze cospiratorie, [ciò di cui dobbiamo parlare] è l’attivazione di questo meccanismo [politicamente corretto] che ci impedisce persino di pronunciare il suo nome, di parlarne. Però adesso, secondo me, con i prezzi energetici alle stelle, allora capiremo chi ci ha portati qui. Ed è ben chiaro.
E un’altra cosa: ho appena scritto una recensione su questo film, che forse hai visto: Inside Job.

RF: Ah sì. l’ho letta.

GA: Beh, si tratta esattamente della stessa cosa: praticamente si vede un clan di ricchissimi e corruttissimi – mi dispiace dirlo – ebrei. Ora, non mi sognerei mai di dire che gli ebrei, come popolo, siano complici; però quelli che vedi sono decisamente ebrei. Ora, Max Weber poteva tranquillamente interrogarsi sul ruolo dell’ideologia protestante nella creazione, che so io, della ricchezza nel mondo occidentale. Però nessuno può fare la stessa cosa, fare la stessa, ovvia domanda quando si parla di ebrei.
Ora, questa è una cosa che cambierà e, sfortunatamente, sembra addirittura che debba essere io a guidare questo cambiamento... il che non è una cosa che io... insomma, non vorrei considerarmi come un catalizzatore qui, però forse è questo il mio destino, e allora lo farò.

RF: Inside Job non è l’unica recensione di un film sul tuo sito, naturalmente...

GA: Mi piace recensire film.

RF: Brüno, Bastardi Senza Gloria, A Serious Man...

GA: Bastardi Senza Gloria è un altro ottimo esempio: un ottimo esempio di un’interpretazione scandalosa di una cosa che potrebbe essere vista come un esempio di brutalità ebraica, di barbarismo: eppure nessuno potrebbe mai avere l’opportunità di dirlo apertamente.

RF: Beh sai, loro sono “i buoni” [nel film]... e comunque coloro che hanno criticato il film sono persone come David Duke...

GA: Sì, è vero però ascolta, ho dato un’occhiata al lavoro di David Duke – sono a conoscenza del suo passato, che è ovviamente una cosa imbarazzante – e penso che lui stesso si vergogni del suo passato; ma ho scoperto una cosa molto strana riguardo a David Duke: la gente non lo accetta perché faceva parte del Ku Klux Klan, e questo lo capisco (sarei completamente contrario al Ku Klux Klan), ma quelle stesse persone leggono Gilad Atzmon – che era un fottuto soldato israeliano – o Ilan Pappé, che immagino lo fosse anche lui, o Sand, che lo è stato. Allora perchè un soldato israeliano è ancora considerato migliore di un membro del Ku Klux Klan? Dopotutto, l’esercito israeliano ha inflitto piü dolore, in modo sistematico. Cioè, se uno è nel Ku Klux Klan, se ne può andare affanculo, però io credo... io leggo sionisti, rabbiosi sionisti, e imparo un sacco da loro, sai?
Quindi, se David Duke ha qualcosa da dire, ascoltalo. Ascoltalo, e se chiunque altro ha qualcosa da dire, ascolta anche lui: che il nostro dibattito sia aperto. Libertà d’espressione: questa è la più importante eredità del liberalismo occidentale... probabilmente l’unica cosa che il liberalismo ci abbia mai dato! Libertà di pensare e libertà di parlare. E la possibilità di ascoltare.

RF: Ecco perché io ho sempre detto e pensato che chiunque, fosse anche con informazioni sbagliate, avesse tutto il diritto di fare una figuraccia in pubblico. E in particolare avevo in mente rinnegatori dell’Olocausto...

GA: Io non penso che i “rinnegatori” dell’Olocausto stiano facendo una figuraccia; e poi, hey, io non uso mica il termine “rinnegatori”! La nozione stessa di “rinnegatore”, o “negazionista dell’Olocausto” è un concetto sionista, perché coloro che vengono considerati “negazionisti” non si vedono come tali: si considerano degli storici. E ritengono che ci siano delle discrepanze nella narrativa sionista – o diciamo persino occidentale, che essi vogliono affrontare e, pur non essendo io stesso uno storico, ho ascoltato quello che avevano da dire e penso che, se non siamo nemmeno in grado di affrontare il tema, allora abbiamo un problema. E questo significa che vinceranno loro – il che non mi preoccupa perché per me (e questo ha proprio a che vedere con la questione della temporalità) il solo fatto di chiamare “negazionista” uno storico rientra esattamente in quel tipo di giudeificazione del concetto di temporalità per quanto riguarda la storia moderna. Per me il passato, o il tentativo di capire il passato, assume un suo significato solo se può gettare luce sul presente e futuro. Ora, io credo che non sia una coincidenza che, tre anni dopo la liberazione da Auschwitz, il neonato stato ebraico fece pulizia etnica in Palestina per l’80% della popolazione locale, uccidendone molti in quell’operazione. Questo significa che gli ebrei furono i primi a non afferrare il significato del loro stesso Olocausto. E non è una coincidenza che le stesse persone che rasero al suolo Hiroshima, Nagasaki, Dresda, Pforzheim, Amburgo, commisero di nuovo questo crimine in Corea, in Vietnam, in Iraq, adesso anche in Libia; perché? Perché non capiamo veramente il significato della Storia. Il contesto storico anglo-americano è giudeificato perché ha trasformato il passato in uno strumento di egemonia per il futuro.

Pubblicata anche sul sito di Gilad sotto forma di video (sottotitolato in italiano) su questa pagina.

[1] Il professor Shlomo Sand, nel suo libro Come Fu Inventato Il Popolo Ebraico, giunge alla conclusione che la diaspora (l'esilio degli ebrei che da sempre si insegna come avvenuto nel II secolo a.C.) non sarebbe mai realmente accaduta, e che gli ebrei sparsi per il mondo sarebbero in realtà i discendenti di popolazioni locali convertite in epoca medievale.
[2] Paolo Barnard: Perché Ci Odiano, BUR 2006, pagina 243.

Sunday 5 June 2011

Diana Johnstone: Per che cosa sta CPI?

Copertura Prezzolata dell'Imperialismo

pubblicato su Counterpunch il 2 giugno 2011

Il 16 maggio Luis Moreno Ocampo, procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI) a l'Aia, ha ufficialmente emesso un mandato di cattura per il leader libico Muammar Gheddafi per “crimini contro l'umanità”. Tra gli accusati vi sono anche il figlio del leader, Seif al-Islam e il capo dell'intelligence Abdullah Senussi.
Il giurista americano DavId Scheffer ha dichiarato alla francese Agence Presse: “Alla NATO faranno indubbiamente piacere l'investigazione della CPI e il mandato di comparizione ai più alti ranghi della leadership libica, compreso Gheddafi”.
Beh, certo, E nessuno è in una posizione migliore di David Scheffer per poterci dire che cosa faccia piacere alla NATO.
Il giorno prima, Tripoli aveva per l'ennesima volta offerto una tregua, chiedendo la fine dei bombardamenti NATO e negoziazioni di pace con i ribelli armati a Bengasi. La risposta della NATO è arrivata sotto forma di un mandato di comparizione da parte della CPI.
Quando la NATO bombarda un paese per spodestarne il leader, l'obiettivo dev'essere trattato come un comune criminale. Il suo posto non può essere al tavolo delle negoziazioni, ma dietro le sbarre. Un mandato di comparizione prontamente trasforma l'aggressione militare della NATO in una retata per arrestare “un criminale di guerra ricercato” - espressione che annulla la presunzione di “innocenza fino a che non sia provata la colpevolezza”.
Questa è una familiare concatenazione di eventi.
Il 24 marzo 1999, la NATO iniziò a bombardare la Yugoslavia, in sostegno a un gruppo di ribelli armati albanesi in Kosovo. Due mesi più tardi, verso metà maggio, quando i bombardamenti si intensificarono contro le infrastrutture della Serbia, il procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia a l'Aia, Louise Arbour emise un mandato di comparizione contro il presidente Yugoslavo Slobodan Milosevic per crimini contro l'umanità. Con un'unica eccezione, tutti quei presunti “crimini contro l'umanità” ebbero luogo in Kosovo durante il caos che fu causato precisamente dai bombardamenti della NATO.
Il 31 marzo 2011, l NATO ha iniziato a bombardare la Libia, e questa volta la Corte Penale Internazionale è stata ancora più veloce. E le accuse sono ancora più inconsistenti. Ocampo ha dichiarato che c'erano prove che Gheddafi avesse personalmente ordinato “attacchi contro innocenti civili libici”.
In Libia, come nella guerra del Kosovo, le accuse sono quelle fatte dai ribelli armati appoggiati dalla NATO, senza la minima traccia di un'investigazione neutrale e indipendente.
Nella primavera del 1999, David Scheffer, che era allora di fatto l'ambasciatore per la segretaria di stato americana Madeleine Albright per quanto riguardava i crimini di guerra, andò a trovare Louise Arbour e le fornì tutti i rapporti NATO su cui basare il suo caso. In più, Scheffer aveva addirittura aiutato a mettere insieme Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia secondo le istruzioni da Ms Albright. Le accuse del maggio 1999 assolsero la loro immediata funzione: bloccare le negoziazioni e giustificare la continuazione del bombardamento NATO. Come disse Madeleine Albright: “Noi non negozieremo con Milosevic... Il mandato di comparizione, credo, chiarisce la situazione, perché mostra che stiamo agendo nel modo giusto nei confronti dei crimini contro l'umanità perpetrati da Milosevic” (vedere Michael Mandel, How America Gets Away With Murder, PlutoPress, 2004, pp.141-145 – libro non tradotto in italiano, N.d.T.).
Per riassumere, in entrambi i casi una “corte (o tribunale) penale internazionale” interviane nel mezzo di un bombardamento della NATO per accusare il leader del paese che sta venendo bombardato di “crimini contro l'umanità”, basandosi su deboli prove fornite dalla NATO stessa e i suoi clienti ribelli.
Così la Corte Penale Internazionale risulta essere una continuazione del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia, vale a dire uno strumento non di giustizia internazionale, ma il braccio giuridico dell'intervento occidentale in paesi più deboli. Tanto varrebbe che CPI stesse per Copertura Prezzolata dell'Imperialismo.
Certamente non merita il suo titolo ufficiale, dal momento che ignora pedissequamente veri crimini “internazionali”, come l'aggressione da parte degli USA e della NATO e i massacri di civili che ne risultano. Invece, fino a questo momento, gli unici presunti crimini che si è messa a perseguire sono stati tutti il risultato di conflitti interni che hanno avuto luogo in paesi del continente africano. In breve, la CPI ha finora agito principalmente come mezzo per mettere pressione politica, o per giustificare azioni militari contro governi deboli che i poteri occidentali vogliono sostituire con leader di loro preferenza.
Per quanto riguarda il mandato di comparizione emesso per Gheddafi, secondo Agence France Presse, Scheffer avrebbe detto che questa mossa servirà ad aumentare la pressione su Gheddafi e persuaderlo a trovare rifugio in un paese che non riconosca la giurisdizione dellla CPI. Questo commento non ha senso, dal momento che nemmeno la Libia stessa non ha mai riconosciuto la CPI. Nemmeno il Sudan, se è per questo, ma ciò non ha impedito alla CPI di dare la caccia al suo presidente Omar al Bashir, anche se l'autorità della CPI in teoria dovrebbe essere applicata solo a quei paesi che riconoscono la sua giurisdizione. Ma il non-riconoscimento della giurisdizione della CPI si sta dimostrando di nessun aiuto o protezione per i paesi più deboli.
Così come la NATO e la CPI continuano a dare la caccia a Gheddafi con il pretesto che “sta uccidendo la sua stessa gente”, in Afghanistan le forze della NATO continuano a uccidere gente di un altro paese, con impunità.
La CPI è divenuta una delle dimostrazioni più ovvie di due pesi e due misure. Gli Stati Uniti manipolano la CPI senza riconoscerne la giuridizione, e dopo essersi ulteriormente protetti mediante degli accordi con una lunga lista di paesi che garantiscono l'immunità a cittadini americani, nonché leggi del Congresso che proteggono i cittadini americani dalla CPI.
Altri paesi della NATO hanno riconosciuto la CPI, ma non ci sono segnali che gli Stati Uniti saranno mai infastiditi dalla corte internazionale.
Domenica scorsa, due avvocati francesi notoriamente anticonformisti, Jacques Vergès e l'ex ministro degli esteri Roland Dumas, hanno annunciato la loro intenzione di denunciare il presidente Nicolas Sarkozy per “crimini contro l'umanità” in Libia. In una conferenza stampa a Tripoli, Dumas ha tristemente rimarcato come la missione NATO per proteggere i civili stesse in realtà uccidendoli, e si è dichiarato pronto a difendere Gheddafi alla CPI. Nel frattempo, i due avvocati hanno l'intenzione di rappresentare le famiglie delle vittime dei bombardamenti della NATO in un procedimento legale contro Sarkozy nei tribunali francesi: “Spezzeremo il muro del silenzio”, ha annunciato Vergès.
C'è più solida evidenza di vittime civili dei bombardamenti NATO, compresi i tre nipoti di Muammar Gheddafi, di quanta non ve ne sia per i cosiddetti “crimini contro l'umanità” attribuiti da Ocampo al leader libico. Ma il pubblico francese è stato mesmerizzato dalla propaganda che ritraeva Gheddafi come un orco assetato di sangue il cui unico desiderio era di “uccidere la sua stessa gente”. Dl momento che la maggioor parte delle persone in occidente non sa assolutamente niente della Libia, si può dire di tutto.
Lunedì, mentre la Francia e la Gran Bretagna si preparavano a mandare elicotteri da combattimento per sostenere i ribelli armati e dare la caccia a Gheddafi, il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha annunciato che “il regno di terrore [di Gheddafi] sta per concludersi”. Ma la vera pioggia di terrore [1] è la pioggia di bombe della NATO che cadono sull'indifesa Tripoli, con la chiara intenzione di terrorizzare i libici e costrinerli ad arrendersi ai ribelli armati sostenuti dalla NATO. E quella non accenna a concludersi.

[1] Gioco di parole tra la similitudine di regno (reign) e pioggia (rain).

L'articolo originale su:
http://www.counterpunch.org/johnstone06022011.html